L’aglio cinese di Jinxiang Da Suan ottiene il riconoscimento IGP. I Pizzoccheri di Pastificio Annoni, NO

7 Novembre 2011
Non abbiamo nulla contro la Cina e nessun altro paese ma una notizia come questa come la spieghiamo alla signora Maria?
Significa che tra un po’ ogni paese potrà/dovrà certificare le sue eccellenze?
Ben venga un’etichetta con l’indicazione dell’origine ma l’IGP non ci pare che certifichi la provenienza ma solo la rispondenza al Disciplinare di quel “prodotto”.
Il consumatore quindi dovrà essere preparato e conoscere i vari ed innumerevoli disciplinari di ogni prodotto e/o categoria (DOP, IGP, DOPG, ecc..) salvo che non si alleghi ad
ogni testa d’aglio IGP (di Jinxiang) un libretto con il suo disciplinare, alla mortadella IGP di Bologna il suo (dal quale si evince che può NON essere carne italiana, può Non
essere lavorata in Italia…basta che sia confezionate i 6 o 7 regioni previste dal disciplinare! Sob!! E poi diciamo che gli stranieri ci taroccano il nostro Made in Italy!
Vogliamo parlare di pizzoccheri della Valtellina?
Il Pastificio Annoni non riesce ad ottenere il marchio IGP, nonostante che sia il più grosso produttore ed inventore dei pizzoccheri in barretta. La sua sede è sempre nel bacino
dell’Adda ma in provincia di Bergamo, extra Sondrio, extra Valtellina.
Qualcuno dice che sia giusto salvaguardare i prodotti del territorio.
Bene.
I pizzoccheri si fanno con il grano saraceno che non viene più coltivato in Valtellina ed allora?
La mortadella ha un disciplinare ed i pizzoccheri, un altro.
Ma il disciplinare dei pizzoccheri regolamenta “la ricetta dei pizzoccheri della Valtellina” o la pasta che serve per fare i Pizzoccheri alla voltellinese?
Abbiamo chiamato al telefono Alessandro Manzoni e ci ha confermato che nemmeno l’Azzeccagarbuglio è riuscito a risolvere il problema ma è sulla buona strada e riuscirà
sicuramente a sbrogliare la matassa non appena arriveranno i quattro capponi promessi.
Di una cosa siamo certi: quando le regole e le norme sono troppe e confusionali, si fa solo il gioco di chi vuole aggirare le leggi e truffare impunemente il povero consumatore.
Giuseppe Danielli
Newsfood.com
(Comunicato stampa di Coldiretti)
L’Unione Europea attribuisce per la prima volta all’aglio cinese di Jinxiang Da Suan il riconoscimento e la tutela comunitaria come prodotto ad Indicazione geografica Protetta
(IGP). Lo rende noto la Coldiretti nel sottolineare che la Commissione Europea ha pubblicato l’iscrizione nel registro delle Dop e delle Igp della denominazione richiesta dalla Repubblica
popolare cinese sulla gazzetta ufficiale comunitaria del primo novembre per questo aglio cinese.
Come noto – sottolinea la Coldiretti – l’Unione Europea ha aperto il proprio registro delle denominazioni ai paesi extracomunitari, nell’ottica di rendere compatibile la sua normativa con le
richieste dell’organizzazione mondiale del commercio (WTO) e per mettere le basi per un mutuo riconoscimento delle denominazioni.
I cinesi sono i piu’ grandi consumatori e produttori di aglio a livello mondiale e la notizia ha creato l’allarme tra i produttori nazionali del gustoso bulbo che è
particolarmente apprezzato in Italia con un consumo stimato – sostiene al Coldiretti – in 50 milioni di chili all’anno in molti piatti della cucina tradizionale, a partire dalla piu’ semplice
bruschetta.
Nel 2010 l’Italia – afferma la Coldiretti – ha importato direttamente dalla Cina quasi 2,5 milioni di chili di aglio ma gli arrivi dal gigante asiatico nei primi sette mesi del 2011 sono
aumentati del 18 per cento e soprattutto non tengono conto delle triangolazioni commerciali che spesso si verificano nel commercio del “profumato” condimento. Il gigante asiatico infatti –
continua la Coldiretti – è stato spesso al centro di denunce dell’Olaf, ufficio anti-frodi dell’UE, per le operazioni di triangolazione che modificano l’origine del prodotto cinese,
finalizzate a non pagare i dazi, provocando perdite al fisco per milioni di euro e, aggiungiamo, danni ai produttori comunitari di aglio.
A rischio – continua la Coldiretti – ci sono i tanti agli tradizionali italiani che sono peraltro conosciuti e apprezzati nel mondo ed entrano come condimenti ricercatissimi nelle ricette
più rinomate: l’aglio rosso di Sulmona e l’aglio polesano, e ancora l’aglio bianco di Vessalico, l’aglio dell’Ufita, l’aglio di Molino dei Torti, l’aglio di Resia, l’aglio Massese, gli
agli rossi di Castelliri, di Nubia, di Procedo, il maremmano e l’aglio di Monticelli sono solo alcuni esempi delle specialità offerte sul territorio nazionale.
Potenzialmente – spiega la Coldiretti – la produzione di aglio cinese che potrebbe essere commercializzata con marchio comunitario IGP è pari a cinque volte il totale della produzione
comunitaria. A preoccupare – continua la Coldiretti – è la reazione del consumatore europeo ed italiano, che potrebbe essere tratto in inganno dal marchio comunitario, scambiando il
prodotto cinese per un prodotto dell’Unione Europea.
In Italia la produzione di aglio interessa oltre 3000 ettari di terreno, per una produzione attorno ai 30 milioni di chili e di conseguenza i consumi sono soddisfatti per quasi il 50 per cento
dalle importazioni. La Cina nel 2010 ha conquistato il triste primato nel numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari perché contaminati dalla presenza di micotossine,
additivi e coloranti al di fuori dalle norme di legge, da parte dell’Unione Europea. Su un totale di 3.291 allarmi per irregolarità ben 418 (13 per cento) – conclude la Coldiretti –
hanno riguardato la Cina per pericoli derivanti dalle contaminazioni dovute sopratutto a materiali a contatto con gli alimenti, sulla base della Relazione sul sistema di allerta per gli
alimenti.
Redazione Newsfood.com+WebTv