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Agromafia, quando il cibo è criminale

Agromafia, quando il cibo è criminale

By Redazione

Il cibo: dopo settori tradizionali come gli stupefacenti o le armi è una delle maggiori fonti di guadagno per la criminalità organizzata, capace secondo Eurispes di fatturare 12,5
mld l’anno.

Al fenomeno è dedicato “Cibo Criminale”, di Luca Ponzi e Mara Monti.

Tramite documenti come sentenze e racconti di esperti qualificati, i due autori descrivono il fenomeno dell’agromafia. I suoi bersagli primari, marchi dal grande giro d’affari. Ecco allora il
concentrato di pomodoro, venduto come 100% italiano ma allungato con passata cinese di cattiva qualità. Oppure la mozzarella di bufala: in teoria fabbricata solo con latte di animali
campani, in pratica con cagliate di scarto della Germania. Prosciutto di Parma, ottenuto da carne di origine ignota.

E, come spiegano gli autori, il danno di tali falsificazioni è duplice.

Per cominciare, l’agroalimentare legale viene privato di 60 mld l’anno, principalmente legati al commercio internazionale. Forse più preoccupante, il pericolo di avvelenamento di massa:
secondo Ponzi e Monti, per la prima volta nella storia, il pericolo alimentare va oltre confini stretti e colpisce vari Paesi allo stesso tempo. Un olio d’oliva taroccato può danneggiare
il consumatore italiano quanto il collega dell’Asia. Per citare il procuratore Pietro Grasso, “Oggi, sotto il profilo dell’agroalimentare, è come se ogni italiano avesse aggiunto un
posto a tavola per la criminalità organizzata: c’è un criminale che oggi sta seduto attorno a noi e che gode del fatto che, dovendo noi consumare dei pasti, paghiamo una parte di
denaro in più rispetto a quanto dovremmo, a fronte di una qualità inferiore”.

Luca Ponzi, Mara Monti, “Cibo criminale. Il nuovo business della mafia italiana”, Newton Compton 2013, 9,8 Euro

Matteo Clerici

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