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Ecco come le cellule staminali “nutrono” i tumori

Ecco come le cellule staminali “nutrono” i tumori

By Redazione

Le cellule staminali sono l’asso nella manica del glioblastoma, cancro al cervello aggressivo, pericoloso e (quasi) impossibile da curare. Inoltre, è probabile che tale meccanismo si
applichi anche ad altre neoplasie.

Queste le risposte che arrivano da una ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dell’Università Cattolica di Roma, diretta dai dottori Ruggero De Maria, Giulio Maira e
Roberto Pallini e pubblicata su “Nature”. L’indagine è stata finanziata dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro ed ha visto la collaborazione di centri scientifici di Milano
e Palermo.

Gli esperti del tandem ISS-Cattolica hanno puntato i riflettori sul glioblastoma, usando come base di lavoro indagini precedenti, che ipotizzavano come il disturbo fosse alimentato da cellule
staminali impazzite.

Allora, per fare chiarezza, gli scienziati hanno condotto analisi su campioni di tessuti di 40 volontari (pazienti affetti da glioblastoma multiforme), comparandoli con quelli prelevati da
individui sani.

E’ così emerso, spiega come di Maria che il cancro, “Invece di reclutare vasi sanguigni sani per nutrirsi, si crea da solo la propria rete di vasi usando cellule staminali tumorali”.
Secondo la ricostruzione, le cellule staminali corrotte mutano in cellule endoteliali, portando alla formazione di vasi sanguigni e quindi all’indispensabile rifornimento vascolare per le
cellule cancerose.

Cautela di prammatica a parte, i risultati ottenuti sono importanti per vari motivi.

In primis, fanno luce su uno dei dubbi della ricerca sul cancro. Come ricorda il presidente ISS Garaci, “Questa pubblicazione ci conferma l’esistenza delle cellule staminali tumorali su cui da
tempo la comunità scientifica discute”.

Inoltre, entrano in gioco altre possibilità di azione contro il glioblastoma. Sono già in esame farmaci potenzialmente capaci d’impedire la mutazione delle staminali in vasi
sanguigni, privando così il tumore dell’indispensabile carburante. Secondo Garaci “In meno di due anni si potrebbe passare agli studi clinici, quindi all’applicazione di queste nuove
terapie ai pazienti”.

Infine, gli autori dello studio affermano come molto probabilmente il meccanismo descritto (e quindi le vie d’intervento ipotizzate) potrebbe applicarsi ad altre neoplasie, come alcune forme di
melanoma e neuroblastoma.

FONTE: Lucia Ricci-Vitiani, Roberto Pallini, Mauro Biffoni, Matilde Todaro, Gloria Invernici, Tonia Cenci, Giulio Maira, Eugenio Agostino Parati, Giorgio Stassi, Luigi Maria Larocca, et
al., “Tumour vascularization via endothelial differentiation of glioblastoma stem-like cells”, Nature (21 November 2010) doi:10.1038/nature09557

Matteo Clerici

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