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Ricercatori valutano l'applicabilità del protocollo HELICS nelle unità di terapia intensiva europee

By Redazione

La branca della medicina che fornisce sistemi di sostegno alla vita o agli organi di pazienti che sono gravemente malati è nota come medicina intensiva, queste cure vengono somministrate
a pazienti con elevate probabilità di sopravvivenza e le cui condizioni sono potenzialmente reversibili.

Tuttavia, nelle unità di terapia intensiva (UTI) degli ospedali talvolta emergono infezioni che suscitano grande apprensione nei pazienti e nei loro cari.

Un’équipe di ricercatori ha condotto uno studio volto a valutare l’applicabilità del protocollo HELICS (Hospital in Europe Link for Infection Control through Surveillance, Rete
ospedaliera europea per il controllo delle infezioni attraverso la sorveglianza) nelle unità di terapia intensiva pediatrica europee. HELICS fa parte del programma comunitario
«Improving patient safety in Europe» (Migliorare la sicurezza dei pazienti in Europa), volto a controllare le «infezioni nosocomiali» attraverso la sorveglianza. Il
lavoro di questi studiosi è stato pubblicato sul numero della rivista «Intensive Care Medicine» del novembre 2007.

I ricercatori, che svolgono le loro attività a Lilla (Francia), hanno confrontato le definizioni pediatriche delle infezioni nosocomiali con quelle del protocollo HELICS. È stata
valutata l’adattabilità del questionario HELICS ai pazienti pediatrici e successivamente è stata svolta un’indagine a livello europeo al fine di esaminare i programmi di
sorveglianza delle infezioni nosocomiali. All’indagine hanno partecipato unità che aderiscono alla Società europea di terapia intensiva pediatrica e neonatale e il Gruppo
francofono per la rianimazione e le emergenze pediatriche.

Secondo i ricercatori, sono state individuate molte differenze tra le unità di terapia intensiva per gli adulti e quelle pediatriche: la definizione di polmonite acquisita in
unità di terapia intensiva, gli indici di gravità all’ammissione e gli indici del rischio di infezioni nosocomiali. Complessivamente, nel campione sono stati inseriti 23 paesi e
l’indagine ha ricevuto 65 risposte. I ricercatori hanno riscontrato differenze anche nell’origine delle definizioni di queste infezioni. Un consistente 38% delle definizioni proveniva dai
Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, seguito da un 21% fornito a livello regionale o nazionale, da un 20% con origini multiple e da un 18% a livello locale.

In cima all’elenco delle infezioni nosocomiali più frequenti figuravano quelle ematiche, da cui è stato interessato il 91% delle unità, seguite dalle infezioni da catetere
e dalla polmonite acquisita, con un’incidenza pari rispettivamente all’88% e all’86%. A completamento dell’elenco figuravano le infezioni del tratto urinario, con una prevalenza del 77%.

La relazione afferma che il 75% delle unità che hanno preso parte allo studio ha manifestato interesse a partecipare a un gruppo di lavoro pediatrico europeo sulle infezioni nosocomiali
con la Società europea di terapia intensiva pediatrica e neonatale.

Secondo gli autori della relazione, tra cui François Dubos e Marie Vanderborght, nel complesso la ricerca evidenzia la necessità di applicare il protocollo HELICS. «La sua
applicazione è ampiamente auspicata e può essere attuata con facilità», spiegano. Tale protocollo può rivelarsi utile a garantire il benessere dei pazienti che
combattono contro le malattie.

Per ulteriori informazioni consultare:
https://helics.univ-lyon1.fr/protocols/icu_protocol.pdf

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