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Prezzi alla produzione: per l’agricoltura è sempre crollo verticale

Prezzi alla produzione: per l’agricoltura è sempre crollo verticale

By Redazione

La Cia in merito ai dati relativi ai listini all’origine all’industria (più del 3,1 per cento ad aprile) sottolinea che per il settore primario prosegue un trend fortemente negativo.
Agricoltori in grave affanno.
 
Mentre i prezzi alla produzione dei prodotti industriali segnano ad aprile scorso, un aumento del 3,1 per cento rispetto allo stesso mese del 2009, per i prezzi sui campi, sempre ad aprile,
continua il crollo verticale. Vanno in picchiata soprattutto i listini di frutta (meno 28,8 per cento ad aprile scorso rispetto all’analogo periodo del 2009), di ortaggi e legumi (meno 4,4 per
cento) e dei cereali (meno 5,1 per cento, con punte del 15-20 per cento per il grano duro). E’ quanto evidenzia la Cia-Confederazione italiana agricoltori in merito ai dati Istat sull’andamento
dei prezzi industriali all’origine.

La Cia sottolinea che il calo complessivo per i prezzi agricoli all’origine è stato, ad aprile, del 4,5 per cento. E questo fa seguito ad una flessione del 9,6 per cento nel mese di marzo
e del 13,4 per cento dell’anno passato. Una caduta libera che sommata all’aumento dei costi produttivi, contributivi e burocratici ha determinato un taglio netto (meno 20,6 per cento solo nel
2009) dei redditi degli agricoltori, sempre più in grande affanno.
Il trend negativo di frutta e ortaggi sta mettendo in emergenza molti agricoltori: ma ancora più grave è lo scenario per i produttori di grano duro, le cui quotazioni sono
addirittura più basse di venticinque anni fa (1985), quando il prodotto toccava il prezzo di 55 mila delle vecchie lire (pari a 27/28 euro) a quintale, mentre oggi, invece, è pari a
15,50/16 euro, con una diminuzione di oltre 12 euro a quintale, nonostante il gravoso aumento dei fattori e dei mezzi produttivi e dei costi contributivi.

Per quanto riguarda l’andamento degli altri comparti, sempre rispetto ad aprile 2009, si hanno cali del 3,9 per cento per i vini, del 7 per cento per le colture industriali, dell’8,8 per cento
per i tabacchi, del 4,3 per cento dei bovini e bufalini, del 12 per cento per i volatili domestici e del 15,1 per cento per gli altri animali vivi. In controtendenza, invece, olio d’oliva
(più 11 per cento), latte e derivati (più 8,3 per cento) e uova (più 5,6 per cento). Incrementi che, però, non compensano minimamente i crolli che si sono avuti fino a
marzo scorso.

Cia.it
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