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Chiuso il Vinitaly 2018, si tirano le somme di un’edizione straordinaria

Chiuso il Vinitaly 2018, si tirano le somme di un’edizione straordinaria

By Giuseppe

Verona, 19 aprile 2018

Cinquantaduesima edizione di Vinitaly

Chiuso il Vinitaly 2018, si tirano le somme di un’edizione sopra le righe, che come il vino buono migliora ogni anno che passa e guarda sempre più alla Cina, oltre che al mercato americano

Testi e foto di
Maurizio Ceccaioni

 

Appena calato il sipario sul Vinitaly 2018, il pensiero ritorna subito alle giornate appena trascorse, con le lunghe code di visitatori già dal primo mattino, la sala stampa sempre piena di giornalisti nostrani e internazionali e gli stand dove si rincorrevano conversazioni nelle lingue più diverse.

Vinitaly 2018-Degustazione stand Consorzio del Chianti

Mentre il siparietto della politica andava in scena, la 52ma edizione di Vinitaly era stata inaugurata dal presidente di Veronafiere Maurizio Danese, con una lode al vino e all’uomo. Quel vino che, grazie all’elevata qualità dell’offerta, può essere considerato l’ambasciatore dei valori positivi del nostro Paese nel mondo. Ma sono stati anche ricordati gli sforzi fatti con i recenti cambiamenti societari e per migliorare i servizi e l’accoglienza in questa Fiera, che oggi compie 120 anni di attività.

Luca Zaia con il sindaco di Verona Federico Sboarina e Mauro Corona

Un Vinitaly 2018 che ha avuto anche un altro compleanno di peso: quello dei 150 anni del Prosecco della Carpené Malvolti, festeggiati anche nel padiglione del Veneto assieme al presidente regionale Luca Zaia e alla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, omaggiati con una bottiglia celebrativa del ‘Magnum 150°’.

 

Vinitaly 2018-padiglione Emilia Romagna

Una fiera dell’enogastronomia, tutto sommato graziata dal tempo, ricca di fermento giovanile, dove si è respirata aria nuova frizzante di allegria e positività. Ma non solo per le bollicine dei prosecchi nostrani, che di certo non hanno nulla da invidiare ai più blasonati e costosi champagne francesi, ma per un’intera compagine di nuove proposte che potrebbero interessare di certo mercati come quello cinese in forte crescita, passato dai 601 milioni di euro del 2010, ai 2500 circa del 2017, con un incremento di oltre il 400 percento.

Stefano Scarsciotti (al centro) Ceo di E-Marco Polo

Un mercato ancora tutto da scoprire, che attualmente ci vede al 5° posto come fatturato, dopo Francia, Australia, Cile e Spagna. L’obiettivo non è solo risalire nella classifica delle esportazioni verso questo grande Paese di circa 1,4 miliardi di persone e oltre 300 milioni sparse nel mondo, perché ci sono ancora molte differenze culturali e gastronomiche da colmare.
Una soluzione la propone E-Marco Polo (E-Mp) guidato da Stefano Scarsciotti (Ceo), una piattaforma B2c (business to consumer) al 100% italiana, nata della collaborazione di quattro grandi gruppi Italiani come Intesa Sanpaolo, UniCredit, CMC Labs e Cremonini, che ne detiene il controllo.

Flessibile e modulare, E-Mp è nata per promuovere l’agroalimentare italiano in Cina, grazie a un pacchetto completo di servizi ‘end-to-end’ che mette in relazione diretta le aziende e i prodotti del patrimonio agroalimentare italiano, con i consumatori cinesi. Un impegno sulle spalle di Matteo Ovi (sales manager), che in particolare sta puntando sui ‘Millenial’, giovani 18-30 anni, che avvicinano sempre più i loro stili di vita a quelli occidentali.
Tutto giocato su una scommessa: certificare e garantire i prodotti acquistati in rete sulla piattaforma ‘Tmall Global’ del Gruppo Alibaba, facendoli arrivare dall’Italia al magazzino di Shangai, fino alla consegna ai clienti in Cina e in Mongolia, in sole 36 ore. Un business che nel 2017 ha portato merci in quello che fu il ‘Celeste Impero’- di cui il 70% circa, vini- per un milione di euro, e che già nei primi 3 mesi del 2018 vede un incremento delle vendite superiore del 70% sull’anno precedente.

Michele Placido a Vinitaly nello stand dei vini Placido Volpone

Ricordando quelle migliaia di persone che si aggiravano quotidianamente per gli stand della Fiera, degustando il fior fiore della nostra produzione enologica, appaiono lontani anni luce – per chi ne ha ancora memoria – i tempi del vino adulterato al metanolo, proveniente dalle cantine della ditta Ciravegna di Narzole, in provincia di Cuneo. Tutto per alzare la gradazione alcolica con un prodotto tossico oltre limiti minimi, allora ben più conveniente del classico zucchero.

Vinitaly 2018-degustazione vini dell’Emilia Romagna

Quello che più di uno scandalo fu un vero e proprio attentato alla salute pubblica perpetrato da pochi, e portò a 23 casi la morte e danni permanenti a molte persone. Ma principalmente incusse nei consumatori una paura generalizzata che portò a un iniziale crollo del mercato per i vini nostrani, con gli effetti negativi per la produzione e l’indotto.
Oggi, lasciati alle spalle colori e sapori negli stand espositivi che hanno allietato la quattro giorni veronese, e i sommelier, che hanno accompagnato le degustazioni con la loro esperienza, si ritorna a casa con una certezza in più: l’Italia è un gran paese, che si presenta sulla vetrina internazionale con prodotti che non hanno nulla da invidiare a nessuno.
Molte le nuove etichette, come la cantina pugliese Placido-Volpone (pad. 11/B2), di Michele Placido e Domenico Volpone, che hanno esordito in Fiera con ‘I Cinque Figli’, un bianco, due rosati e due rossi.
Molto fermento anche nelle presenze di un mercato in rapida espansione, come quello dei vini biologici italiani, confermati ai primi posti nella classifica mondiale. La Sicilia con circa 40 mila ettari a biologico, è in testa alle regioni italiane seguita da Puglia e Campania.

Se nella classifica stilata da ‘Wine Spectator’, notoria e importante rivista che si occupa di vini, nel 2017 sono state 16 le etichette italiane inserite tra i Top 100 a livello mondiale, a fare una riflessione su quanto visto e degustato al Vinitaly 2018, il giudizio espresso non è stato certo benevolo nei nostri confronti e magari, sarebbe proprio il caso di vedere inserito qualche altro vino nostrano ai primi posti.
Anche se Vinitaly 2018 è terminata, per ora non si possono che confermare i numeri delle previsioni sull’andamento delle transazioni commerciali e sull’affluenza di pubblico. Ma una cosa pare certa per tutti: il settore enogastronomico del nostro Paese, se ben associato a quello del turismo, potrebbe essere la chiave di svolta per invertire un trend economico che con la deindustrializzazione del nostro Paese, ha messo in difficoltà milioni di italiani.
Un enoturismo diventato nella nostra economia, un comparto sempre più “spumeggiante” ma da perfezionare, che attrae centinaia di migliaia di turisti da tutto il mondo, alla scoperta di aree geografiche dove abbinare visite culturali e il godimento di un buon bicchiere di vino, gustato coi prodotti locali del luogo di produzione, a contatto con botti e filari.
Un flusso turistico sicuramente incentivato da promotori come il ‘Consorzio Movimento Turismo del Vino Puglia’, presente al passato Vinitaly nel padiglione 10, stand A2 (www.mtvpuglia.it/), annovera i suoi 72 produttori vino tra le circa 850 importanti cantine sparse per tutto il Paese, associate al Movimento Turismo del Vino presieduto dall’abruzzese Nicola D’Auria (www.movimentoturismovino.it).
Un consorzio senza fini di lucro che, attraverso visite sui luoghi di produzione, eventi, fiere, educational, incontri, serate e dibattiti, promuove la cultura del vino e dei prodotti delle aziende consorziate e loro partner.
Tutto sommato è andata bene, anche se talvolta il connubio micidiale caldo e vino, ha influito specie su molte persone che si aggiravano coi visi arrossati e le cravatte allentate. Ma principalmente, sui gruppi di ragazzi che, portati delle tante degustazioni a trasformare l’esuberanza giovanile in idiozia, hanno come consuetudine tenuto comportamenti sicuramente inadeguati in ogni luogo, ma specialmente in posti frequentati da un “pubblico di massa”.

 

Testi e foto di
Maurizio Ceccaioni
Newsfood.com

 

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Redazione Newsfood.com

 


 

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