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E’ possibile assegnare un dipendente pubblico a nuove mansioni purché non si verifichi uno svuotamento dell’attività lavorativa

E’ possibile assegnare un dipendente pubblico a nuove mansioni purché non si verifichi uno svuotamento dell’attività lavorativa

By Redazione

Il dipendente pubblico puo’ essere adibito a nuove mansioni, considerate dalla contrattazione collettiva equivalenti a quelle svolte in precedenza, purche’ questo non comporti lo svuotamento
pressoche’ totale dell’attivita’ lavorativa.
Il giudizio, della Sezione Lavoro della Corte di cassazione, ha preso in esame il caso di un architetto, dipendente dal Comune di Napoli, responsabile dei procedimenti di Denuncia di Inizio di
Attivita’ (DIA) e delle pratiche relative al sisma del 1981, il quale, avendo denunciato lacune nella struttura organizzativa, era stato privato della funzione di responsabile delle DIA,
attribuita ad altro funzionario. Anche nel pubblico impiego, come aveva rilevato dapprima la Corte di Appello e come ha ora confermato la Consulta, e’ applicabile il principio del codice civile
in base al quale va garantito, oltre al livello retributivo raggiunto, anche il rispetto dell’equivalenza delle nuove mansioni per tutelare la corrispondenza tra il patrimonio professionale del
lavoratore e la sua collocazione all’interno dell’organizzazione.
Il principio dell’equivalenza viene violato se il lavoratore, pur conservando l’inquadramento precedente, viene privato di una parte rilevante delle mansioni, cosa che era avvenuta nel caso in
questione perche’ le precedenti funzioni dell’architetto comportavano controlli piu’ penetranti diretti a frenare l’abusivismo sulle dichiarazioni DIA mentre le pratiche relative al post
terremoto, a distanza di quasi 20 anni dall’evento, erano indubbiamente meno rilevanti. Il concetto di “equivalenza formale” delle mansioni, anche se affermato nella contrattazione collettiva,
non puo’ essere estremizzato al punto da consentire sostanzialmente lo svuotamento pressoche’ totale dell’attivita’ lavorativa, come nel caso del ricorrente a cui erano rimasti compiti puramente
formali. Quando questo avviene, ha concluso la Corte, non si tratta piu’ di equivalenza delle mansioni ma di sottrazione pressoche’ integrale di ogni funzione da svolgere, che e’ certamente
vietata anche nell’ambito del pubblico impiego.

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