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Il Manzoni Bianco di Domenico Cescon, Winemaker dell’azienda Italo Cescon a Vinitaly 2014

By Giuseppe

Verona, 7 aprile 2014 – 48° Vinitaly –
Intervista video di Giuseppe Danielli, Direttore Newsfood.com e articolo/intervista di Paolo Verdini

 

Gloria, Graziella e Domenico Cescon
Gloria, Graziella e Domenico Cescon

Aspettando Vinitaly, i consigli di Paolo Verdini.

Intervista in esclusiva per Newsfood.com

Quattro chiacchiere con Domenico Cescon, Winemaker dell’azienda Italo Cescon con sede a Roncadelle in provincia di Treviso che dal 1957 produce vini Doc Piave, Friuli e Valdobbiadene. L’azienda è impegnata da anni nello studio e nella ricerca sul “Manzoni Bianco”, uno degli autoctoni dell’area Doc Piave.

–       L’Incrocio Manzoni ha una storia lunga e curiosa, indissolubilmente legata al nome del Professor Luigi Manzoni. Ce la racconta in due parole?

L’incrocio Manzoni è nato proprio grazie all’impegno del Professor Luigi Manzoni, Preside dal 1933 al 1958 della Scuola Enologica di Conegliano, qui in Veneto, il quale durante un lungo percorso di ricerca ha sviluppato una serie di vini bianchi e rossi non attraverso la classica tecnica dell’innesto ma attraverso l’impollinazione. Il suo obiettivo era riuscire a creare con una tecnica innovativa un vino in grado di rappresentare il territorio: dalla sua intuizione, è nata una serie di Incroci il più famoso dei quali è certamente il Manzoni Bianco da Riesling e Pinot bianco, conosciuto anche come 6.0.13.

–       Com’è legata la vostra storia aziendale a quella dell’Incrocio Manzoni?

Il legame è forte, lungo e ha radici profonde poiché mio padre già verso la metà degli anni ’80 fu fra i primi a piantare Manzoni Bianco e a credere in questo vitigno, diventando così uno dei pionieri che coraggiosamente scelsero di slegarsi dalle scelte più tradizionali in campo vitivinicolo, certamente all’epoca sinonimo di garanzia, per investire su qualcosa di nuovo. E con lui abbiamo continuato a crederci anno dopo anno anche noi, tanto che fra il 2007 e il 2008 abbiamo eseguito un nuovo impianto di oltre 25mila ceppi per poter continuare a coltivare questo vitigno e a fare ricerca.

–       Da tempo siete impegnati nella ricerca per individuare le potenzialità enologiche degli autoctoni della terra del Piave e,  in particolare, del Manzoni Bianco. In cosa consiste la vostra ricerca?

Da sempre cerchiamo di sfruttare le nostre conoscenze agronomiche per affinare i processi e i metodi di lavorazione in modo da ottenere ogni anno un prodotto migliore, cercando di concentrarci in particolare sul vigneto perché è proprio dal lavoro in vigna che dipende per il 70% la qualità di un vino. La ricerca punta senz’altro alla salvaguardia dell’ambiente e del territorio dal momento che noi per primi viviamo e lavoriamo qui, beviamo questi vini. Non a caso già 10 anni fa abbiamo ottenuto la certificazione biologica e da sei anni ormai utilizziamo la concimazione di tipo organico con sovesci estivi e invernali.

Ma crediamo così tanto nello studio e nella ricerca che ogni anno abbiamo uno dei nostri appezzamenti diventa un “campo sperimentale” su cui testiamo, ad esempio, la resistenza dei vigneti: dal 2007 nel nuovo vigneto stiamo lavorando su densità d’impianto importanti e stiamo analizzando le tipologie di cloni e portainnesti più adatte per un impianto così fitto. Non solo, la ricerca ci consente anche di valutare e calibrare i trattamenti: ad oggi siamo riusciti a ridurre quasi a zero l’utilizzo del rame sostituendolo con un’alga canadese che ci aiuta a prevenire gli attacchi di alcuni funghi.

–       Qual è la forza di questo vino che sta vivendo negli ultimi tempi una fase di rinascita e riscoperta?

Questo territorio ha grandi potenzialità e così i suoi frutti: l’Incrocio Manzoni ha fatto fatica a trovare qualcuno che credesse in lui ma noi siamo convinti che possa raggiungere ottimi risultati, alcuni dei quali sono già arrivati. Al Vinitaly 2007, ad esempio, con il nostro Manzoni Bianco abbiamo vinto la medaglia d’oro al Concorso enologico Internazionale.

Oltre a saper raccontare il territorio il Manzoni Bianco può contare su genitori aromatici – specie il riesling – che gli regalano profumi diretti, intensi e complessi. Non solo, stiamo parlando di un vino longevo, che dai 12/18 mesi di durata su cui poteva contare negli anni ’70 è passato a una durata di 48/72 mesi mantenendo intatte tutte le sue caratteristiche organolottiche.

–       In che cosa si distingue il vostro Manzoni Bianco?

Il nostro Manzoni Bianco si chiama Svejo – che in veneto significa “sveglio, intelligente” – proprio perché è un vino dinamico, capace di dare emozioni sempre nuove. E’ un vino ricco di profumi e sfumature con forza e intensità aromatica eppure è pulito, cioè consente di individuare nettamente tutti i sentori e gli aromi, anche sul finale. Dunque oltre alla pulizia ciò che lo caratterizza è la longevità in degustazione, è un vino che non ti abbandona ma resta a lungo in bocca e si evolve. E’ un vino strutturato con uno stile un po’ mascolino ma al tempo stesso è esile e aggraziato, dunque non rischia mai di essere invadente.

–       Quali sono i vostri prossimi progetti e come vedete il futuro dell’Incrocio Manzoni?

Di certo vediamo un futuro positivo per l’Incrocio Manzoni, una crescita sia nazionale che oltre i confini del nostro Paese. Noi stessi lo stiamo facendo conoscere poco per volta ai clienti stranieri e il feedback è assolutamente positivo. Dunque fra i nostri progetti c’è quello di riuscire a dare internazionalità a questo vino, un vino in cui crediamo molto che di certo ha la forza per conquistare anche i consumatori esteri proprio grazie al suo stretto legame con il territorio d’origine.

Paolo Verdini
per Newsfood.com

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