Re Bianco d’Italia, formaggio a pasta dura di qualità – da provare

3 Aprile 2018
RE BIANCO D’ITALIA – FORMAGGIO DI QUALITA’ A PASTA DURA, FRESCO E 100% ITALIANO
In primis forte tutela mondiale del Grano Padano Dop, ma c’è spazio per il Bianco d’Italia AgriPcLatte 4.0, #lattosiofree
Correvano gli anni 1983-1984 quando compilavo i questionari italiani sulla produzione di latte in Italia e quanto di esso era destinato a produrre formaggi. Fu l’Europa a chiederlo all’Italia. Ne compilai circa 2000 all’anno, in alta val Nure in provincia di Piacenza. Ero tornato da Strasburgo dopo uno stage nel 1980 e avevo capito dove l’Europa voleva andare a parare.
L’Italia dell’epoca non voleva fornire dati ufficiali di produzione, non li aveva, non li aveva mai monitorati. Anche le grandi industrie conoscevano solo i propri numeri. Circolava, soprattutto fra i piccoli allevatori, la paura che fosse un controllo fiscale, per sapere il reale reddito aziendale. All’epoca il reddito agricolo era calcolato sul valore della terra e non sulla produzione.
A sgolarmi con tutti che non era una operazione per tassare le aziende, ma solo per fotografare la realtà delle stalle. Voce nel deserto. Sapevo che la burocrazia Comunitaria stava studiando sistemi per ridurre le produzioni agricole.
I danesi e gli olandesi dichiararono il massimo possibile, l’Italia, soprattutto quella della montagna, dichiarò il minimo possibile per paura di calcoli reddituali. Così i dati italiani raccolti non coincidevano con quelli reali, ma servirono per definire la quota latte paese. Vi fu una travaso di vasi comunicati di latte fra i paesi del sud Europa verso il nord.
Uno dei tanti casi non chiari per l’Italia che hanno caratterizzato la PAC per 30 anni. Infatti nel giro di 10-15 anni le stalle italiane si ridussero, proporzionalmente, da 100 a 10. Le quote-latte, purtroppo, continuano ancora oggi a penalizzare l’agricoltura italiana e il consumatore italiano. Solo 6 litri sui 10 litri di fabbisogno italiano, sono prodotti in Italia.
E ne risentono soprattutto i formaggi di qualità, ad iniziare dal Grana Padano, ma anche gli allevatori italiani che hanno sia stalle moderne meccanizzate innovative sia bovine ancora al pascolo nelle alte valli, dove è notorio si produce un latte di altissima qualità. E anche per questo la nostra montagna si è spopolata, i giovani hanno mollato la terra.
Il latte in Italia c’è, ma non si riesce a valorizzare. Piuttosto che produrre latte nazionale, diventa quasi obbligatorio acquistare dalla Francia, Germania, Olanda, Danimarca. Perché eliminare allora un surplus di latte nazionale, purtroppo fuori dalla filiera controllata del Grana Padano Dop, per fare burro o ricotta? Produrre formaggio grana fra Lodi-Piacenza è una tradizione casearia che risale al XIII° secolo (il famoso libello dal titolo La Formaggiata parla del Granone®© prodotto attorno ai prati stabili lungo il Po, l’Adda) quando altri paesi europei puntavano al burro e a formaggini teneri.
Quel formaggio duro, allora, aveva la funzione vitale di conservare e aumentare le caratteristiche salutari e energetiche del latte, diventando un alimento sempre pronto.
Il Granone era una riserva di energia, di alimento. Fare il Granone stagionato voleva dire conservare nel tempo tutta l’energia e la salute del latte. Una storia che si conferma nei secoli diventando, oggi, il Grana Padano Dop, prodotto in 4,9 milioni di forme l’anno.
Il logico surplus di latte causa il peccato originale delle quote-latte, oggi, produce i “simil-grana”, una risposta logica a burocrazia, leggi immodificabili, privilegi. L’Europa di oggi è una entità di sole lobby. L’imprenditore deve sapersi inventare soluzioni nel rispetto delle leggi, dando al consumatore solo eccelse qualità. Non si compete sul mercato, se non cercando di alzare la asticella della qualità, salute, sicurezza.
Giustamente le regole difendono-tutelano (almeno dovrebbero) il Grana Padano Dop da imitazioni scorrette, ma questo non impedisce di produrre un altro formaggio a pasta dura, più o meno stagionato. Assolutamente da non chiamare Grana Padano, non è una Dop e si chiama Bianco d’Italia, ma non è una brutta copia del Dop, è diverso, ha una sua storia produttiva e di consumo. In Italia si producono 700.000 forme l’anno di cui 20.000 sono prodotte per APL-AgriPiacenzaLatte, www.agripclatte.it, una O.P. riconosciuta, un consorzio di 180 piccoli produttori sparsi dal Piemonte al Veneto.
Ho assaggiato recentemente il Bianco d’Italia dell’ APL-AgriPiacenzaLatte di Cortemaggiore, formaggio a pasta dura poco stagionato, 100% latte padano-italiano, senza lattosio, senza lisozima, senza caglio animale. E’ un prodotto semplice e innovativo, un grana 4.0 poco stagionato, da snack per i giovani, carico di energia per i bambini, con un tono amaro-sabbia-terra che lo rende croccante, fragrante dai profumi di ricotta e di panna, #lattosiofree vien voglia di dire e non perde nessuna caratteristica di morbidezza, ideale per chi ha delle intolleranze, chi predilige e vuole una dieta vegetariana, facilmente digeribile.
Il Bianco d’Italia www.biancoditalia.com dell’AgriPiacenzaLatte, un brand apprezzato in America e pronto per l’e-commerce mondiale in tutte le case.
Di Giampietro Comolli
Giampietro Comolli
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Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici
Mob +393496575297
Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
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