Videochoc, condannati i dirigenti di Google

24 Febbraio 2010
Il tribunale di Milano ha deciso contro Google. Oggi, la sentenza emessa dal giudice Oscar Magi ha condannato tre dirigenti Google per non aver impedito nel 2006 la pubblicazione sul loro
portare di un filmato su un minore affetto da sindrome di Down, insultato ed aggredito da 4 compagni di classe.
In dettaglio, il dispositivo ha inflitto sei mesi di reclusione (pena sospesa) David Carl Drummond, ex presidente del cda di Google Italy e ora senior vice presidente, George De Los Reyes, ex
membro del cda di Google Italy e ora in pensione e Peter Fleischer, responsabile delle strategie per la privacy per l’Europa di Google Inc. La motivazione, violazione della privacy; i dirigenti
sono stati assolti per il capo d’imputazione relativo alla diffamazione. Assolto Arvind Desikan, responsabile del progetto Google video per l’Europa, a cui veniva contestata la sola
diffamazione.
Opposti i commenti delle parti in causa.
Soddisfatto il procuratore aggiunto Alfredo Robledo che con il pm Francesco Cajani ha sostenuto l’accusa: “Il diritto d’impresa non può prevalere sulla dignità della persona.
Finalmente, si è detta una parola chiara. Al centro di questo procedimento era la tutela della persona attraverso, appunto, la tutela della privacy. Il resto è un fatto
fenomenico. Sono certo che questa sentenza uscirà dall’aula del tribunale di Milano e farà finalmente discutere su un tema che è fondamentale”.
Pesantemente, contrariato invece, il portavoce di Google, Marco Pancini.
Spiega Pancini: “È un attacco ai principi fondamentali di libertà sui quali è stato costruito Internet. Google ha chiarito che farà appello “Contro questa decisione
che riteniamo a dir poco sorprendente, dal momento che i nostri colleghi non hanno avuto nulla a che fare con il video in questione, poiché non lo hanno girato, non lo hanno caricato,
non lo hanno visionato”. Pancini ha evidenziato come i i tre dirigenti sono stati dichiarati “Penalmente responsabili per attività illecite commesse da terzi”. Inoltre, il portavoce ha
dichiarato come gli imputati “Abbiano prova di coraggio e dignità, poiché il fatto stesso di essere stati sottoposti a giudizio è eccessivo”. Nel corso del dibattimento,
Google ha sempre sostenuto come la responsabilità di eventuali reati è di chi carica il video in rete, quindi, conclude Pancini, “Se questo principio viene meno, cade la
possibilità di offrire servizi su Internet”.
Infatti, proprio le implicazioni per la libertà di opinione hanno fatto del processo di Milano motivo d’interesse, nazionale ed internazionale. Il procedimento da poco concluso è
infatti il primo a livello penale che vede imputati responsabili di Google per la pubblicazione di contenuti sul Web.
Per alcuni osservatori, la sentenza di oggi è una sorta di apripista per una serie di provvedimenti, che avranno come effetto collaterale quello di colpire la possibilità di
esprimersi su Internet.
Insomma, temono alcuni, da oggi la rete è meno libera.
Matteo Clerici