Può accadere in Svizzera: Dalla mancata ascesa al Glacier 3000 alla discesa nella miniera di sale

4 Luglio 2011
Il tempo, specie quando vai in montagna, anche in estate, può farti delle brutte sorprese. Hai in programma di raggiungere uno tra i più bei
paesaggi della Svizzera dalla cima del Glacier 3000 e invece ti ritrovi a 500 e passa metri sotto terra nella miniera di salgemma di Bex. Eppure quando
salendo sul treno panoramico Golden Pass che da Montreaux ti porta a Rossiniere il sole splendeva alto nel cielo e tutto faceva presagire che finalmente il nostro desiderio sarebbe stato
appagato. Già questa prima parte del percorso ti riempiva di gioia nel vedere sempre più dall’alto il Lago Lemano con le jmbarcazioni che navigavano da una riva all’altra mentre il
paesaggio era un continuo mutare di colori e di coltivazioni. Uno scenario che hai visto mille volte alla TV e che ora finalmente potevi vivere in diretta con gioia e spensieratezza.
Rossiniere, la prima tappa del nostro breve tour, è un paese con poche centinaia di persone e ti offre già l’occasione per vedere, come
l’Hotel de Ville nel quale abbiamo preso alloggio, che la maggior parte delle case sono di legno. I costruttori qui hanno la possibilità di scegliere tra gli alberi il legno più
adatto per la casa da costruire.
Rossiniere è quasi attaccato Chateau-d’Oex a metà strada tra Montreux e Lucerna, insomma è tra le montagne. Chateau-d’Oex è diventata famosa a livello internazionale
per le manifestazioni che periodicamente vi si svolgono coi palloni aerostatici e per il suo interessante museo. E’ considerata la capitale di questo
genere di volo, che noi abbiamo avuto la fortuna di sperimentare in Sudafrica mentre sotto la nostra navicella la fauna correva a rotta di collo.
Due anzi tre sono le cose che di questo paese -oltre ai palloni- ci sono rimaste impresse: la visita al laboratorio di decoupage della signora Doris
Henchoz che con con piccoli gesti e ritagli ci ha permesso di vedere nascere queste opere d’arte di carta nera che poi vengono incollate su dei supporti. Non c’è locale in tutta la
vallata che non ne abbia almeno una.
La seconda cosa è il suo museo di storia situato in un edificio (in calcestruzzo, costruito nel 1880) già sede della Prefettura che
presenta uno spaccato del Vieux Pays-d’Enhaut con la ricostruzione degli ambienti di una volta. E’ un ritorno al passato, accompagnato con reperti archeologici interessanti. In un certo qual
modo è un libro aperto conservato gelosamente e in modo impeccabile.
La terza cosa è il “potage” del viandante del ristorante dell’Hotel de la Poste: una specialità della casa. Un brodo ristretto, anzi molto
ristretto, di verdura con al centro della scodella….un sasso che coi suoi minerali da vigore al…liquido e…al fisico e che ci siamo portato a casa. Non si sa mai se ne …avremo bisogno.
La bellezza della vallata è rappresentata dagli chalet (tutti rigorosamente in legno) che l’attorniano e dagli alpeggi dove le mucche vanno a pascolare contornati di abeti e altri
alberi. Se ci capitate come abbiamo fatto noi, in primavera/estate, alzandovi presto, al mattino, avrete la possibilità raggiungendo uno di questi chalet di assistere alla produzione del formaggio.
In un enorme paiolo di rame viene versato, col caglio, il latte appena munto (la mungitura ha luogo due volte al giorno) e col fuoco alimentato esclusivamente a legna è portato alla
temperatura giusta per formare il formaggio. Tutto avviene artigianalmente rispettando delle norme igieniche precise. Con un telo retinato, facendola bene scolare, la “palla” viene portata su
un tavolo e messa in una forma circolare che successivamente, dopo la necessaria pressatura meccanica, acquisterà il formato sul quale è apposto un sigillo con l’indicazione del
nome del produttore e altri dati importanti. La grande ruota dopo alcuni giorni sarà trasportata alla “cave” della cooperativa per la stagionatura subendo un trattamento particolare, nel
quale il salgemma ha grande importanza.
Quando noi entriamo dal pizzicagnolo e scegliamo il formaggio di montagna, non ci passa nemmeno per l’anticamera del cervello di sapere il duro lavoro che comporta la sua lavorazione.
La visita allo chalet, dove nella stalla accanto alle mucche se ne stavano tranquilli dei vitellini, ci ha riportato in la col tempo: quando anche nelle nostre campagne le famiglie avevano
diversi figli. Qui li abbiamo rivisti. La maggiore (era in vacanza dalla scuola) con una meticolosità incredibile una volta vuotato l’enorme paiolo, curando che il latte non utilizzato
non andasse sprecato ma convogliato in una botte per fare altri prodotti, lo puliva in modo che non rimanessero impurità che avrebbero potuto compromettere il prossimo formaggio. Un
altro gridava degli ordini perché la mandria una volta uscita dalla stalla raggiungesse gli alpeggi, il terzo guidava un trattore -che abbiamo incrociato- con il più piccolo della
famiglia che era appena uscito dalla scuola. In pochi minuti siamo tornati indietro con gli anni.
Da tanto tempo non passavamo delle ore tanto belle e suggestive mentre guardavamo una sfilza di campanacci sotto il portico, uno differente dall’altro intestati ad ogni componente della
famiglia, meglio sarebbe dire, per la quantità, del casato. Poi su un grande “vassoio” di legno coi diversi tipi dei loro formaggi, insaccati, il vino e il pane di segale abbiamo
concluso una mattinata che non dimenticheremo mai.
Parlando della lavorazione del formaggio abbiamo accennato alla stagionatura. Avviene in enormi “cave” (capannoni stagni dove la temperatura è
costante e bassa). Il formaggio portato dal produttore passa in diverse vasche per la salatura e successivamente negli scaffali per la stagionatura. E’ un processo molto lungo e richiede tanta
esperienza.
Il sapore del formaggio varia a seconda del periodo di fabbricazione -va dal 10 maggio al 10 ottobre- con la particolarità che quello prodotto in primavera ha un sapore più
gradevole e profumato. La maturazione passa dai 135 giorni ai 22 mesi. Prima di uscire dai silos il formaggio subisce un’ ultimo controllo di qualità in modo da garantirne
l’autenticità. La stampigliatura “Etivaz Fromage d’Alpage” che vi viene apposta sta a indicare che è in primo luogo biologico e che il
formaggio è prodotto nel Parco Naturale-Regionale di Gruyére Pays-d’Enhaut. E’ di pasta dura. Un toma insomma così suddiviso: Gryére AOC, Le Vacherin Fribourgeois
AOC, L’Evitaz AOC . A questo sono da aggiungersi i formaggi di pasta molle.
A produrlo sono, con 20 milioni di latte l’anno, 240 produttori ben abbarbicati ai loro chalet, alcuni dei quali sopra i 1300 metri.. Una tradizione che risale al 18° secolo e alla quale
gli svizzeri sono, a giusta ragione, molto attaccati e fieri.
Per arrivare ai piedi del Ghiacciaio 3000 è necessario raggiungere Les Diablerets. E’ un nome strano per una località che su certi affiche del passato è rappresentata con
un diavolo rosso arrabbiato contornato da altri diavoli più piccoli. Quando arriviamo piove a dirotto: il grande diavolo vuole che l’ascesa al Ghiacciaio rimanga nei nostri desideri.
L’hotel Les Lilas, nel quale scendiamo, si trova all’imbocco della piccola città. E’ tutto di legno: le camere silenziose e modernamente attrezzate oltre ad essere molto spaziose offrono
quel comfort che non è facile trovare altrove.
Il nome Diablerets è legato a una leggenda. Il caso vuole che un pastore dal cuore duro e avaro si rifiutasse di soccorrere chi gli aveva chiesto il suo aiuto. Da allora i terreni
riservati al pascolo delle pecore e di altri animali, che formavano anche una bella corbeille di fiori, si seccassero. Sparì lo scampanellio delle pecore e degli armenti divenendo il
luogo prescelto dai demoni, dai dannati e da tutta la peggiore specie degli altri animali. Al posto dei prati sorsero le rocce e una in particolare venne chiamata la “Gamba del Diavolo”, quella
che porta al Ghiacciaio 3000. Tutta l’area, compresa tra l’Anzeindas al Sud e la vallata degli Ormonts al Nord, divenne presto il luogo di soggiorno dei demoni e di tormentati.
Il massiccio del colle di Cheville, al limite Sud e dal quale si accede al Ghiacciaio 3000 indicato oggi sulle carte geografiche col nome Torre di San Martino in passato si chiamava ……la
“Gamba del Diavolo”. Questa enorme roccia a forma di torre o di bastione colossale serviva -noi abbiamo potuto appena intravedere tra le nubi- con le sue correnti a far riunire i demoni, mentre
dei grossi macigni di roccia di tanto in tanto si staccavano dalla montagna, tant’è che da allora chi passa da queste parti usa dire “Che il buon Dio ci protegga e con noi i nostri
animali”. C’è ancora chi dice di vedere durante la notte questi spiriti satanici muniti di piccole lanterne correre da soli o in gruppo nei boschi, sui prati, tra le pietre o sulla
sommità delle montagne. Ma queste, ovviamente, sono tutte fantasticherie perché Les Diablerets offre molte opportunità (purtroppo solo il 3% degli italiani la frequentano)
per praticare gli sport invernali e le arrampicate su queste montagne di roccia compatta.
Les Diablerets si trova a 1200 metri, ha all’incirca 1300 abitanti e d’invero ospita fino a 8000 persone. Per mangiare non c’è che l’imbarazzo della scelta tra i suoi 20 ristoranti
(famoso quello de La Poste dove abbiamo mangiato una fonduta da leccarsi i baffi), mentre non mancano i luoghi di ritrovo come una discoteca, una galleria d’esposizioni e i posti dove svolgere
attività sportive, che variano, ovviamente, dall’estate all’inverno mentre tanto nella prima come nella seconda stagione ci sono i “sentieri didattici”, che come in ogni località
della Svizzera sono particolarmente curati e seguiti.
Dal Col de Pillon (1520 mt), raggiungibile con un bus, parte la cabinovia che porta a Cabane (2525 mt) e dalla quale si raggiunge, con un’ altra cabinovia, il Ristorante Botta, a 2971 mt,
(porta il nome dell’architetto Mario Botta che l’ha costruito), da dove si può raggiungere il “View Point”: un belvedere che permette di avere una visione a 360° su un panorama che
comprende il Cervino e il Monte Bianco.
Questo era il nostro….sogno che il diavolo ci ha impedito di vedere….dirottandoci alle “Miniere di Sale di Bex”. La storia di queste miniere (si trovano un po deviate dalla direttrice
Aigle/Martigny) risale a 350 anni fa quando a son di piccone e pala si cominciò a scavare fino a 500 metri nel sotto suolo per estrarre quello che per la zona era ed è l’oro
bianco.
Raggiunto con un trenino lillipuziano il cuore della miniera (ancora attiva) tra gallerie e spiazzi scopri l’apporto della tecnica per rendere meno duro il lavoro degli scavatori e meraviglia
delle meraviglie: una cantina per l’invecchiamento del vino rosso, ben sbarrata da un cancello di ferro. Può essere considerata il simbolo della civilizzazione con i tre assiomi della
religione valdese: il pane, il sale, il vino. Su un affiche si può leggere: “Approfittando del dono della natura un gruppo di produttori di Bex ha realizzato questo celliere per
invecchiarvi i suoi vini. Qui vengono tenuti in condizioni geologiche eccezionali: al riparo della luce, protetti dalle vibrazioni, ad una temperatura e umidità costanti. In tal modo
essi raffinano il loro carattere molto tipico grazie anche all’atmosfera leggermente salina nella quale riposano”. In primo piano sono esposte in un cofanetto due vecchie bottiglie con a parte
un annuncio: vino rosso 12,90 euro.
L’altra meta che ci attende è la visita al villaggio storico di Ver con una piccola chiesa valdese e un museo, caratteristico anche per le foto che ci mostrano personaggi e scene di vita
di una volta.
Quando lasciamo Les Diablerets abbiamo una tregua della pioggia e finalmente vediamo le montagne tutt’attorno, mentre un trenino piacevolmente dipinto staziona accanto al nostro. La nostra
Swiss Pass si dimostra molto utile per raggiungere dapprima con un treno tipico locale e confortevole e poi con un comodo bus Aigle, che è l’ultima tappa del nostro breve tour. Si passa
tra boschi e piccoli villaggi mentre incrociamo piccoli gruppi di camminatori che colgono l’occasione della tregua del tempo per “gustarsi” il piacere d’immergersi attraverso i sentieri nei
boschi.
Ad Aigle, dove si fermano i treni superveloci della Berna-Milano, c’è un castello -in zona pianeggiante- immerso tra i vigneti. Colpisce per la sua imponenza; risale al 12.° secolo.
Fu fatto costruire dalla famiglia dei Cavalieri di Aigle. Come quasi tutti i castelli venne in parte distrutto a seguito di eventi bellici e solo nel 1798 con la cacciata dei Bernois a seguito
della rivoluzione valdese, entrò a far parte del Cantone di Vaud e quindi del Comune di Aigle. In seguito fu sede di tribunale e di prigione. Dal 1976 è stato trasformato nel
Museo del Vino, mentre non passa anno che i muratori coi carpentieri non vi apportino nuovi elementi per custodirlo e rinnovarlo. Di fronte a questo bel maniero in un edificio che riprende lo
stile del castello c’è, al pianterreno, un modernissimo ristorante mentre il piano superiore ospita mostre e attività culturali. Da una parte la cultura e dall’altra la pancia.
Non siamo potuti salire al Ghiacciaio 3000 ma abbiamo acquisito un patrimonio di vita che non dimenticheremo mai.
Per saperne di più:
Office du Tourisme du Canton de Vaud
Casella postale 164
1000 Lausanne 6 Suisse
Tel 0041 21 6132621
www.region-du-leman.ch
Bruno Breschi
Newsfood.com