Amarcord del Fiume Po da Cremona a Piacenza by Giorgio Barbieri

30 Agosto 2015
Cremona, 21/08/2015
Io non ho ancora i capelli bianchi, nonostante i 64 anni di età. Però la barba è tutta bianca e quindi conferma in pieno la mia situazione anagrafica.
Sono nato sul Po a Cremona, sono un giornalista in pensione da un anno anche se continuo a seguire per il quotidiano ‘La Provincia’ le sorti della squadra di calcio Cremonese.
Noi che siamo nati sul grande fiume conosciamo le bellezze delle sue rive, la forza della sua corrente, le lanche e le anse, gli enormi spiaggioni di sabbia bianca. Se non arrivasse l’inquinamento dal milanese il fiume sarebbe quasi un’attrazione turistica.
Ricordo un viaggio, da Cremona a Mantova, sulla motonave Stradivari, agli inizi degli anni Ottanta con Cesare Zavattini, l’uomo del Po. Zavattini, già anziano, era entusiasta del paesaggio che regalavano le due sponde, a sinistra quella cremonese-mantovana, a destra quella piacentina-parmense. Le rive, viste dal centro del fiume, sono uno spettacolo. Purtroppo sono quasi tutti chiusi i baracchini (una volta di legno) che sorgevano sulla sponda.
Sulla sponda piacentina ricordo la trattoria sul fiume a San Nazzaro (ora ristorante), il primo Cattivelli nella zona di Isola Serafini, la cooperativa ‘dei poveri’ in Olza (pesce fritto, salumi e vino a volontà per poche lire, obbligatoria la tessera), la Maginot (ora distrutta da uno scoppio e mai più ricostruita), da Burtul quasi sotto il ponte a Cremona (sponda piacentina), il secondo Baracchino subito dopo Ponticello (una volta paradiso turistico attrezzato).
E poi nulla (almeno per quanto riguarda i miei ricordi) sino in territorio parmense.
Prima un bagno nel fiume, poi con i piedi sotto i tavoloni di legno per passare una serata in compagnia. Piatti umili, non ricercati accompagnati da un bel bicchiere di vino bianco frizzante dei colli piacentini. Merende a base di ambolina (alborella) fritta, pesce gatto, carpe, qualche volta l’anguilla in umido, salame e pancetta, fette di frittata e polpette.
Nelle stagioni più fredde si trovava anche la trippa, fumante nel piatto.
Il vino spesso veniva servito nelle scodelline direttamente dal bottiglione. Bianco o rosso, entrambi facevano la schiuma sino al bordo. Chi andava sul Po si fermava volentieri in questi luoghi per passare un paio d’ore seduto sulle panche di legno all’ombra di alberi secolari. C’era anche ci arrivava con la barca.
Ci si andava a piedi nudi, in ciabatte, con il costume. Nessuno faceva caso all’abbigliamento. E alla cassa il conto, magari fatto su un pezzo di carta, lasciava tutti contenti. Ora tutto è cambiato, il progresso ha modificato abitudini e gusto della gente.
E’ giusto non vivere di ricordi. Ma certe cose non si possono dimenticare.
Essendo pescatore conosco bene il fiume Po nella zona cremonese e la parte della sponda piacentina che si affaccia verso Cremona. Vale a dire da San Nazzaro a San Giuliano Piacentino.
Conosco bene le lanche perché in quelle zone vado a pescare con il bilancino, una tecnica che ormai è in disuso che mi ha insegnato mio nonno di Fogarole.
Allora si usava una robusta e pesante canna di bambù con legata una corda sulla punta e in fondo una rete fatta a mano con filo di cotone. Oggi ci sono i bilancini telescopici e certamente più pratici da usare. Ma allora nelle acque delle lanche e dei bodri bastava far calare la rete in acqua per catturare tanti tipi di pesce. Oggi anche il pesce sembra essere scappato dal fiume, perlomeno i pesci tradizionali sono stati sostituiti da incroci fra varie specie. E poi sono arrivati i siluri, i predoni del Po, pesci enormi che si nutrono di altro pesce e quindi sbilanciano il ciclo naturale della riproduzione. E insieme ai pesci predoni sono arrivati anche i pescatori predoni, quelli che muniti di motoscafi e reti lunghe anche 800 metri razziano ogni notte le acque del grande fiume.
Speriamo davvero che Expo 2015 e in particolare il fuori expo UnPoxExPo servano a ricordare una fetta di storia delle popolazioni che hanno vissuto lungo il fiume, i loro costumi e la loro cucina. E che possano servire a far rivivere e valorizzare il territorio del grande fiume Po, un patrimonio di tutti che l’incuria dell’uomo sta rovinando.
Giorgio Barbieri
inviato speciale del Po
per Newsfood.com
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