FREE REAL TIME DAILY NEWS

Troppa burocrazia per le piccole imprese alimentari

Troppa burocrazia per le piccole imprese alimentari

By Redazione

«Pensavo di aver studiato per fare l’enologo, non per stare seduto a compilare carte»: è senza mezzi termini la provocazione di Gianmario Cerutti, giovane viticoltore
piemontese e vicepresidente della Federazione italiana vignaioli indipendenti. La sua denuncia è comune a quella di migliaia di produttori italiani, non solo del mondo del vino: la
burocrazia, i documenti, i controlli li sommergono. Sono troppi e su misura solo per le grandi aziende, rivelandosi onerosi, spesso insostenibili per le piccole realtà.

Un tema attuale, di cui si è discusso ampiamente al Salone del Gusto e Terra Madre 2012, mettendo a confronto i controllori e i controllati. Tra questi ultimi ce ne sono due
“disubbidienti”. Sono Alessandro e Gian Natale Fantino, vignaioli di Monforte D’Alba, in provincia di Cuneo, che hanno rinominato il loro Barolo 2005 Riserva, appunto, Disubbidiente, e hanno
donato la metà delle bottiglie a disposizione a Terra Madre: tutto perché, una volta scaduta, non è più stata rinnovata la certificazione della Docg, e il Barolo,
definito ossidato, è stato declassato a semplice vino rosso. «Quel vino, per me e per chi lo hanno assaggiato, ha risvegliato il ribelle che è in me», spiega
Alessandro Fantino. Quel vino è stato messo fuori mercato da regole che non condivide (e che sono state imposte senza discussione), come molte altre: «Io, da produttore, chiedo di
essere lasciato libero. Sarei pronto a pagare il doppio delle tasse per avere più libertà. I vignaioli devono passare le loro giornate in cantina, nei vigneti, raccontando le loro
etichette agli appassionati che sanno apprezzarle. Perdere un terzo delle mie giornate a compilare scartoffie danneggia il nostro lavoro, la nostra produttività».

Fantino non è solo. Alla presentazione della guida Slow Wine 2013 al Salone è compatto il fronte dei colleghi contrariati. «Si parla di semplificazione a tutti i livelli
politici e istituzionali: per gli artigiani è necessaria, altrimenti rischiano di scomparire. E i piccoli vignaioli sono artigiani a tutti gli effetti», dice Ampelio Bucci,
dell’azienda Villa Bucci, in provincia di Ancona. «Facciamo già due mestieri, quello di produrre vino e quello di venderlo. Il terzo, ovvero stare ore in ufficio a controllare le
carte, è troppo impegnativo. Dovremmo assumere qualcuno che se ne occupi, e non tutti riescono a sostenerne i costi».

Poi c’è il capitolo dei controlli in azienda: «Ce ne sono troppi e da parte di troppi enti. Chiediamo solo che vengano razionalizzati », spiega Gianmario Cerutti della
Federazione italiana vignaioli indipendenti. La Fivi ha recentemente consegnato al ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Mario Catania, un dossier sulla burocrazia:
«È una raccolta di osservazioni su come modificare le regole che ci attanagliano. Speriamo ci ascolti: abbiamo bisogno di instaurare una comunicazione migliore con i legislatori,
gli enti, i consorzi». Eppure si potrebbe guardare poco lontano: tra le giurisdizioni europee in materia, quella francese avrebbe tanto da insegnarci…

Come i vignaioli, si diceva, la pensano i produttori di molti altri settori. Una delle Conferenze in programma, Piccole imprese alimentari: come conciliare sicurezza e semplicità,
è stata una buona occasione per discuterne. Giuseppe Ru, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Piemonte Liguria e Valle d’Aosta, presenta i risultati di un’indagine del 2010
sulle microimprese piemontesi del settore del latte e delle carni: «Più della metà dei produttori intervistati giudica eccessivo il tempo dedicato al lavoro di
autocontrollo».

A commentare i dati è Maria Caramelli, direttore generale dell’istituto: «Abbiamo raccolto le critiche dei produttori, le conosciamo. E la nostra volontà è di
semplificare, di andare incontro alle loro esigenze: non abbiamo un atteggiamento rigido». Precisa però che «la sicurezza alimentare deve venire prima di tutto». Sulla
stessa linea Luca Nicolandi, del dipartimento di prevenzione della Asl Torinese: «Bisogna sfatare il mito che i controlli siano sempre nocivi e penalizzanti per i piccoli. Spesso, ad
esempio, si dimentica che dal 2005 le norme europee prevedono meccanismi di flessibilità: le leggi vengono applicate in modo proporzionale alla grandezza della realtà
produttiva».

«In Italia, però, tutto è in mano alle Regioni, e da zona a zona le modalità dei controlli e le interpretazioni dei controllori cambiano troppo», interviene
Nunzio Marcelli, allevatore abruzzese di pecore che trasforma anche il latte. «Serve più uniformità, un approccio meno scientista e più umano: la burocrazia italiana,
in nome della sicurezza alimentare, ha portato all’estinzione metodi e consuetudini antiche. Siamo sicuri che fossero così pericolose?».

www.slowfood.it


Redazione Newsfood.com+WebTv

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: