Azienda dolciaria in crisi preda dei suoi stessi ‘salvatori’

30 Luglio 2018
Aziende in crisi sotto il giogo dei professionisti del crimine in giacca e cravatta che usano la legge come arma impropria: commercialisti, avvocati, funzionari di banca, giudici, curatori e custodi fallimentari …
Non è mai stato facile fare impresa per chi vuole operare in modo corretto ma oggi i pericoli più gravi sono quelli che possono mettere in atto coloro, dei quali non puoi fare a meno, che dovrebbero essere al servizio e a tutela delle imprese stesse.
Sono tutti professionisti, conoscono le leggi: commercialisti, avvocati, funzionari di banca, giudici, curatori e custodi fallimentari … Costoro, in alcuni casi, costituiscono una specie di associazione a delinquere, un “branco di lupi travestiti da agnelli soccorritori” che, individuata la preda in difficoltà, invece di aiutarla la dilaniano spartendosene le parti… il tutto, spesso, impunemente, senza infrangere la Legge.
Ecco cosa ci racconta Giuseppe Di Domenico, un giovane professionista che da qualche anno è al fianco degli imprenditori in difficoltà, contro il malaffare della delinguenza in giacca e cravatta, quella che usa la legge come arma impropria e si arricchisce alle spalle degli imprenditori momentaneamente in difficoltà. Complice principale il sistema creditizio bancario, venuto a mancare, o quantomeno divenuto molto più problematico per le piccole medie imprese.
Attraverso le espereienze dirette di Giuseppe Di Domenico, sveleremo altri trucchi, altre trappole alle quali l’imprenditore di oggi dovrebbe stare molto molto accorto!
Giuseppe Danielli
Direttore Newsfood.com
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Da: “Giuseppe Di Domenico” <giuseppe@didomenicoeassociati.com>Oggetto: Anche il tuo commercialista vuole scipparti l’azienda dalle mani?Data: 30 luglio 2018 06:01:45 CEST
Ieri pomeriggio stavo parlando con due dei miei consulenti commerciali, riemersi dalla sala riunioni dopo una 4 ore di appuntamento full-immersion con due imprenditori piemontesi, titolari di una importante azienda dolciaria.
La riunione è durata molte ore perchè si sono soffermati a raccontare tutto quello che gli era capitato dopo aver chiesto aiuto al loro commercialista storico per risolvere i problemi di liquidità aziendale.
Il racconto ha dell’incredibile. Io stesso sono rimasto scioccato nel sentire come erano stati incastrati in quella che ha tutta l’aria di essere una truffa.
Tutto era iniziato quando avevano perso la commessa di un grosso cliente.
Avevano fatto degli investimenti, chiesto dei prestiti in banca, assunto personale e quando il cliente aveva bloccato gli ordini, si sono ritrovati in crisi di liquidità.
Alla richiesta d’aiuto dei due imprenditori il commercialista ha risposto presentando loro due professionisti suoi amici, gente della zona, che sapeva come muoversi in tribunale.
La soluzione proposta era quella del concordato in continuità.
Forse saprai che il concordato preventivo, in qualsiasi forma tecnica venga presentato, prevede che la gestione dell’azienda passi nelle mani di un commissario incaricato dal tribunale, che inizia a fare le veci dell’amministratore.
Ma non è un amministratore normale, perchè risponde direttamente al giudice e ai creditori.
Quindi è molto, molto, molto prudente nell’autorizzare le spese.
Per questo spesso le decisioni sono rallentate, l’azienda perde il ritmo e i concorrenti iniziano a sentire l’odore del sangue rosicchiando quote di mercato.
Non ti voglio parlare di questo però.
Ti voglio parlare di come questi due imprenditori piemontesi sono stati incastrati, costretti a spendere molti soldi per la procedura e stanno tremando al pensiero di perdere l’azienda. Ed hanno ragione ad essere preoccupati.
Per non perdere la sua fetta della torta, il commercialista ha affidato l’incarico di preparare il piano di concordato al suo compagno di scrivania. La legge, infatti, vieta al commercialista dell’azienda di preparare il piano, ma non dice niente degli altri soci dello studio.
Affidandolo al suo compagno di merende si è assicurato 60 mila euro di fattura, regolarmente pagata dai due ignari imprenditori.
Non contento ha chiamato un altro amico a banchettare.
Il professionista attestatore, chiamato a confermare che i numeri del piano fossero corretti, ha incassato una fattura dello stesso importo.
E non è finita qui.
Vuoi non chiamare il tuo compagno di tennis, quell’amico avvocato con il quale c’è questo reciproco scambio di favori? Quello che “conosce tutti” in tribunale?
Certo che lo hanno coinvolto. E anche per lui la stessa fetta.
E fin qui, nulla di strano.
I professionisti si pagano e il concordato preventivo è una procedura costosa, molto costosa.
I 180 mila euro di consulenze per il concordato sono una bella cifra, ma per il volume d’affari dell’azienda potrebbero anche starci.
La beffa è arrivata dopo.
Il concordato è stato affidato all’unico giudice specializzato del tribunale, che manco a farlo apposta, è la moglie dell’avvocato.
Anche questo, in una cittadina di provincia, può essere considerato normale. Ci si conosce tutti, in fondo.
È quello che hanno scoperto dopo, però, che gli ha fatto tremare le ginocchia.
Il giudice ha un fratello. Un fratello imprenditore, anzi, investitore.
Il fratello del giudice ha un’azienda che compra aziende fallite o in concordato, rilevandole per quattro spiccioli direttamente dal tribunale. Investe comprando aziende come la loro, direttamente dal tribunale, a prezzi stracciati.
Quando l’hanno scoperto hanno iniziato a dubitare dell’operazione.
E fanno bene.
I documenti che abbiamo iniziato a guardare lasciano pensare che il concordato non stia in piedi e che l’azienda finisca direttamente in fallimento. Non è improbabile pensare che, a quel punto, qualcuno possa fare un’offerta di acquisto e il tribunale autorizzi la vendita.
Succede normalmente, a maggior ragione può succedere quando tutti i protagonisti festeggiano insieme al cenone di Natale.
Non è la prima volta che mi capita di ascoltare storie del genere.
È la prima volta che, forse, riuscirò a fare qualcosa per impedire che l’imprenditore perda l’azienda.
Redazione Newsfood.com
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