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Politica e onestà… una simbiosi difficile

Politica e onestà… una simbiosi difficile

By Giuseppe

POLITICA E ONESTA’

Milano, 17 gennaio 2018
Parecchi anni fa mi trovano a cena con un amico neurochirurgo, bravo professionista e uomo integerrimo. Era il periodo di Mani Pulite e lui, schifato da tutto ciò che rivelavano i media, intendeva dare il proprio contributo di conoscenza e di correttezza entrando in politica. Tentai di dissuaderlo con questo semplice ragionamento: in una realtà, quella della politica appunto, nella quale i valori di riferimento della parte più nobile di noi – sincerità, rispetto della parola data, lealtà, onestà  e quant’altro – sono considerati handicap, cosa ci vai a fare? Del male a te ed ai tuoi compagni di cordata?

Generalmente l’etica, la morale del politico rappresentano l’opposto di quanto la gran parte di noi aspira ad essere.  La vedete, una persona onesta che non intende imbrogliare, promettere, mentire, tradire,  fare strada in quella realtà? Non gli affiderebbero neppure le pulizie in una sezione.

 

Molto spesso, non sempre per fortuna, il politico non si rende conto di essere un disonesto secondo la definizione del vocabolario: trova mille giustificazioni per il suo comportamento antisociale.  Così come un   fuorilegge trova mille ragioni per giustificare il proprio operato.

Proprio con un delinquente “classico”, componente della banda Turatello che imperversò nella Milano da bere, mi trovai, per motivi professionali, in pizzeria.  Da poco era entrata in vigore una legge che dettava le “regole d’ingaggio” della polizia: ad esempio, e in estrema sintesi, se il sospetto di un grave reato non si ferma all’alt, prima l’intimazione a voce, poi lo sparo in aria, quindi alla persona.

Il mio interlocutore delinquente riteneva tutto ciò profondamente ingiusto: “Tutti hanno il diritto di scappare – affermava – non succede così anche per i prigionieri di guerra? E se mentre scappo mi sparano addosso non è, la mia, legittima difesa se rispondo?”.

Senza, per carità!, voler mischiare le due categorie – il delinquente e il politico – il meccanismo autogiustificativo è il medesimo. “Se intendo raggiungere obiettivi di bene pubblico devo adottare sistemi non rispondenti alla morale e all’etica comuni” afferma il politico che osserva con sufficienza e vago disgusto il resto dell’umanità . D’altronde “il fine giustifica i mezzi” non l’ha forse scritto il Maestro della politica?

La quale non fa, per principio, le cose giuste ma quelle che portano consenso. Ai tempi della gran voglia dell’automobile, cioè del simbolo stesso della libertà e dell’indipendenza, si parcheggiava in piazza Duomo  a Milano. Ci sono voluti decenni perché la maggioranza dei cittadini-elettori optasse per un maggior controllo del mezzo privato.

Oggi, dopo la sbornia della globalizzazione, del liberismo, dell’abolizione di lacci e lacciuoli, la gente che paga sulla propria pelle la Grande Recessione, comincia a rendersi conto che le regole sono indispensabili proprio per proteggere se stessa, componente più debole della società.  Ma soltanto se diventerà maggioranza, la politica seguirà.

 

Benito Sicchiero
per Newsfood.com
Nutrimento&nutriMENTE

 

Immagine di copertina di notalibera.altervista.org

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