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SALUTE: STENOSI AORTICA KILLER SILENZIOSO. SOLO 1 ITALIANO SU 2 LA CONOSCE

SALUTE: STENOSI AORTICA KILLER SILENZIOSO. SOLO 1 ITALIANO SU 2 LA CONOSCE

By Giuseppe

Senza titolo3 Senza titolo2 Senza titolo4La stenosi aortica, una delle malattie delle valvole cardiache più diffuse e pericolose, interessa più di 300 mila over 75 in Italia, oltre 50mila dei quali colpiti dalla forma grave, ma per gli esperti la sua importanza è sottovalutata
Fumo, cattiva alimentazione e poca attività fisica questi i fattori di rischio per una patologia, che per fattori congeniti e non solo può comparire anche fra i 50 e i 60 anni. “Non bisogna preoccuparsene più di tanto”. “È pericolosa sì, ma ci sono malattie più letali come il tumore al polmone, l’insufficienza renale o l’alzheimer”. “Non la conosco, è causata dall’ostruzione di un’arteria?”. Quando si parla di malattie delle valvole cardiache e in particolare di stenosi aortica le idee sono confuse. A sfatare alcuni “falsi miti” che circolano su queste malattie è una ricerca condotta dall’istituto di ricerca britannico Opinion Matters, su incarico di Edwards Lifesciences, disegnata per valutare la conoscenza e la comprensione delle malattie delle valvole cardiache su un campione rappresentativo di 8.926 persone over 60 provenienti da 10 paesi europei, 1.000 dall’Italia. I risultati dimostrano quanto poco si sappia e soprattutto quanto queste malattie siano sottovalutate. Scendendo nel dettaglio, è emerso che in Europa meno del 3% delle persone è preoccupata per le malattie delle valvole cardiache; i tumori (28%) e il morbo di alzheimer (20%) spaventano di più. Lo stesso vale per gli italiani, anche se emerge una maggior preoccupazione per le malattie delle valvole cardiache (3,6%) rispetto al resto degli europei. Anche dal punto di vista della possibilità di sopravvivenza alla malattia nel lungo periodo, la ricerca ha confermato la scarsa conoscenza intorno alla stenosi aortica. Infatti, mentre circa la metà (44,6%) degli europei dichiara che il tumore al polmone sia tra le malattie con minor possibilità di sopravvivenza, solo 1 su 20, il 4,1%, riconosce, a ragione, che la stenosi aortica abbia un altissimo rischio di mortalità. In Italia la situazione è simile al resto d’Europa – il 5% riconosce che è la stenosi aortica ad avere a minor probabilità di sopravvivenza -, anche se la percentuale di chi è convinto che la minor probabilità di sopravvivenza a lungo termine sia da attribuirsi al cancro al polmone è significativamente maggiore rispetto agli europei (60%).In quanto a conoscenza della stenosi aortica gli italiani dimostrano di saperne un poco di più: solo 2 europei su 5, il 38,6%, sanno cosa sia esattamente la malattia, mentre in Italia 1 persona su 2 è a conoscenza del fatto che la stenosi aortica sia un restringimento della valvola aortica. In Europa la stenosi aortica è la meno conosciuta tra le malattie delle valvole cardiache – 1 su 5 riferisce di avere poca familiarità con questa malattia -, mentre quasi tutti sanno cos’è l’angina – solo il 2% sostiene infatti di non conoscerla. In Italia la conoscenza della stenosi aortica è migliore, 1 su 10 ha poca familiarità con la malattia; la condizione più familiare è l’aritmia (2%), seguita da malattia coronarica (4%) e angina (5%).
“I risultati dell’indagine dimostrano che, nonostante la gravità, la stenosi aortica sia una malattia poco conosciuta e per lo più sottovalutata” commenta Roberto Di Bartolomeo, Direttore Cardiochirurgia, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna. “In Europa, Italia inclusa, le persone sembrano ignorare la serietà di questa malattia, potenzialmente più letale di molti tumori. È indispensabile innanzitutto far chiarezza sulla natura della stenosi aortica: è un restringimento provocato da depositi di calcio a livello della valvola del cuore che regola la quantità di sangue che fluisce dal ventricolo sinistro all’aorta e da lì raggiunge i vari organi del corpo umano. È la malattia delle valvole più frequente oltre i 75 anni ed è potenzialmente mortale, soprattutto nella sua forma più grave” continua Di Bartolomeo. “Secondo le stime più recenti, il 4,6% della popolazione oltre i 75 anni, quasi 300 mila persone in Italia, soffre di stenosi aortica severa, un quinto delle quali – tra le 50.000 e le 60.000 – è colpita dalla forma definita grave e sintomatica, destinata in un caso su due a prognosi infausta nel giro di un paio di anni, se non si interviene prontamente. Purtroppo, oltre ad essere sottovalutata, è spesso non trattata con appropriatezza, se si considera ad esempio che circa il 30% di questi malati non sono inviati alle cure più adeguate e non sempre quelli che vengono curati lo sono secondo i dettami delle linee guida internazionali” conclude.
“Per la cura della stenosi aortica, le linee guida internazionali prevedono la sostituzione della valvola aortica con una protesi valvolare”, dichiara Mauro Rinaldi, Direttore Cardiochirurgia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Città della Salute e della Scienza, Torino. “Albert Starr, il 21 Settembre 1960, impiantò la prima valvola sostitutiva concepita e costruita assieme all’ingegnere idraulico Miles Lowell Edwards. A questo primo intervento sono seguite numerose tappe importanti delle quali l’impianto di valvola aortica per via transcatetere e lo sviluppo di protesi valvolari sempre più sofisticate rappresentano le ultime evoluzioni”, aggiunge.
Tradizionalmente, l’operazione chirurgica di sostituzione della valvola aortica richiede di praticare un’apertura nella cavità toracica, che sia abbastanza ampia da permettere al chirurgo di avere un buon accesso al cuore e all’aorta, e quindi procedere con la sostituzione della valvola. Le nuove tecnologie permettono in molti casi di mandare in soffitta la tradizionale sternotomia e consentono la sostituzione della valvola con approcci minimamente invasivi. “Le protesi valvolari, oggi prevalentemente ‘biologiche’, ossia costituite da tessuto del pericardio animale, possono essere agevolmente impiantate con una piccola incisione attraverso la parte superiore dello sterno (mini-sternotomia) o con una incisione nella parte destra del torace (mini-toracotomia)” prosegue Rinaldi. “Il vantaggio non è solo estetico” intervieneFrancesco Alamanni, Direttore Chirurgia cardiovascolare, Centro Cardiologico Monzino, Milano. “La mini-sternotomia è associata a una riduzione dei sanguinamenti, minori complicazioni respiratorie, meno dolore post-operatorio, riduzione dei tempi di ricovero in terapia intensiva e più in generale in ospedale che si traducono in un miglior recupero del paziente e diminuzione del costo dell’intervento” prosegue.

Parlando proprio di tecniche mini-invasive, all’inizio di aprile per la prima volta in Europa è stato impiantato al Centro Cardiologico Monzino di Milano dall’equipe del professor Alamanni, il nuovo modello di un’innovativa valvola aortica a impianto rapido, l’Intuity Elite di Edwards, studiata proprio per gli interventi di questo tipo. “Questa nuova protesi valvolare è del tipo ‘sutureless’, richiede solo poche suture di guida in quanto, in fase di impianto, si espande velocemente per adattarsi ai vasi aortici. Questo sistema offre vantaggi significativi per il paziente: l’impianto è più facile, più rapido, e può essere eseguito agevolmente con le tecniche mini-invasive, limitando le possibili criticità e gli effetti collaterali connessi con il trauma chirurgico”, spiega Alamanni. “Ogni anno in Italia migliaia di pazienti vengono sottoposti ad un intervento di sostituzione valvolare aortica; la mini-invasività è di notevole aiuto perché in molti casi si tratta di malati complessi, spesso con malattie concomitanti, e quindi tradizionalmente difficili da trattare, per cui è fondamentale trovare procedure e tecnologie efficaci con il minimo impatto sul paziente”, conclude.

Sottostimata e trattata in maniera non adeguata
Ogni anno migliaia di persone sono a rischio a causa di un killer silenzioso che è spesso non riconosciuto sia dai pazienti sia dai loro medici. La stenosi aortica è la forma più comune di malattia valvolare cardiaca in Europa e Nord America, colpisce infatti fino al 7% della popolazione sopra i 65 anni.1-4 La condizione è potenzialmente letale.
Quando i sintomi della stenosi aortica fanno la loro comparsa, la prognosi, senza un trattamento, è infausta. Solo circa la metà delle persone che sviluppano sintomi di stenosi aortica sopravvivono dopo cinque anni, mentre molti muoiono a due o tre anni dalla diagnosi.4-6
La stenosi aortica ha tipicamente un inizio lento e ingannevole, con pochi sintomi e segnali. Questa condizione è chiamata stenosi aortica asintomatica4,7 e, anche se latente, non significa che sia innocua. Troppo spesso il disturbo non è riconosciuto in tempo per intervenire ed evitare i rischi che pone un improvviso, serio e potenzialmente fatale evento cardiaco.8,9
Anche quando la stenosi aortica viene diagnosticata e curata, spesso ci sono differenze tra i trattamenti che il paziente riceve e quelli raccomandati dalle linee guida riconosciute.1,4,6,10,11 Per ogni paziente che viene indirizzato ad un cardiochirurgo, c’è un altro paziente con stenosi aortica severa che non lo è e meno della metà di quelli che si rivolgono ad un cardiochirurgo sono successivamente sottoposti a sostituzione della valvola aortica (AVR), il trattamento d’elezione secondo le linee guida.11

Graduale, ma silente
Studi epidemiologici identificano una stretta relazione tra stenosi aortica e avanzare dell’età, con stime che suggeriscono che all’età di 75 anni la prevalenza della malattia di grado da moderato a severo sia superiore al 13%.3
La stenosi aortica è spesso dovuta ad una degenerazione o indurimento (calcificazione) legati all’età della valvola aortica, che porta ad un progressivo restringimento (stenosi) o a mancata tenuta della valvola; cambiamenti che compromettono la sua funzione e modificano il normale flusso sanguigno nel cuore.
Il numero dei casi reali e l’impatto della stenosi aortica sono difficili da quantificare poiché molti studi di incidenza e prevalenza si sono concentrati sui pazienti ospedalizzati, con diagnosi certa di malattia, e non tengono conto del potenziale maggior numero di casi di forme silenti e asintomatiche.1,3,12

Diagnosi spesso mancate
Sono molteplici le cause che portano a diagnosi e trattamenti sbagliati per la stenosi aortica. Un fattore importante è la tipica progressione silente della malattia valvolare. I sintomi clinici della stenosi aortica, se presenti, possono essere piuttosto aspecifici – fiato corto sotto sforzo, capogiri, svenimenti, sintomi di angina – e possono essere attribuiti ad altre condizioni coesistenti, al normale avanzare dell’età o persino essere negati dai pazienti, che inconsciamente riducono le loro attività per compensare questi sintomi.4
Un altro fattore da considerare è che la diagnosi definitiva di stenosi aortica è complessa. Il caratteristico “murmure” del cuore (murmure sistolico), che dovrebbe attirare l’attenzione su una probabile stenosi aortica e indirizzare verso ulteriori accertamenti diagnostici, può essere debole o difficile da interpretare da parte di medici non specialisti.2,4,10 Si ritiene che persino in ospedale la stenosi aortica sia spesso sottostimata e non trattata adeguatamente.1,10

La sostituzione di valvola aortica – il trattamento d’elezione
Le attuali linee guida per il trattamento della stenosi aortica distinguono nettamente tra forme sintomatica e asintomatica e identificano il bisogno di trattare la stenosi aortica severa.
Senza trattamento i pazienti con forma severa hanno una ridotta aspettativa di vita, problemi fisici, di relazione sociale e di benessere psicologico ed emotivo, che contribuiscono ad abbassare la qualità della vita.6,10,13,14
Le linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) e dell’Associazione Europea di Chirurgia Cardiotoracica (EACTS) raccomandano la sostituzione di valvola aortica (AVR) come terapia della stenosi aortica,4,10 ma è opinione diffusa che questo disturbo non sia diagnosticato in tempo per permettere un intervento ottimale e tempestivo.1,2,10,11

Intervento tardivo
Molti pazienti che soffrono di stenosi aortica sono indirizzati alla chirurgia troppo tardi, quando la malattia è ad uno stadio così avanzato che interviene un maggiore rischio associato all’intervento di cardiochirurgia o quando gli esiti post-chirurgici a lungo termine possono essere non ottimali.
Secondo un recente studio britannico, la causa più comune di mancato indirizzamento verso la chirurgia in pazienti sintomatici è un percepito alto rischio operatorio e per i pazienti asintomatici è la mancanza di sintomi.
Nei pazienti asintomatici, ad esempio, nonostante il suo riconosciuto valore predittivo nell’aiutare a decidere il miglior momento per l’intervento, la diagnostica per immagini sotto sforzo è impiegata raramente.6
L’età avanzata del paziente, le comorbidità e la presenza di scarsa funzione ventricolare sinistra sono tutte ragioni generalmente indicate per il non ricorso alla chirurgia valvolare, nonostante queste non siano controindicazioni per l’intervento.4,10

Competenze dell’Heart Team e dei Centri specializzati
Anche se le linee guida sono messe a punto per aiutare a definire la stenosi aortica, è universalmente accettato che non ci sia una definizione uniforme di malattia valvolare.2 La diagnosi e la valutazione del rischio del paziente richiedono una sofisticata tecnica di diagnostica per immagini e test con biomarker del sangue che dovrebbero essere richiesti e interpretati da esperti.10
Pertanto, l’indirizzamento verso un Heart Team esperto e verso un Centro specializzato in malattie delle valvole cardiache sarebbe caldamente raccomandato per un’adeguata diagnosi e trattamento dei pazienti con sospetta stenosi aortica.10,15 La Società Europea di Cardiologia ha chiaramente riconosciuto che tali centri potrebbero favorire una migliore diagnosi e un trattamento più adeguato in chi si ritenga possa beneficiare di un intervento chirurgico per la sostituzione della valvola.10

Trattamento efficiente
Numerose evidenze mostrano che l’intervento cardiochirurgico di sostituzione valvolare nella stenosi aortica sintomatica e severa non solo è salvavita, ma migliora la qualità della vita dei pazienti.4,14 Studi recenti hanno dimostrato che nella forma severa e asintomatica un intervento chirurgico tempestivo aumenta la sopravvivenza a lungo termine rispetto alla terapia convenzionale non chirurgica,9 mettendo in evidenza la necessità di identificare un numero maggiore di casi silenti, onde permettere interventi tempestivi e potenzialmente salvavita.

Opzioni mini-invasive
I progressi nelle tecniche chirurgiche e lo sviluppo di protesi valvolari sempre più all’avanguardia stanno rivoluzionando la procedura di sostituzione valvolare.10,16,17
Ogni anno in Europa vengono eseguite migliaia di sostituzioni di valvola aortica, circa 100.000 di queste procedure sono eseguite con l’operazione chirurgica tradizionale mentre circa 20.000 pazienti, tipicamente i più anziani e ad alto rischio operatorio, sono trattati con interventi per via transcatetere (TAVI, Transcatheter Aortic Valve Implantation).18 L’avvento della TAVI ha aumentato il numero di trattamenti nei pazienti con stenosi aortica sintomatica ad alto rischio operatorio (quelli non operabili con la chirurgia tradizionale), ma la procedura chirurgica rimane lo standard per la maggioranza dei casi.4,19
Uno dei progressi più promettenti per i pazienti con stenosi aortica è stato l’avvento della chirurgia mini-invasiva per la sostituzione valvolare cardiaca. Come suggerisce il nome, questa tecnica consiste nell’operare attraverso un’incisione più piccola (mini-sternotomia o mini-toracotomia) di quella usata per la chirurgia tradizionale ed è eseguita in modo da minimizzare l’impatto chirurgico e i rischi operatori.16,17

Chirurgia mini-invasiva – un vantaggio per i pazienti
Un numero sempre crescente di prove suggerisce che la chirurgia mini-invasiva per la sostituzione valvolare implica una riduzione della perdita di sangue, richiede minori trasfusioni, ha minor rischio di infezione delle ferite, riduce il dolore e può diminuire il tempo di ricovero in terapia intensiva, nonché la durata complessiva del ricovero in ospedale.17,20-23
Lo sviluppo delle valvole a rapido posizionamento ha permesso alla chirurgia mini-invasiva per la sostituzione valvolare di diventare un trattamento chirurgico efficiente, che porta ad una migliore soddisfazione del paziente, a minori tassi di complicazioni e a ridurre ancora di più i tempi dell’operazione. Queste protesi valvolari non richiedono lunghe o complesse suture per il posizionamento. Un recente studio sul sistema Valvolare EDWARDS INTUITY, ha mostrato che la chirurgia mini-invasiva è associata a minori tempi di cross-clamping e di bypass cardiopolmonare rispetto all’intervento tradizionale, con riduzione del tempo di arresto della funzione cardiaca.24

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Edwards Lifesciences: le origini

La storia di Edwards Lifesciences Corporation (NYSE: EW) comincia nel 1958, quando Miles “Lowell” Edwards inizia a progettare il primo cuore artificiale.

Edwards (a sinistra nella foto) è un ingegnere di 60 anni, da poco pensionato, con 63 brevetti in campo industriale, uno spirito intraprendente e un sogno nel cassetto: aiutare coloro che hanno malattie al cuore. Da ragazzo, infatti, soffre di febbre reumatica, una malattia potenzialmente mortale che può danneggiare le valvole cardiache compromettendo il funzionamento del cuore, e da allora il pensiero di affrontare e risolvere i problemi legati al cuore lo affascina.

Le sue conoscenze in campo idraulico lo portano a concludere che il cuore possa essere meccanizzato, ma quando ne parla con il dr. Albert Starr (a destra nellla foto), giovane cardiochirurgo alla University of Oregon Medical School, la sua idea è accolta con scetticismo.
D’altro canto Starr incoraggia Edwards a dedicarsi allo studio di un ambito che richiede importanti innovazioni: le valvole cardiache artificiali. Dopo soli due anni, il 21 settembre 1960, la prima valvola mitralica Starr-Edwards viene impiantata con successo in un paziente di 52 anni, Philiph Amundson, anche lui colpito da febbri reumatiche infantili che avevano danneggiato la sua valvola. L’operazione va a buon fine e i giornali di tutto il mondo danno ampio spazio al “miracoloso” intervento. Amundson conduce una vita sana per un decennio, quando purtroppo muore non per cause cardiocircolatorie.

Meno di 12 mesi dopo l’introduzione in commercio della prima valvola mitralica artificiale, Edwards e Starr producono anche la prima valvola aortica artificiale al mondo. Nasce così Edwards Laboratories, a Santa Ana, California, non lontano da dove si trova oggi la sede centrale di Edwards Lifesciences. Nel 1966 Edwards Laboratories viene acquistata da American Hospital Supply Corp. e diventa AmericanEdwards Laboratories, poi acquisita da Baxter International Inc. nel 1985. Nel 2000, a seguito di uno spin off, nasce l’attuale Edwards Lifesciences, quotata alla Borsa di New York con la sigla “EW”.

Nel corso della sua storia, la società ha proseguito la tradizione di innovazione nel settore delle valvole cardiache. Oggi, la linea di valvole Carpentier-Edwards rappresenta la prima scelta dei chirurghi per durata, rendimento e miglioramento della qualità di vita dei pazienti.

Dal successo nella sostituzione delle valvole, Edwards Lifesciences ha trasferito la propria esperienza allo sviluppo di prodotti per la loro riparazione, diventando leader anche nel campo dell’annuloplastica, con le linee Carpentier-Edwards e Cosgrove-Edwards.

Inoltre, Edwards ha contribuito a molte altre innovazioni, come il catetere Swan-Ganz, la prima tecnologia mai usata per il monitoraggio emodinamico di pazienti in condizioni critiche, e il catetere per embolectomia arteriosa Fogarty, capostipite di questa innovativa tecnologia per rimuovere trombi nei vasi delle braccia e delle gambe.

Fino al 1982, data della sua morte, Lowell Edwards è stato il sesto “laico”, non-medico al mondo a ricevere l’American Medical Association’s Layman’s Citation for Distinguished Service. Il riconoscimento descrive Edwards come “uomo di onore e di coraggio il cui genio inventivo ha portato allo sviluppo delle valvole cardiache artificiali e la cui dedizione al benessere dell’umanità in campo medico ha dato nuova vita e nuova speranza alle persone colpite da malattie cardiache nel mondo”.

La visione originale di Lowell Edwards è oggi portata avanti dall’azienda che prende il suo nome. Con un fatturato annuo che supera 2 miliardi di dollari e con 8.600 dipendenti nel mondo, Edwards Lifesciences continua a impegnarsi per aiutare i medici, i pazienti e le loro famiglie nella lotta contro le malattie cardiovascolari.

Edwards Lifesciences

Edwards Lifesciences è leader mondiale nella scienza delle valvole cardiache e del monitoraggio emodinamico. Con una visione incentrata sul paziente, sviluppa innovative tecnologie salvavita nell’ambito delle malattie cardiache e per il monitoraggio in terapia intensiva, in collaborazione con partner e clinici di ogni parte del mondo. Per ulteriori informazioni http://www.edwards.com.

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Mascia Maluta
Redazione Newsfood.com

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