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Corelli e l’anguilla, come il maiale: non si butta via nulla

Corelli e l’anguilla, come il maiale: non si butta via nulla

By Redazione

Igles Corelli ama il suo territorio, la foce del Po, come pochi altri.

E l’anguilla su tutti.

La usa tutta.

Compresa spina, testa, fegato e pelle.

La spina un tempo veniva data come pagamento a chi la lavorava, la spina fritta era cibo per i bambini.

Prima le alghe, su cui viene poggiato un pane alla salicornia.

L’anguilla viene uccisa con il metodo tradizionale, nel sale.

Dove rimane 3-4 ore per eliminare tutto il grasso. La testa serve per insaporire un risotto.

L’anguilla viene cotta appesa a pali sul fuoco, quindi si avvicinano i pali e si avvolge una specie di capanna per concentrare la cottura, e vengono aggiunte erbe aromatiche.

Quindi il sottovuoto.

Il fegato (meglio del foie gras, per Corelli) viene semplicemente accompagnato da una cialda di farina di mais.

La pelle viene eliminata con una macchina di invenzione corelliana e viene essiccata, fino alla croccantezza.

Le alghe invece vengono soffiate per renderle friabili, e alla unicità del piatto si aggiungono anche sassi di Maltosec, un emulsionante naturale.

L’anguilla è anche un animale di terra, perciò una nevicata di tartufo nero pregiato è perfetto per concludere il piatto, a cui mancano solo gocce di clorofilla di alghe a
decorare.

Newsletter Identità Golose N° 294 del 3 febbraio 2010

Redazione Newsfood.com
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