Parkinson: a disposizione dei malati farmaci mirati
9 Novembre 2007
La malattia di Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa per frequenza dopo l’Alzheimer. In Italia le persone colpite sono circa 250 mila, con 5 000 nuovi casi ogni anno, ma con
l’invecchiamento della popolazione questo numero è destinato a raddoppiare nei prossimi 15-20 anni.
Il parkinsonismo è una malattia piuttosto rara prima dei 40 anni e colpisce in particolare gli uomini, che rischiano 1,5 volte di più rispetto alle donne. Se ne è parlato,
oggi, nel corso di una Conferenza stampa, organizzata dal Consiglio nazionale delle ricerche e dalla Limpe, dove sono stati anticipati alcuni dei temi che saranno discussi nel convegno
Disturbi del sonno nelle demenze e nei disordini del movimento (Roma, Centro Congressi Angelicum della Università Pontificia, 10 novembre), e a cui partecipano ricercatori
universitari e del Cnr. Le terapie attualmente utilizzate comprendono la levodopa e un gruppo di farmaci chiamati Dopamino agonisti che sono in grado di migliorare significativamente i sintomi
della malattia, la qualità e l’aspettativa di vita, anche se non sono in grado di arrestare né rallentare l’evoluzione della malattia, che rimane associata a disabilità
progressiva.
“La scelta del farmaco o dei farmaci nel trattamento del paziente parkinsoniano”, spiega Giuseppe Nappi, presidente della fondazione Limpe onlus (Lega Italiana per la Lotta contro la Malattia
di Parkinson le sindromi extrapiramidali e le demenze) “è diventata complessa, perché ogni sforzo diretto a migliorare la sintomatologia deve evitare e soprattutto contenere la
comparsa delle fluttuazioni e dei movimenti involontari, che sono gli effetti collaterali della terapia attuale più dannosi, quelli cioè meno controllabili e più fortemente
invalidanti. Alcuni recenti studi clinici e di ricerca di base su un farmaco a base di litio stanno dando ottimi risultati. Questo principio attivo, utilizzato da decenni in terapia con altre
indicazioni, ha recentemente prodotto risultati sorprendenti nella terapia della SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), una grave malattia degenerativa che ha molti punti in comune con il
Parkinson. Il litio è in grado di attivare l’autofagia, un meccanismo fondamentale per contrastare e riparare la degenerazione neuronale. Infatti, “Il punto nodale della cura della
degenerazione neuronale”, spiega Stefano Ruggieri, dell’Università Sapienza di Roma e presidente della Limpe, “è proprio l’attivazione dell’autofagia, ossia del processo per cui
il neurone è in grado di eliminare le sue strutture danneggiate e di ricostruirle, evitando la sovrabbondanza dei ‘detriti’ che causano lentamente la morte neuronale. I nostri sforzi ora
sono puntati a valutare l’efficacia del carbonato di litio nel proteggere dalla degenerazione i neuroni dopaminergici e stabilizzare clinicamente la sintomatologia parkinsoniana (tremore,
rigidità e lentezza dei movimenti)”.
Negli ultimi anni, la ricerca ha fatto progressi ma molto resta ancora da fare, soprattutto sul fronte dell’assistenza ai pazienti. Tenere accesi i riflettori su questi malati, sempre
più numerosi, è l’appello che viene da esperti ed associazioni.