Ocm vino, flessibilità e territorio. Disciplinari al passo coi tempi

20 Aprile 2009
L’Ocm vino 2007-2013, come più volte detto da tutti, è un grande pasticcio e non è positiva per il vino italiano; poteva (si parla oramai al passato) essere una grande
occasione, ma si è persa. Il conto alla rovescia e i tempi stretti potrebbero essere fattori che spingono verso una ristrutturazione necessaria dell’impianto della legge nazionale sui
vini in generale – la ex 164/92 – e una revisione moderna dei disciplinari di produzione. Un adeguamento obbligatorio dei vari disciplinari entro la fine di luglio 2009 poteva essere colto per
emanare e semplificare un sistema di regole riconosciute per 42 docg, 317 doc, 120 igt, in attesa della applicazione delle norme per DOP e IGP, valide per tutti i prodotti vinicoli e
alimentari.
Le fascette Docg per i vini italiani resteranno e sono obbligatorie: un nostro vanto che dovremo però far diventare un messaggio di qualità e di diversità garantita, e non
una inutile e aggiuntiva procedura burocratica. Si deve “spendere” sulla Docg per far sì che sia compresa e quindi che il valore del vino abbia un riscontro: i grandi Consorzi di
Tutela puntano su questo fattore.
Docg e Doc sono e saranno due sigle che identificano i nostri vini di qualità, la “formula Dop” è solo un fatto di procedura istitutiva, di controllo e di strumenti voluta
dall’Unione Europea per uniformare tutto il settore agroalimentare, wine e food insieme.
Il mondo del vino italiano deve solo trovare il modo di unirsi ancor più e non dividersi: i campanilismi fanno il gioco dei Paesi del Nord consumatori e commerciali, non dell’Italia con
le norme produttive. Purtroppo però abbiamo troppe Doc piccole, troppe Doc che fanno tutti i vini possibili di metodo e di vitigno, non c’è una identità di territorio con
identità di prodotto, che in questo momento aiuterebbe tantissimo. Troppe Doc non sono rivendicate, alcune hanno meno di 10 vigneti iscritti, quasi una vigna di un podere più
ampio.
Su 317 Doc, 70 rivendicano, annualmente e da anni, meno del 60% della superficie iscritta: come si può pretendere che una Doc abbia la sua rappresentanza minima del 66% sul totale per
poter svolgere i controlli generali, se poi è così bassa la opzione Doc rispetto ai vini da tavola? E la nuova Ocm non invoglierà ancor più a fare vini Igt, visto
che ora possono avere anche il nome di vitigno e l’annata di vendemmia?? Visto che la 164 lo prevede, a quando l’abolizione delle Doc sotto percentuali inutili come il 20-30% e quelle fatte da
meno di 10 vigneti? Le Doc che funzionano sono quelle che hanno rivendicazioni vicino al 100%; semplifichiamo le Denominazioni, rendiamole più flessibili, più controlli anche sul
commercio, non solo alla produzione, facciamo Doc di prodotto, oltre che di area.
Lancio una provocazione: perché non fare una unica grande Doc “Oltrepadana” fra Oltrepò Pavese, Colli Piacentini, Colli Tortonesi e Colli di Parma per i vini dai vitigni Bonarda,
Croatina e/o Barbera?? Sarebbero circa 6000 ettari, la nostra Bordeaux!! E poi elevare a Docg le menzioni speciali esistenti già conosciute sul mercato.
Meditate viticoltori, il futuro è fare sistema.
Giampietro Comolli