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Greenpeace chiude per fallimento il consiglio pesca UE

By Redazione

Roma, 21 Dicembre 2007 ? Circa 200 attivisti di Greenpeace, provenienti da 14 Paesi, hanno bloccato questa mattina i sette ingressi dell’edificio del Consiglio dell’Unione europea dove i
ministri della pesca avrebbero avuto la riunione annuale per definire le quote di pesca, gli attivisti stanno costruendo un muro di fronte l’ingresso principale con la scritta «Chiuso
finché non tornano i pesci».

«Il Consiglio Pesca è una piaga per i mari europei» denuncia Alessandro Giannì, Responsabile della Campagna Mare di Greenpeace Italia. «A meno di un cambiamento
di rotta e di un reale coinvolgimento dei ministri dell’Ambiente, dovremo presto affrontare in Europa un collasso ambientale ed economico nei sistemi di pesca».

Sin dai primi anni ’80, l’incompetenza del Consiglio Pesca Ue ha portato ad un declino degli stock ittici. Contro ogni evidenza scientifica, il Consiglio ha adottato quote così elevate
da minacciare la biodiversità dei mari europei. La Commissione Europea ha calcolato che dal 2003 al 2007 le quote sono state fissate, in media, a livelli che superano del 50% le
raccomandazioni dei ricercatori.

Uno studio recente, commissionato dalla Commissione Europea (*), suggerisce che la Pesca nell’UE è tra le più insostenibili e le meno redditizie del mondo. Il sistema si regge sui
sussidi pubblici, a spese dei contribuenti europei. Ad esempio, l’Ue ha proposto e quindi adottato un piano di conservazione del tonno che permette di pescare circa 30.000 tonnellate di tonno
rosso, contro l’opinione della ricerca scientifica che suggerisce di non superare le 15.000 tonnellate.

«Se il Consiglio Pesca dell’Unione Europea fosse un’impresa privata, questi Ministri sarebbero stati licenziati da un pezzo, per negligenza ed inefficienza. Non sono riusciti ad
assicurare né la sostenibilità economica del settore, né la protezione dell’ambiente o la gestione sostenibile degli stock ittici» aggiunge Giannì.

Greenpeace chiede una revisione urgente degli meccanismi decisionali sulla pesca, con maggiore trasparenza e un sistema di gestione che dovrebbe includere:
? l’obbligo degli stati Membri di creare una rete di grandi riserve marine, dove siano vietate tutte le attività estrattive e distruttive, compresa la pesca. Questa rete dovrebbe essere
di dimensioni tali da poter essere efficace: la ricerca indica che essa dovrebbe tutelare dal 20 al 50% dei mari. Gli stati Membri avrebbero dovuto completare la rete di aree protette
«Natura 2000» entro il 1998;
? Tutte le quote di pesca dovrebbero essere definite entro, o al di sotto, dei livelli raccomandati dalla ricerca scientifica.
? A partire dal prossimo anno, la distribuzione nazionale delle quote di pesca, definite in base ai criteri sopra esposti, dovrebbero essere condizionate al rispetto degli standard comunitari
di protezione dell’ambiente marino, in particolare alle regole sulle aree protette.

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