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I Fenici, 'global' ante litteram

By Redazione

La cultura dei Fenici, grandi ‘navigatori’ del Mediterraneo non era ‘monolitica’, ma sfaccettata e frutto dell’interazione con i popoli con cui essi vennero in contatto, come nel caso della
popolazione sarda, partecipe sin dalla metà dell’VIII secolo aC della vita sociale della colonia fenicia. A delineare questo nuovo aspetto e il rapporto ‘dare-avere’ della gente fenicia
con le altre civiltà, sono alcune ricerche dell’Istituto di studi sulle civiltà italiche e del Mediterraneo antico (Iscima) del Consiglio nazionale delle ricerche, presentate oggi
nel convegno: “Nuove luci sul Mediterraneo” in occasione del decennale della morte di Sabatino Moscati.

Massimo studioso della civiltà-fenicio punica, fondatore nel 1969 di un Istituto del Cnr poi confluito nell’Iscima, negli anni ’60 Moscati mise a fuoco una popolazione fino ad allora
ricondotta, in maniera semplicistica dall’archeologia classica e biblistica, ai pagani dell’Antico Testamento e ai nemici di Roma. Moscati ne ricercò in Oriente e in Occidente le tracce,
gli itinerari di espansione, gli insediamenti e le varie manifestazioni. “Se in quegli anni le indagini miravano a precisare rigidamente l’identità, dei Fenici, a distanza di quasi mezzo
secolo lo sviluppo degli studi segue una logica più dinamica, privilegiando l’interazione tra i popoli”, spiega Paolo Xella dell’Iscima-Cnr. “In parallelo con le ricerche avviate nella
Penisola Iberica, in Sardegna sono stati avviati gli studi nel Sulcis e nell’Oristanese. Nel primo caso le indagini al tofet (luogo di sepoltura) di Sant’Antioco hanno evidenziato strette
relazioni con i sardi, come dimostrato anche dalle ricerche avviate al Nuraghe Sirai e a Monte Sirai, dove la compresenza di elementi fenici e indigeni è attestata anche per il VII e il
VI sec. a.C. Nell’Oristanese, le evidenze di Monti Prama, alle spalle di Tharros, sono un importante indizio delle interazioni tra le comunità sarde e il mondo fenicio, portatore di
nuovi stimoli culturali, ma anche di forti spinte di rinnovamento sociale”.

Nell’isola di Mozia, in Sicilia, gli scavi nel locale tofet hanno fornito un contributo fondamentale per la comprensione del rito del sacrificio di bambini. I dati hanno infatti dimostrato che
la presenza di corpi di neonati nei tofet non è legata all’usanza di bruciare i bambini morti alla nascita, ma a una deliberata offerta di esseri umani alla divinità, legata a
fasi di particolari crisi di carattere pubblico e privato. Le uccisioni erano comunque limitate a un paio all’anno.

La civiltà fenicia, nelle sue manifestazioni ‘panmediterranee’ viene “monitorata” dall’Iscima-Cnr attraverso casi-campione che vanno dalla fenicia Sidone alla sarda Pani Loriga, dal
santuario di Althiburos, nel cuore della Tunisia, alle manifestazioni neo-puniche tarde dei siti algerini.

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