C’è bisogno di Fico? La risposta è scontata: Andava fatto da tempo

12 Novembre 2017
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A MARGINE DI FICO, SMART INHERITANCE DI EXPO 2015, FINALMENTE!
PIU’ FORMAZIONE, PIU’ SOSTEGNO MERCATO INTERNO, SUPPORTO PER ATTRARRE TURISTI
La domanda è d’obbligo: ”C’era bisogno di Fico?”. La risposta è scontata: “Andava fatto da tempo, per fortuna che ora c’è Fico!” Un giusto e doveroso riconoscimento a chi ha messo non tanto l’idea, quanto soldi, investimento, rischio, impresa. A Bologna poi, cioè un capolinea di quell’ Emilia riconosciuta in tutto i mondo come la Regione ( o meglio quella parte di regione) che vede nascere da secoli prodotti alimentari, agroalimentari osannati in tutto il mondo (e oggetto di copiatura e di concorrenza sleale anche in quell’Europa che dovrebbe tutelare Doc-Dop ).
L’altro capolinea è Piacenza con tutta la storia del famoso quadrilatero dei primi grandi cuochi italiani: Colombani, Cogny, Valentino, Cantarelli, Colombo. Ebbene è nata una Fondazione (idea geniale viste le agevolazioni fiscali per gli aderenti) per promuovere l’educazione alimentare del cibo italiano.
Aggiungiamo noi, anche attraverso una attenzione, sapienza, saggezza, conoscenza del consumo consapevole. Fare cultura del cibo, fare cultura con il cibo, il cibo è cultura. Sembra un sillogismo socratico sbagliato, invece è l’uovo di Colombo.
Finalmente nasce, è tutto molto bello, grandioso, quasi perfetto in ogni dettaglio: un enorme centro di servizi, prodotti, idee, agevolazioni, facilità concrete. Poi giustamente si parla, si dichiara, si annuncia che tutto è solidale, sostenibile, biodinamico, biodiverso e questo è un dato in più.
Crediamo e speriamo nelle dichiarazioni di tutti: fare educazione, didattica, accademica, unendo il sapore al sapere. La Fondazione si chiama FICO, ovvero Fabbrica Italiana Contadina. Presidente è stato indicato dai grandi stakeholders un qualificato docente, attento ad insegnare e a scrivere libri, presente in tanti convegni, il prof Andrea Segrè, grazie al CAAB (grande investitore), a CoopFond ( altro grande partner).
Il gruppo di apportatori di interesse si è allargato a Enpam (Ente nazionale Previdenza e Assistenza Medici), Enpav (Ente nazionale Previdenza e Assistenza Veterinari), Enpab (Ente Nazionale Previdenza e Assistenza Biologi), Fondazione Enpaia-Periti Agrari (Ente Nazionale Previdenza Addetti e Impiegati in Agricoltura), Azienda Sanitaria Usl Bologna e , ovviamente, Università Alma Mater Studiorum di Bologna, Università di Trento, Università Suor Orsola Benincasa, Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e il Future Food Institute.
Un gruppo, una squadra, una rete che fa sicuramente sistema: ecco quello che ha bisogno l’Italia per crescere, per incrementare il Pil. Ha bisogno di squadre forti con figure sane, imprenditori che mettono fondi o idee. In questo, evidentemente, è forte e significativa la partecipazione di Eataly con Oscar Farinetti e di Coop Adriatica con Tiziana Primori, che ha assunto la figura di amministratore delegato di FICO Eataly World.
Apertura al pubblico prevista per il 15 novembre alle ore 16,30. Mi preme sottolineare due cose, già emerse fra i colleghi giornalisti presenti: la formazione deve essere il punto di forza, su cui investire molto, inteso non solo con corsi e ricorsi, ma con porte aperte alle scuole di ogni ordine e grado, sia italiane che straniere, soprattutto dall’estero. Questo dovrebbe stimolare a creare una biblioteca consultiva interattiva molto grande, essere sede di tante tesi di laurea su alimentazione, nutrizione, cibo.
Altra cosa importante è la aggregazione e difesa delle piccole-medie imprese agroalimentari italiane che restano, devono restare l’ultimo e unico caposaldo di un mercato interno sempre più difficile e sempre più di ripiego per le grandi imprese che puntano all’estero (nel 2017 si parla di un 68% di fatturato delle grandi imprese agroalimentari italiane fatto all’estero).
FICO può e deve essere un baluardo, per questo chiediamo una più forte partecipazione e coinvolgimento del Mibact e del Miraaf in questa operazione. La promozione del sistema produttivo all’estero è importante ma non è sufficiente per un paese manifatturiero e di filiera. Se vogliamo come Italia attirare turisti, il turista deve trovare “nel” territorio italiano i prodotti italiani, le imprese nazionali, le grandi maestranze tricolori. Fare attrazione turistica vuol dire anche promuovere e valorizzare i nostri prodotti sul mercato interno.
Fondi e contributi anche europei solo per l’estero, non salvano l’identità e la origine produttiva italiana. Attenzione!
FICO può essere un grande progetto se è motore di sviluppo del mercato interno e di difesa della produttività regionale e locale.
Giampietro Comolli
Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
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