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Gli acidi grassi Omega 3

Gli acidi grassi Omega 3

By Redazione

Siete grandi amanti del pesce? Bene, continuate così, la vostra salute ne trarrà grande beneficio. E se in particolare la vostra passione sono sardine e aringhe, salmone e sgombri
avete praticamente garantita una salute di ferro. Merito di tali azioni benefiche sono i grassi cosiddetti «omega-3», presenti appunto nel pesce, dei quali ormai tutti hanno in
qualche modo sentito parlare. In un’epoca in cui i grassi sono sempre e comunque demonizzati, l’esaltazione di cui è oggetto questa categoria potrebbe quasi sembrare sospetta. Invece la
lista degli effetti positivi degli omega-3 sul nostro organismo continua ad allungarsi. Le ricerche ormai confermano la loro l’azione preventiva su una serie di malattie degenerative, a
cominciare dalle malattie cardiovascolari, sono poi utili per curare l’artrite e fondamentali per il buon funzionamento del sistema nervoso centrale. Neanche i farmaci più moderni riescono
ad offrire risultati altrettanto positivi.

Che gli acidi grassi omega-3 fossero essenziali per il nostro organismo è noto già da un secolo, tuttavia solo negli ultimi trent’anni gli scienziati hanno cominciato a capire a
cosa servono davvero ed a verificare le diverse azioni positive. Tutto cominciò all’inizio degli anni ’70, partendo da uno studio sugli esquimesi. Questa popolazione ha una alimentazione
ricca di grassi e di colesterolo, eppure mostra una bassissima incidenza di malattie cardiovascolari. I ricercatori hanno evidenziato che la differenza risiede nel tipo di grassi presenti nella
dieta, gli omega-3 appunto, poiché gli esquimesi mangiano grandi quantità di pesce. Da allora sono stati condotti decine di studi simili che hanno confermato lo stesso fatto: una
dieta ricca di pesce ha una azione preventiva e protettiva nei riguardi delle malattie cardiovascolari. In seguito il campo di indagine si è ampliato e sono state investigate molte delle
possibili azioni positive di una dieta ricca di omega-3. Le prove a favore emerse in tutti i tipi di studi sono schiaccianti.

Ma cosa hanno di tanto speciale questi acidi grassi da renderli quasi miracolosi? Per capire la loro importanza bisogna addentrarci nella loro struttura e nelle funzioni che svolgono
nell’organismo.

Gli acidi grassi sono molecole costituite da una lunga catena di atomi di carbonio (da 4 a 24) a cui sono legati atomi di idrogeno e che termina con un gruppo acido. Nei grassi e negli oli non
sono presenti in forma libera, ma combinati con il glicerolo a formare i trigliceridi, costituiti appunto da una molecola di glicerolo e tre di acidi grassi. Gli acidi grassi si classificano in
base alla presenza o meno di doppi legami tra gli atomi di carbonio della molecola. Quando tutti i legami sono singoli si hanno gli acidi grassi saturi, che significa che la molecola contiene la
massima quantità possibile di atomi di idrogeno quindi tutti i legami che il carbonio può formare sono saturati; i grassi saturi hanno la caratteristica di essere solidi a
temperatura ambiente, avendo un punto di fusione superiore ai 20 gradi. Se nella molecola è presente un doppio legame si hanno gli acidi grassi monoinsaturi, quando i legami doppi sono due
o più gli acidi grassi si definiscono polinsaturi. Maggiore è il numero dei doppi legami più è basso il punto di fusione, quindi gli oli ricchi di acidi grassi
polinsaturi sono liquidi a temperatura ambiente.

Gli acidi grassi polinsaturi sono ulteriormente divisi in tre classi che si differenziano per la posizione del primo doppio legame: quando si trova al terzo atomo di carbonio, a partire dal lato
opposto al gruppo acido, si hanno gli omega-3, se è al sesto si classificano come omega-6, al nono sono gli omega-9. Gli omega-9 hanno scarsa rilevanza nutrizionale, mentre gli altri due
sono fondamentali per il nostro organismo per il mantenimento di un buono stato di salute. Noi infatti non siamo in grado di fabbricarli di sana pianta perché non abbiamo sistemi
enzimatici in grado di inserire un doppio legame in quel lato della molecola, per questo sono definiti acidi grassi essenziali e devono perciò essere introdotti con l’alimentazione. A
partire da quelli possiamo poi, almeno in parte, modificarli, allungarli e inserire altri doppi legami, per ottenere esattamente quello che ci serve.

Tra gli acidi grassi omega-3 occorre fare un’ulteriore distinzione tra quelli a catena corta (18 atomi di carbonio) e a catena lunga (20 e più atomi di carbonio). Nel primo gruppo il
principale rappresentante è l’acido alfa-linolenico, che si trova soprattutto nell’olio di colza, nell’olio di soia, nelle noci, nei semi di lino e in altri oli vegetali. Il nostro
organismo per le sue funzioni ha bisogno soprattutto di quelli a catena lunga. In teoria noi possiamo allungare gli altri, ma il meccanismo non è particolarmente efficiente, per cui
è utile introdurre gli omega-3 a lunga catena con l’alimentazione. I due acidi grassi chiave di questa categoria hanno nomi difficilissimi, acido eicosapentaenoico e acido docosaesaenoico,
ma per fortuna sono comunemente identificati con la loro sigla, EPA e DHA.

Queste due sostanze si trovano solo nel plancton e da lì entrano nella catena alimentare, in conseguenza sono presenti solo nei pesci e in piccola parte negli animali che vengono nutriti
con farine di pesce. Ma le difficoltà non sono finite. Nel nostro stile alimentare sono più abbondanti gli acidi grassi a lunga catena omega-6 e, sebbene siano anch’essi essenziali,
tendono a dominare e quindi a prendere il posto degli omega-3 nel nostro organismo. È stato calcolato che il rapporto omega-3/omega-6 introdotti con l’alimentazione occidentale è di
1 a 10, mentre le raccomandazioni indicano come rapporto ottimale 1 a 5. È importante perciò ristabilire il bilancio cercando di assumere maggiori quantità omega-3 e quindi
in pratica bisogna mangiare pesce più frequentemente.

L’importanza nutrizionale degli acidi grassi polinsaturi omega-3 e omega-6 è nei vari ruoli che svolgono nell’organismo. Prima di tutto hanno una funzione strutturale essendo costituenti
della membrana di tutte le nostre cellule. Siccome le proprietà della membrana dipendono da quali acidi grassi ne fanno parte, ne deriva che è fondamentale che ci siano quelli
giusti e ciò è influenzato anche da quelli che introduciamo con l’alimentazione. Se nella membrana cellulare vengono incorporati acidi grassi diversi, questa non può svolgere
il proprio compito in modo ottimale e la sua funzionalità è in qualche modo alterata. Gli omega-3 e omega-6 sono poi i precursori di numerosi mediatori biologici che influenzano
molte funzioni nel nostro organismo: la risposta immunitaria, la pressione sanguigna, la coagulazione del sangue, la temperatura corporea e la crescita cellulare, per citare le principali. Si
capisce quindi perché questo gruppo di acidi grassi sia così determinante per mantenere un buono stato di salute.

L’azione preventiva degli omega-3 nei riguardi delle malattie cardiovascolari in generale è un’azione ormai ampiamente documentata con studi di diverso tipo. Ma c’è dell’altro.
Diverse indagini epidemiologiche condotte su gruppi di popolazioni hanno messo in evidenzia che un’alimentazione ricca di pesce riduce il rischio di ictus del 50 per cento. Ma la prevenzione si
attua anche nei riguarti delle trombosi, questo perché gli omega-3 aiutano a fluidificare il sangue e quindi a prevenire la formazione di trombi che sono la causa di ambedue le malattie.
Questi acidi grassi riescono a fare di più, possono addirittura avere effetto terapeutico riducendo i fattori di rischio che sono alla base delle malattie cardiovascolari. Un’alimentazione
ricca di EPA e DHA diminuisce infatti il colesterolo totale e i trigliceridi nel sangue. Inoltre fa aumentare il colesterolo HDL, quello buono, e riduce l’LDL, quello cattivo che tende a
depositarsi.

Aiutano anche a ridurre la pressione arteriosa nelle persone sofferenti di ipertensione. È stata evidenziata inoltre un’influenza più diretta. Gli omega-3 contenuti nel pesce
aiutano a prevenire e trattare l’aterosclerosi inibendo la formazione della placca che si deposita sulla parete delle arterie. Ci sono poi sufficienti indicazioni che gli omega-3 aiutino a
prevenire e curare le aritmie cardiache, spesso causa di morte improvvisa. L’azione di questi acidi grassi è stata accertata anche su pazienti già sofferenti di malattie cardiache.
Studi clinici condotti su persone sopravvissute ad un infarto hanno mostrato che con la supplementazione di EPA e DHA si riduce enormemente il rischio di morte in seguito ad attacchi successivi
sia per infarto che per ictus.

C’è poi tutto un altro campo nel quale è stata verificata l’utilità degli acidi grassi omega-3 e riguarda il loro potere antiinfiammatorio. Questa azione, a livello
intestinale, sembra ridurre i sintomi della colite ulcerosa e del Morbo di Crohn, malattie croniche per le quali non c’è praticamente cura. Indagini epidemiologiche e studi sugli animali
hanno evidenziato anche un effetto protettivo nei riguardi del cancro al colon. L’azione antiinfiammatoria degli omega-3 si è inoltre rivelata efficace per alleviare i disturbi causati
dall’artrite reumatoide e dall’osteoartrite, riducendo l’infiammazione nelle articolazioni.

Oltre che nel pesce gli acidi grassi omega-3 a lunga catena sono presenti nel latte materno, e non ha caso. Questi composti sono infatti indispensabili per la maturazione del sistema nervoso
centrale che si compie nelle prime fasi della crescita. Sono molti gli studi che hanno evidenziato disturbi del comportamento e dell’apprendimento in bambini nutriti con latte artificiale che non
conteneva questi acidi grassi. Anche confronti eseguiti tra bambini che avevano avuto l’allattamento al seno e altri che erano stati nutriti con latti formulati hanno mostrato differenze
significative riguardo alla capacità intellettiva. Da qualche anno, alla luce di queste conoscenze, in alcuni latti artificiali sono presenti gli acidi grassi a lunga catena, però
non in tutti.

Anche nelle fasi seguenti della vita gli omega-3 continuano ad essere indispensabili per il cervello, basti pensare che questo organo è costituito per il 60 per cento da grassi e gli
omega-3 a lunga catena sono gli acidi grassi dominanti. Mentre una volta si riteneva che il funzionamento del cervello non potesse essere influenzato dalla dieta, ricerche più recenti
hanno mostrato il contrario. Diversi studi epidemiologici e clinici hanno messo in evidenza un legame tra depressione e livello di omega-3 nella dieta e nel sangue. Inoltre, casi di depressione e
sindrome maniaco-depressiva hanno avuto miglioramenti significativi in seguito ad assunzione di dosi massicce di olio di pesce. Alcuni problemi sembrano dovuti non solo ad una carenza di omega-3
ma ad uno sbilancio a favore degli omega-6. Come abbiamo già detto, il moderno stile alimentare porta ad introdurre quantità molto più elevate di omega-6 rispetto agli
omega-3. Quindi per mantenere in buona salute anche il sistema nervoso centrale bisogna ristabilire l’equilibrio e questo si ottiene mangiando più pesce.

Insomma alle fine avevano ragione le nostre mamme quando ci forzavano a mangiare pesce, sostenendo che fa bene al cervello. Credenza comune era che l’effetto benefico dipendesse dal fosforo; il
presupposto era sbagliato, ma un fondamente scientifico in qualche modo c’era, sebbene non ancora noto.

Cristina
Barbagli


Contenuto di acidi grassi omega 3 a lunga catena nel pesce

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