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Maurizio Zanella ribadisce il suo De profundis sullo Spumante Italiano. Ha ragione? Ha torto?

Maurizio Zanella ribadisce il suo De profundis sullo Spumante Italiano. Ha ragione? Ha torto?

By Redazione

Ha ragione?
Ha torto?
Lo aveva già detto un anno fa, dove è il problema?
Se mai è un allarme!

Maurizio Zanella è un addetto ai lavori ed evidentemente non si espone alla gogna mediatica ed alle critiche senza sapere quello che dice. E non credo neppure che ci possano essere
contestazioni, se non marginali, sui numeri.
Noi di Newsfood.com non siamo grandi esperti di vino ma in fatto di comunicazione e di marketing crediamo di poter dire il nostro pensiero.
Di certo, quando qualcuno grida “Al lupo, al lupo”, è da stolti ignorare l’allarme, specialmente se a gridare è qualcuno che il lupo lo conosce molto bene. Potrebbe essere un falso
allarme ma credo che sia “una cosa buona e giusta” andare a verificare ed anche “leggere tra le righe”.

Come minimo porsi la domanda:-” Come mai Maurizio Zanella grida al lupo?” Non avrà un po’ di ragione?”
Abbiamo un Governo che, invece di governare, è ingessato, si preoccupa solo di escort e di “ingenue ed indifese minorenni da bordello” ed è impegnato a cercare di salvare il
Premier. L’opposizione, in ordine moooolto sparso cerca solo ed esclusivamente di “buttarlo giù, invece di fare la vera opposizione e proporre soluzioni per cercare di risollevare le sorti
di questa Bella Italia, ma ormai una “bagnarola” dove fare impresa è diventato veramente “un impresa”.

Chiudo: e se un giorno, oltre al pomodoro in scatola, arrivasse lo “SPUMANTE CINESE”?
Ci risulta che dal 1998 ad oggi i vigneti cinesi abbiano superato quelli di Australia e Stati Uniti messi insieme, quarto e quinto produttore di vino al mondo. E di certo non si fermano qui,
continuano a piantare viti. Terra ne hanno da vendere, visto che non possono esportarla!
Alla fine degli anni ’70 ero a Torino, dal Rag. Giovanni Garrino, il fondatore dell’Invicta (suo padre faceva zaini e guanti – la sua fortuna è stata  la creatività e una
compartecipazione con un produttore coreano):  un guanto da sci costava 6-7 mila lire. Gli altri produttori italiani ridevano a crepapelle nel vedere la bassa qualità dei primi guanti
di Hong Kong, consegnato in Italia ad un dollaro (se non ricordo male poco più di 1.200 lire). E poi le scarpe, e poi il tessile, ecc
Quali sono le aziende che hanno resistito nei vari settori? E’ presto detto: quelle che hanno investito sul marchio e sulla qualità (spesso facendo passare per “Made in Italy” , ancora
oggi, prodotti fatti in Cina).
Ora tocca anche all’alimentare.
Una perturbazione di bollicine cinesi arriverà presto.

Ecco l’articolo di Newsfood.com del dicembre 2009:
Franciacorta: Lo “spumante è morto”, bisogna imparare a distinguere
Oramai è banalizzante definire un vino come spumante
© ansa.it per NEWSFOOD.com – 30/12/2009
…….A sancire il de profundis dell’espressione ‘spumante’ è il presidente del Consorzio di Tutela del Franciacorta Maurizio Zanella, in un
appello-provocazione che trova già sponda nell’iniziativa ‘Brindo italiano’ promossa dal ministro delle Politiche agricole Luca Zaia.

Ed ecco la lettera aperta di Maurizio Zanella, inviata alla stampa:
Da: “Presidenza Franciacorta”  
Data: 21 gennaio 2011 12:00:09 GMT+01:00
 Oggetto: ALL’ATTENZIONE DEI SIGNOR DIRETTORE: LO SPUMANTE E LO CHAMPAGNE

Gentile Direttore,
in allegato trova un mio commento su un tema che mi sta molto a cuore e che vorrei condividere con lei.
La ringrazio per l’attenzione che vorrà dedicare all’argomento e la saluto cordialmente.
Maurizio Zanella
Presidente

Gentile Direttore,
Le festività natalizie rappresentano, da sempre nella nostra cultura, il momento più importante dell’anno per il brindisi che accompagna le grandi cene organizzate per festeggiare
l’inizio del nuovo anno.
A partire dallo scorso mese di dicembre e in gennaio ho letto, con crescente stupore, l’enorme quantità di notizie riprese da numerosi media, tra cui la sua testata, derivate da
informazioni diffuse da vari enti/associazioni contenenti dati di vendita delle bollicine Made in Italy nel mondo, i consumi previsti durante le festività e soprattutto la notizia che lo
spumante italiano avrebbe superato lo Champagne per quanto concerne i volumi di vendita.

Mi preme segnalarle che in particolare quest’ultima affermazione non solo non abbia alcun senso ma concorra anche a diffondere una profonda disinformazione nei confronti dell’opinione
pubblica.
Infatti, mentre per l’Italia si tengono in considerazione tutti i vini spumanti prodotti con metodo e con qualità e prezzo molto diversi fra loro, per quanto riguarda lo Champagne si tiene
in considerazione solamente una denominazione prodotta in Francia. Ma lo Champagne non è l’unico vino di questo genere prodotto oltralpe (penso per esempio al Cremant d’Alsace), quindi
sostenere che lo spumante abbia battuto lo Champagne è una palese inesattezza.

Altre testate includono, correttamente, tutta la produzione francese di bollicine che in effetti è inferiore a quella italiana. Ma il fatturato della produzione italiana non arriva nemmeno
alla metà di quello francese; ne viene che è una magra consolazione produrre di più per fatturare
la metà!
Comprendo che la sua, come le altre testate, abbia ripreso questi dati confidando nell’autorevolezza delle fonti e nella correttezza delle loro analisi, con l’obiettivo condiviso di promuovere il
prodotto italiano, mentre invece l’effetto che si è probabilmente ottenuto è stato quello di parlare della denominazione dei nostri cugini d’oltralpe.

Un ulteriore considerazione da farsi è che non è possibile essere a conoscenza dei dati di vendita prima ancora che sia trascorso il mese di dicembre, oltre al fatto che sono solo
le denominazioni a origine controllata e garantita (Docg) ad avere un monitoraggio certo.
Infatti, queste denominazioni rappresentano solo una parte minoritaria del grande calderone chiamato “spumante”, sul quale avevo già espresso la mia opinione spiegando che “lo sbandierato
successo dello spumante italiano, analizzando i numeri, è frutto – salvo pochissime eccezioni – di un prodotto assolutamente anonimo che deve le sue performance unicamente a prezzi unitari
bassissimi”.
Di fatto, ad oggi, sono tre le denominazioni che hanno saputo promuovere il proprio territorio d’origine smarcandosi dall’identificazione con una categoria merceologica: Asti, Prosecco di
Conegliano e Valdobbiadene e Franciacorta, oltre a due importanti aziende private industriali.
Sono solo la Franciacorta e queste ultime due grandi aziende a produrre, di fatto, con la stessa metodologia di produzione dello Champagne.

Desidero quindi ribadire che il sostantivo “spumante” è morto e non ha più senso utilizzarlo in questi e molti altri frangenti. Sarebbe come paragonare tutti i vini rossi italiani
(tanto quelli a denominazione di origine controllata quanto i vini da tavola) con il Bordeaux francese, mentre correttamente per questa tipologia di vino si parla di denominazioni: Barolo,
Chianti, Brunello
di Montalcino, Amarone per citarne alcuni.
Ognuno con un suo metodo di produzione, suoi vitigni e soprattutto un territorio d’origine specifico che si distingue da tutti gli altri per le sue
caratteristiche uniche.

In questo inizio 2011 ritengo sia opportuno tornare a ribadire con forza questi concetti in virtù di una buona e onesta informazione che sia veicolo di cultura, che sappia portare il
consumatore a conoscere quali siano le caratteristiche principali della produzione vinicola italiana, elemento fondamentale dell’enogastronomia nazionale sulla cui importanza, anche a livello di
prestigio e riconoscimento internazionale, credo sia superfluo soffermarmi.
Un consumatore consapevole e correttamente informato è interesse di tutti.
La saluto cordialmente,
Maurizio Zanella

I vs commenti sono, come sempre, ben graditi,
Giuseppe Danielli
Newsfood.com

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