FREE REAL TIME DAILY NEWS

La pizza napoletana è SGT: troppa grazia San Gennaro!

La pizza napoletana è SGT: troppa grazia San Gennaro!

By Redazione

Evviva! Anche la pizza (lei sì che rappresenta il Made in Italy, altro che la crema di carciofi…) ha il suo regolamento.

In rete i comunicati non mancano anche se, come è cattiva abitudine dei media, nessuno pare abbia letto con un po’ di attenzione l’intero regolamento, che invece, come è nostra buona abitudine, abbiamo subito messo a disposizione dei nostri lettori (vedi la rubrica LEGISLAZIONE ALIMENTARE e le Note Finali).

Noi, che invece ci siamo lette tutte e dieci le pagine, abbiamo trovato alcuni elementi che meritano qualche approfondimento.

Buona notizia, dunque, ma…
Già nei considerando troviamo alcune curiosità. Pare che la Germania e la Polonia si siano opposte.

La Germania ha sollevato problemi legati alla farina (il disciplinare autorizzerebbe un tipo di farina disponibile solo in Italia): è stato, però, raggiunto un accordo, in base al quale, entro un termine di sei mesi, le limitazioni legate all’utilizzo di talune farine di grano saranno revocate (ma di farina riparleremo più avanti).

La Polonia ha invece osservato che il nome (Pizza Napoletana) non sarebbe “di per sé specifico”. A quanto pare, però, anche questo ostacolo è stato in qualche modo superato.

Si arriva, poco oltre, alla descrizione del prodotto: scopriamo così che “il diametro…non deve superare 35 cm… la parte centrale sarà spessa 0,4 cm con una tolleranza (!) consentita pari a ± 10%, il cornicione 1-2 cm, il cornicione (quello che noi abbiamo sempre chiamato bordo) 1 – 2 cm.”. Ma questo è niente!

La farina dovrà avere le seguenti caratteristiche: “W: 220-380, P/L: 0,50-0,70, Assorbimento: 55-62, Stabilità: 4-12, Indice di caduta E10: max.
60, Falling number (indice di Hagberg): 300-400, Glutine secco: 9,5-11 g %, Proteine: 11-12,5 g %”
.

E ancora: “Le caratteristiche dell’impasto sono le seguenti, con una tolleranza per ognuna di esse del ± 10 %: Temperatura di fermentazione: 25 °C, pH finale: 5,87, Acidità totale titolabile: 0,14, Densità: 0,79 g/cm3 (34 %) … Con un movimento dal centro verso l’esterno e con la pressione delle dita di entrambe le mani sul panetto, che viene rivoltato varie volte, il pizzaiolo forma un disco di pasta in modo che al centro lo spessore non sia superiore a 0,4 cm con una tolleranza consentita pari a ± 10 % e al bordo non superi 1-2 cm, formando così il «cornicione». Per la preparazione della «Pizza Napoletana» STG non sono consentiti altri tipi di lavorazione, in particolar modo l’utilizzo di matterello e/o di macchina a disco tipo pressa meccanica”.

Seguono dettagliate indicazioni relative ai metodi da seguire per aggiungere gli ingredienti di condimento (“… con un’oliera a becco e con movimento a spirale si distribuiscono sulla superficie, partendo dal centro, 4-5 g di olio extra vergine di oliva, con una tolleranza consentita pari a 20 %…”), per arrivare poi alla cottura (… ” Temperatura di cottura platea: 485 °C circa, Temperatura della volta: 430 °C circa, Tempo di cottura: 60-90 secondi, Temperatura raggiunta dalla pasta: 60-65 °C, Temperatura raggiunta dal pomodoro: 75-80 °C, Temperatura raggiunta dall’olio: 75-85 °C, Temperatura raggiunta dalla mozzarella: 65-70 °C …”

Il regolamento prosegue con interessanti note storiche (“La comparsa della «Pizza Napoletana» può essere fatta risalire a un periodo storico che si colloca tra il 1715 e il 1725.”) e con le caratteristiche del LOGO:

Il logo che può individuare la «Pizza Napoletana» è il seguente: un’immagine ovale ad impostazione orizzontale di colore bianco con contorno in grigio chiaro, che rappresenta il piatto nel quale viene presentata la pizza, riprodotta in maniera realistica ed allo stesso tempo graficamente stilizzata rispettando pienamente la tradizione e raffigurante gli ingredienti classici, quali il pomodoro, la mozzarella le foglie di basilico e un filo di olio di oliva.

Colori nazionali del prodotto
Appena sovrapposta al piatto contenente la pizza, compare una finestra rettangolare di colore rosso, con angoli fortemente arrotondati, contenente la scritta in bianco contornata in nero, con ombra sfalsata in verde con contorno in bianco: «PIZZA NAPOLETANA STG». Su tale scritta, in alto, leggermente spostato a destra, con caratteri di corpo inferiore e di tipo diverso e di colore bianco, vi è la scritta «Specialità Tradizionale Garantita». In basso, poi, al centro, con lo stesso carattere del logo, «PIZZA NAPOLETANA STG», in maiuscoletto, in bianco con contorno nero, è sovrapposta la dicitura: «Prodotta secondo la Tradizione napoletana».

E, per la precisione:

PIZZA NAPOLETANA STG: carattere Varga

Specialità Tradizionale Garantita: carattere Alternate Gothic

Prodotta secondo la tradizione napoletana: carattere Varga

Infine vengono stabiliti i colori, sia dell’immagine della pizza (“beige carico del cornicione: Pantone ProSim 466, …”, sia della parte grafica e dei caratteri (“il grigio del bordo del piatto ovale: Pantone ProSim P.Grey-3CV…, “).

Concludendo:

i consumatori, per non essere truffati, dovranno abituarsi ad andare in pizzeria con, almeno, un centimetro ed un termometro;

i pizzaioli, per non incorrere negli strali degli Organismi di Controllo, dovranno adibire parte del locale a laboratorio d’analisi (pHmetro, colorimetro, alveografo, farinografo, …).

Fuor di scherzo: il regolamento è ineccepibile dal punto di vista della completezza, ma la sua corretta applicazione non può non suscitare qualche perplessità, in quanto presuppone l’instaurarsi di un vero e proprio mini-Sistema Qualità: valutazione dei fornitori e controlli di accettazione (farina), controlli di processo (impasto, lievitazione, cottura), controllo del prodotto finito, addestramento, … con relative registrazioni dei risultati.

Come verranno coinvolti i “pizzaioli”? Chi si occuperà di addestrarli? E soprattutto: chi vigilerà sulla corretta applicazione del disciplinare (e sull’aumento dei prezzi, unica cosa che ci sentiamo di GARANTIRE)?

Ci piacerebbe tanto che i tre Enti indicati dal regolamento (Certiquality srl, DNV Der Noske Veritas Italia, ISMECERT) ci aggiornassero, di tanto in tanto, sull’esito dei loro controlli.

E non siamo i soli a nutrire qualche perplessità sull’efficacia dell’iniziativa.

Scrive Domenico Murrone su http://www.aduc.it

“Per vincere la sfida della globalizzazione l’Italia del buon cibo si affida sempre di più alla burocrazia. Dopo la sfilza di doc (per i vini), di dop (per formaggi e salumi), arriva anche l’S.T.G., la specialità tradizionale garantita che ‘proteggerà’ la vera pizza napoletana dalle imitazioni.

Le tradizioni reggono finché producono soldi, con la vendita dei prodotti o dei servizi collegati, alimentando un circuito virtuoso (utili/investimenti/innovazione/utili). Purtroppo gli strateghi del settore riescono solo a immaginare tattiche difensive. Mai sentita un’associazione di agricoltori o di produttori stimolare la creazione di una catena di distribuzione di cibi e prodotti alimentari Made in Italy. Mentre noi della tradizione culinaria italiana ci riempiamo la bocca, a fare i soldi con panini, pizze e caffè sono gli statunitensi. Che sanno bene che gli utili si producono se i prodotti, tipici o no, marchiati o no, si portano dove il consumatore li può acquistare.

La catena di pizzerie più diffusa al mondo é Pizza Hut presente in oltre 100 Paesi (10.000 punti vendita, di cui 4.000 fuori dagli Usa). Sono più di 30.000 i ristoranti McDonald’s in tutto il mondo, di cui solo 13.000 negli Stati Uniti. I caffè Starbucks al di fuori degli Usa sono circa 4.000. Ecco il punto, noi abbiamo le tradizioni … il saper fare … “u sole” … “o mare”, gli altri fanno i soldi. Gli altri aprono i negozi per vendere prodotti, magari sono meno allettanti al palato ma disponibili per il consumatore, noi impieghiamo risorse per ottenere centinaia di marchi di tutela, e scrivere nei disciplinari prescrizioni come questa:

a) pizza napoletana marinara: con un cucchiaio si depongono al centro del disco di pasta g 80 di pomodori pelati frantumati; con movimento a spirale il pomodoro viene sparso su tutta la superficie centrale; con un movimento a spirale si aggiunge del sale sulla superficie del pomodoro; allo stesso modo si sparge un pizzico di origano; si taglia uno spicchio di aglio, precedentemente privato della pellicola esterna, a fettine e lo si depone sul pomodoro; con una oliera a becco e con movimento spirale si distribuisce sulla superficie, partendo dal centro, 4-5 grammi di olio extra vergine di oliva.”

Infine, due parole sull’origine degli ingredienti.

Citiamo testualmente:

“Le materie prime di base caratterizzanti la «Pizza Napoletana» sono: farina di grano tenero, lievito di birra, acqua naturale potabile, pomodori pelati e/o pomodorini freschi, sale marino o sale da cucina, olio d’oliva extravergine. Altri ingredienti che possono essere utilizzati nella preparazione della «Pizza Napoletana» sono: aglio e origano; Mozzarella di Bufala Campana DOP, basilico fresco e Mozzarella STG.”

Come si può notare, per nessun ingrediente, a parte le mozzarelle, viene prescritta una determinata origine geografica: sarà forse per questo che, come ci informano le cronache:
“Napoli non ci sta al fatto che il ministro [Zaia – N.d.A.] «sia andato da McDonald’s e non sia venuto qui, come promesso, per festeggiare il marchio Stg»”.

Note finali

Napoli festeggia la Pizza Stg, ma Zaia non c’è

REGOLAMENTO (UE) N. 97/2010 del 4 febbraio 2010 – Recante registrazione di una denominazione nel
registro delle specialità tradizionali garantite [Pizza Napoletana (STG)]

 

Dott. Alfredo Clerici
Tecnologo Alimentare

Newsfood.com

VISITA LO SHOP ONLINE DI NEWSFOOD