Fida-Confcommercio: No alle aperture a Natale, Santo Stefano e Capodanno

15 Ottobre 2016
Fida-Confcommercio, cambiare la legge e deciso No alle aperture a Natale, Santo Stefano e Capodanno.
L’apertura dei supermercati h24 tutti i giorni permessa con il “Salva Italia”, per la Gdo è stata una rivoluzione, ma non piace a lavoratori e commercianti e che, per la presidente Fida, Donatella Prampolini Manzini «Ha portato solo impoverimento del tessuto commerciale e spostato quote di mercato verso la grande distribuzione». Mentre un disegno di legge sugli orari è fermo da due anni in Senato, si cerca un accordo con Federdistribuzione, per chiudere a Natale, Santo Stefano e Capodanno.
Fida Confcommercio-Imprese per l’Italia, dice un secco No all’apertura durante le festività comandate e auspica una rapida approvazione del disegno di legge sulla «Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali» (Ddl S. 1629), approvato dalla Camera dei Deputati il 25 settembre 2014 ma fermo dal 16 settembre 2015 in Commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato della Repubblica. Non perché siano convinti che con questo si possa risolvere il problema della liberalizzazione degli orari e dei giorni di apertura degli esercizi commerciali, ma con l’intenzione di rivedere tutta la materia.

Questo in sintesi è quanto riportato in una nota a firma della presidente Federazione italiana dettaglianti dell’alimentazione (Fida) e vice presidente Confcommercio-Imprese per l’Italia, Donatella Prampolini Manzini. Sulle liberalizzazioni introdotte dal Governo Monti nel 2011, sono diversi i punti di vista tra Fida e Federdistribuzione, l’associazione di categoria che rappresenta la Grande distribuzione organizzata (Gdo), guidata dal 2011 dall’ex presidente della Juventus, Giovanni Cobolli Gigli. In particolare i motivi di attrito riguardano l’orario h24 su 365 giorni l’anno, festività comprese. Quindi non solo quelle aperture domenicali gradite dalla Gdo ma digerite ob torto collo da dipendenti e da molti commercianti, ma di giorni come Natale, Santo Stefano, Capodanno, Epifania, Pasqua, Pasquetta, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, Ferragosto, 8 dicembre, 1° novembre.

Dodici giornate consacrate generalmente ai riti della famiglia, al credo religioso o al tempo libero, ma che secondo Federdistribuzione vanno invece lavorate perché, come dice Giovanni Cobolli Gigli, «La crisi in atto è stata attenuata grazie a questa liberalizzazione, che ha portato un aumento del fatturato dello 0,8% nell’alimentare e del 2% in altri settori».
Cresce il malumore dei lavoratori per questa “rivoluzione” dell’orario e dei turni di lavoro, che ha ridisegnato i ritmi di vita e le relazioni sociali di centinaia di migliaia di persone.
«Lavoratori di aziende come Auchan, Carrefour, Esselunga, Leroy Merlin, Ikea, Pam o Panorama – dice un delegato sindacale Carrefour -, che pur di non perdere il posto sono costretti ad accettare tutto ed a costo zero, senza più turni certi di riposo naturale e feste comandate, con conseguenze sia a livello psicofisico che sociale».
«Lavorare la notte o nei festivi, comporta una significativa variazione dei ritmi “vita-lavoro” ma senza benefici economici per i lavoratori e con un contratto di settore scaduto da 3 anni», dice un altro sindacalista, che parla pure della terziarizzazione del servizio e la scarsa sicurezza durante la notte, con frequenti irruzioni di delinquenti, anche in bande.

Donatella Prampolini Manzini, intervistata al telefono, ha più di qualcosa da dire sugli orari e le aperture festive. «Premesso che il tempo da dedicare alla famiglia è sacrosanto sia per i lavoratori dipendenti che per gli imprenditori, qui non si tratta solo di una questione di carattere morale, ma anche di carattere economico, perché la deregolamentazione delle aperture festive ha portato solo all’impoverimento del tessuto commerciale, non incidendo sui nostri fatturati e spostando quote di mercato verso la grande distribuzione».
Le norme approvate con il cosiddetto “Salva Italia” (L. 214/2011) e in particolare l’articolo 31, commi 1 e 2 (Orari e Apertura nuovi esercizi) e l’articolo 34 (Liberalizzazione delle attività economiche ed eliminazione dei controlli ex-ante), hanno messo in agitazione l’Italia delle amministrazioni locali, che ha risposto con vari provvedimenti, sia contro la liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi (Toscana, Veneto e Provincia autonoma di Bolzano), che con disposizioni restrittive (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria e Provincia autonoma di Trento). Tutti cassati, perché ritenuti in contrasto con l’articolo 31 del decreto Salva Italia o in violazione dell’articolo 117 della Costituzione, che dà allo Stato la competenza legislativa esclusiva, in materia di tutela della concorrenza.
Sentenze definite «Coerenti con il rispetto dei principi comunitari e nazionali di liberalizzazione dei mercati e di tutela della concorrenza», dal presidente di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli.
Il Ddl S. 1629 dovrebbe dare “un colpo al cerchio e uno alla botte”, facendo scegliere all’imprenditore i 6 giorni in cui lavorare, sui 12 giorni festivi previsti all’articolo 1. Ma è fermo al Senato da 2 anni e, alla luce dei fatti, questa liberalizzazione vede su un unico fronte Governo, Corte costituzionale, Antitrust e Federdistribuzione, contrapposti a Enti locali e operatori del commercio della piccola e media distribuzione. Se le cose restassero così, l’Italia potrebbe restare l’unico paese europeo a dare la possibilità di tenere i negozi aperti 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Donatella Prampolini Mazzini fa una proposta: «Chiediamo a Federdistribuzione che si possa arrivare a un “patto tra galantuomini”, per garantire almeno la chiusura degli esercizi commerciali durante le feste natalizie di Natale, Santo Stefano e Capodanno e auspichiamo una rapida conclusione dell’iter del disegno di legge (Ddl S. 1629, ndr), per poi rivedere la materia. Perché il tempo da dedicare alla famiglia è sacrosanto sia per i lavoratori dipendenti che per gli imprenditori. Ma non è solo un problema di carattere morale ma anche economico, perché questa deregolamentazione non ha fatto crescere i nostri fatturati e ha impoverito il tessuto commerciale, spostando quote di mercato verso la grande distribuzione.
Come Fida Confcommercio Imprese per l’Italia – ha ribadito- rimarchiamo il valore della pluralità distributiva e lo vogliamo difendere convinti che sia un bene per la collettività. Per questo riteniamo indispensabile eliminare la disparità insita nelle aperture commerciali 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno». Dalla “fotografia” della situazione, qualche dubbio potrebbero averlo avuto anche liberisti come John Stuart Mill, Thomas Hobbes, Adam Smith o Friedrich Hayek. Ma anche Pierluigi Bersani. Se avesse solo potuto immaginare che, con le successive liberalizzazioni, la “Festa del lavoro” sarebbe diventata una festa di lavoro.
Maurizio Ceccaioni
NewsFood.com