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In Europa siamo Figli di un Dio Minore: Urge meno PAC più PEA

In Europa siamo Figli di un Dio Minore: Urge meno PAC più PEA

By Redazione

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Milano, 15 gennaio 2013
Europa. Coerenza e coraggio per le migliori produzioni nazionali. Urge un forte cambiamento da Pac a Pea, da Politica Agricola Comunitaria a Politica Economica Agricola.

Nelle sedi dell’Europa Unita slittano le decisioni. Tutto rimandato a dopo la definizione della disponibilità reale del budget. Un bilancio pluriennale 2014-2020 che non deve confermare il
galleggiamento e non deve confermare scelte oramai vecchie per lo scenario che avanza.
Il budget è importante, ma finanza e politica economica non sono più sufficienti per un Paese, men che meno per una Unione, solo monetaria e solo di compromessi e convenzioni.
 
Giustamente il presidente Draghi ha detto che la politica di un Paese non può danneggiare un altro Paese, evviva la esternalità positiva. Questo principio economico sottintende un
insieme di considerazioni, deve accompagnare scenari diversi, dove la collettività di un paese diventa un fattore economico nuovo.
Il principio della coesione, sia sociale che economico, è un elemento politico di fondamentale importanza. E’ un pilastro della fattiva collaborazione che regge in Europa, ma oggi diventa
prioritario di fronte ad un lenzuolo sempre più corto, sempre più stiracchiato a piacere, sempre più lontano dalle aspettative e obiettivi del cittadino europeo, soprattutto
quando vengono “regolamentati” fattori che sono assai differenti da un Paese all’altro.
Come può essere perseguita la concorrenza leale, la difesa degli interessi delle minoranze, la tutela di beni e prodotti speciali…se i parametri e le condizioni sono diverse e
soprattutto se si vogliono consolidare, se si vuole che esistano due velocità economiche perché così la speculazione consente grandi operazioni e grandi guadagni, soprattutto
poi con tassazioni bassissime, quando ci sono.  
Il 2013  si riapre con la questione della Pac: speriamo che resti valido il concetto di non accettare come Governo Italiano nessun compromesso al ribasso ( negli ultimi 50 anni, escluso
alcuni momenti, l’Italia ha sempre barattato l’agricoltura per altre necessità). Anzi l’Italia, paese fondatore e fra i maggiori contribuenti dell’Ue, deve porre sul tavolo comunitario una
nuova agenda, un nuovo libro verde, una nuova vertenza Europa per dare più politica e meno burocrazia, più valori alle produzioni regionali e meno condivisione formale, più
sostanza in termini di agricoltura attiva e meno condivisioni unitarie su fattori non comuni a tutti i Paesi.
E’ arrivato il momento, grazie alla crisi generale mondiale che mostra ancora difficoltà almeno nel breve-medio periodo, di abbandonare i compromessi al ribasso, la unanimità di
consenso su problematiche specifiche e geografiche e le alchimie monetarie e puntare di più sulla politica economica agricola della Ue. Più PEA e non PAC.    
L’Italia ha e deve avere sempre più una agricoltura forte, identificativa, integrata, aperta e multifunzionale. Questi sono i cardini indispensabili di politica e filosofia di un
asset-paese che vale 250 miliardi di euro l’anno di Pil, che ancora oggi è il settore che crea posti di lavoro e nuove imprese, che vale come esportazione di marchio il doppio, per
esempio, del comparto auto.
Se si dovesse sommare anche il valore “rubato” da imitazioni, falsi, pirateria, usurpazione, italian sounding,  il made in Italy agro-alimentare-industriale-gastronomico potrebbe aggiungere
altri  100 mld di euro al bilancio consolidato.
Quanti posti di lavoro in più si creerebbero se ci fosse una alta politica comunitaria a tutela dei nostri marchi. Non è sufficiente oggi definire regole per 27 paesi, bisogna
adottare tutte le strade possibili riconosciute dai 198 Paesi del mondo a rispettare i marchi e i brand.
“Safeguard” deve essere uno dei capisaldi della PEA  per rimarcare l’importanza che ogni voce di bilancio e quindi anche il budget 2014-2020 guardi al valore di salvaguardia, di difesa, di
valore aggiunto. Ricordiamoci che a parità di valore prodotto il bilancio federale Usa destina molte più risorse all’agricoltura, notoriamente estensiva, di grandi dimensioni, molto
settoriale.  
Ancora il presidente Draghi, prima di dicembre, è intervenuto  con un tackle calcistico sul tema sostenendo che troppe volte l’Europa ha adottato compromessi al ribasso, ha rinunciato
a prendere decisioni, ha preferito un percorso stabile e stazionario,  mentre altri Paesi Emergenti correvano, non solo in termini di aumento del Pil, ma anche copiando i marchi leader, i
progetti migliori.
Una Europa rivolta troppo al proprio interno, troppo procedurale non è utile in un momento in cui è molto forte la crisi di soddisfazione, la riflessione economica mentale da parte
dei consumatori più deboli, dei Paesi più esposti a speculazioni e a recessione su consumi anche ordinari e quotidiani.  
Una crisi globale deve essere anche una occasione per rivedere certi passaggi, cambiare, imporre non solo duri sacrifici, ma anche fare grandi scelte e adottare nuove forme sostanziali di governo
di una politica economica comunitaria vera. Il bilancio pluriennale UE è un pretesto, ben più importanti per gli agricoltori saranno i meccanismi di applicazione e le misure che
saranno emanati.

by Amusoduro
articolo in esclusiva per Newsfood.com
© Riproduzione riservata

 

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