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Il Settore del Biologico: nessuna crisi, tutti i canali in crescita

By Redazione

Per l’ennesima volta assistiamo ad analisi di stampa affrettate e ben lontane dalla realtà. L’indagine dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare prende in esame solo i
prodotti confezionati e con codice a barre (escludendo i prodotti venduti allo stato sfuso o a peso variabile, come l’ortofrutta) nella grande distribuzione organizzata (super e ipermercati),
un canale il cui peso per i prodotti biologici è inferiore a un terzo del mercato complessivo.
Oltre alla grande distribuzione (il cui assortimento di prodotti bio non supera le 300 referenze), infatti, propongono prodotti biologici oltre 2.000 punti di vendita diretta gestiti dai
produttori, oltre 1.000 negozi specializzati (il cui assortimento supera anche le 3.000 referenze), circa 200 mercati, un numero imprecisato ma crescente di gruppi d’acquisto; prodotti
biologici rientrano nell’assortimento di migliaia di negozi tradizionali e dell’intero canale erboristerie. E proprio a questi canali specializzati, in grado di offrire una gamma completa, si
rivolgono i consumatori fedeli di prodotti biologici : il canale della grande distribuzione ha come cliente tipo il consumatore occasionale. La copertura dell’analisi Ismea, pur offrendo utili
informazioni su un fenomeno in crescita, è quindi estremamente parziale ed è del tutto improprio estendere la stima della contrazione del 2.5% nella grande distribuzione
all’intero settore che, anzi, è in netta crescita.

La stessa Ismea aveva rilevato per il 2001 un tasso di crescita del fatturato di prodotti biologici dell’87,8% rispetto al 2000 (che a sua volta aveva guadagnato il 35% sul 1999). Anche allora,
rilanciando i dati, la stampa aveva omesso la non banale precisazione che l’analisi era limitata alla grande distribuzione. Se nel 2001, al di là delle sintesi affrettate, il fatturato
del settore non era certo quasi raddoppiato (erano solo quasi raddoppiate le vendite nei supermercati, su poche centinaia di prodotti e partendo da valori iniziali estremamente bassi),
così oggi il settore non registra nessuna crisi, al contrario. Il campione di AssoBio basato sui dati delle maggiori imprese di trasformazione e distribuzione di prodotti biologici
registra un incremento medio del fatturato Italia 2006 dell’8.86% (l’aumento era del 6.20% nel 2005). Di più: l’incremento 2004/2006 delle vendite alla rete di punti vendita
specializzati è del 19.72%, al normal trade è del 38.71%, all’industria di trasformazione è del 173.02%, a grossisti del 60.94%, alla ristorazione del 52.59%, ad altri
canali del 13.79%.

Eccellenti anche i dati dell’export, che dal 2004 ha registrato un aumento del 48.66% (con un 111.56% verso la Germania e un 140.18% verso il Regno Unito; del 66.67% è l’aumento delle
esportazioni verso Paesi extra-europei). Il campione di aziende prese in esame nell’ultimo biennio ha incrementato l’occupazione del 13.33% (del 25% l’aumento degli addetti allo strategico
reparto assicurazione qualità). Questi dati, uniti all’aumento del numero di aziende che adottano il metodo biologico (44.733 produttori, 4.537 imprese di trasformazione e 185
importatori nel 2005, con un incremento del 21,7% rispetto al 2004), testimoniano la salute del comparto, che è in assoluto quello che segna i migliori risultati di tutto
l’agroalimentare italiano. La pur leggera controtendenza riguarda solo il canale super/ipermercati, che non può vantare le brillanti performance che registra all’estero (il 55% dei 3.9
miliardi di vendite sul mercato biologico tedesco è appannaggio di supermercati e discount).

Dopo aver imposto il proprio marchio commerciale sulla quasi totalità dei prodotti biologici che trattano, ostacolando così la crescita di forti marchi delle aziende di
produzione, le catene italiane hanno diradato o sospeso le iniziativa di promozione, della quale non possono certo farsi carico i fornitori, resi anonimi dai contratti di fornitura a marchio.
Il volume di prodotti biologici che transita nei supermercati europei è testimone della crescente domanda anche da parte dei consumatori occasionali. La grande distribuzione estera ha
compreso che intercettare questa clientela con buona disponibilità di spesa, resa più ottimista dalla ripresa economica e alla ricerca di prodotti di qualità è
un’opzione vincente. Nel continente solo la grande distribuzione italiana è lenta nel cogliere le dinamiche della domanda, non insidiando la pole position di un canale specializzato in
netta crescita e in grado di soddisfare i clienti con la sua gestione estremamente professionale del prodotto.

Fonte: www.greenplanet.net

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