DELI-TO-GO la nuova categoria di Piatti pronti protagonista del mercato futuro
26 Febbraio 2008
Rimini – La giornata finale della 38a Mostra Internazionale dell’Alimentazione ha visto protagonista il mondo della GDO, presente a Rimini Fiera per il 1° GDO BUYERS
DAY, una giornata dedicata ai decisori d’acquisto delle catene della distribuzione a partire una tavola rotonda coordinata da Daniele Tirelli, Partner di Food Lab e Presidente di
Popai, dal titolo Deli-To-Go Gastronomia rapida di seconda generazione.
Deli-to-go è una categoria di prodotti alimentari proposti dalla distribuzione e che abbina qualità e tradizione unite alla praticità nella preparazione. Intorno a questo
nuovo concetto sta nascendo la convergenza tra forme di ristorazione che estendono la loro offerta al consumo domestico con formati di vendita a libero servizio e che si dotano di laboratori
per prodotti da asporto. La conseguenza più rilevante è pertanto la tendenza a valorizzare nuove soluzioni di pasto pronto take away, orientate alla qualità, al risparmio
di tempo per un consumatore sempre di fretta.
Daniele Tirelli, Presidente POPAI e partner FoodLab, ha introdotto la mattinata di lavori contrapponendo all’allarmismo sul calo dei consumi e la crescita dei costi dei beni
alimentari, alcune cifre che testimoniano scenari diversi.
«Se fosse vero come qualcuno dice – ha detto Tirelli – che il potere d’acquisto sarebbe tagliato del 30%, significherebbe affermare tesi apocalittiche e fuori luogo.
L’Istat ci dice che dal 1970 al netto dell’inflazione i consumi alimentari sono aumentati del 42% e i consumi più che raddoppiati. La verità è che ogni tanto l’economia si
prende una pausa e quando ciò accade sembra che tutto crolli. Invece questi sono i tempi nei quali l’imprenditoria aguzza l’ingegno e avvia un nuovo processo di crescita. Proprio al
tempo dello shock petrolifero nacquero da una parte gli ipermercati, altri invece urlavano la crisi e tiravano fuori i calesse. La realtà è che dal 1970 a oggi il peso
dell’alimentazione sul bilancio della famiglia è sceso dal 31% al 14%. Eppure gli italiani percepiscono di spendere molto di più, fuori e dentro casa, a causa di un allarmismo
esagerato, che li spinge ad immaginare una percentuale fra il 20 e il 30%. Stessa percezione per i ristoranti».
A proposito del Deli-to-go, Tirelli ha evidenziato il modello americano come in grado di trasmettere nuove idee di prodotto e di tendenze.
«In realtà si tratta di uno scambio fra culture. Gli italiani chiedono servizio, pretendono piatti e forchette, mentre gli americani trasportano il cibo poi lo mangiano in posti
diversi ad esempio in auto. Riassumendo, il ‘to-go’ è movimento in Usa (auto, mobilità, praticità, destrutturazione pasti), in Italia invece è associato al servizio,
alla consegna a casa, alla specialità. Il Deli-to-go che avremo sarà un mix fra rapidità e specializzazione che tendenzialmente importeremo e le nostre peculiarità
legate a freschezza e semplicità. La grande distribuzione americana va verso il deli-to-go con ampi spazi dedicati, idem sul fronte del packaging, con soluzioni innovative per il
prodotto alimentare. Presto anche l’Italia, al di là dei primi progetti già avviati, vedrà la performance di vendita di questa categoria di prodotti, una sorta di rimonta
del cibo tradizionale che però deve abbinare i requisiti della freschezze e preparazione immediata per la degustazione».
Alcuni dati di una ricerca Food Lab confermano le tesi di Tirelli. L’85,8% degli italiani ha acquistato un prodotto da asporto ultimi sei mesi, mentre il 70% gradirebbe una serie di portate
già pronte da prelevare al supermercato per realizzare una cena a casa.
Attesissimo alla MIA Oscar Farinetti, imprenditore torinese che dopo un’esperienza nel campo dell’elettronica di consumo è ora protagonista di Eataly,
una nuova forma di gastronomia e di mercato alimentare partita da Torino e pronta ad espandersi in tutto il mondo.
Farinetti è ha espresso subito la sua convinzione di fondo: «Sono disponibile e alleato di chi vuole sferrare un attacco contro chi afferma che il cibo è caro. Proviamo a
paragonare certi servizi, l’autostrada, la richiesta di un’informazione telefonica e vi accorgerete che chiedere al telefono l’indirizzo di un ristorante costa come 150 grammi di ottimo
parmigiano. Ovvio chiediamoci anche quali errori compiano noi del settore e il perché la gente pensa che i prodotti alimentari siano cari.
Il mio parere è che la distribuzione commerciale non è riuscita a caricare di valore immateriale il cibo, quindi il consumatore ne percepisce un basso valore.
Il mio percorso imprenditoriale è volto a caricare di valore immateriale vero il bene cibo. Il metodo è raccontare i valori alla gente e quello del cibo è il più
importante perché ciò che compriamo finisce nel nostro corpo.
Io però guardo agli americani per fare esattamente l’opposto. Perché il cibo viene dalla terra e lì i maestri siamo noi. Abbiamo la fortuna di avere il background
più importante del mondo, la cucina più easy: la campana, piemontese e toscana, esportabili facilmente. Io auspico che le potenti insegne commerciali si impegnino per campagne di
informazione sul valore del bene che vendiamo».
Farinetti ha poi descritto il fenomeno Eataly che al primo anno di attività ha messo insieme un incasso di 31,2 milioni di euro dalle vendite, con una superficie
dedicata di 2500 mq ai quali si aggiungono 9mila mq dedicati a musei e sale convegni. Il 70% dell’incasso proviene dalla vendita di prodotti alimentari, il 30% dalla ristorazione. In un anno,
2,5 Eataly ha avuto milioni visitatori, dei quali 1,5 milioni hanno fatto acquisti.
«Ci definiamo un mercato e il modello di riferimento, quello che ci ispira idee e iniziative, è quello di Istanbul. Però facciamo anche informazione, educazione e cultura.
Credo che per trasmettere valori si debba dialogare e noi parliamo costantemente al consumatore. Abbiamo lavorato molto su aspetti come la freschezza e la valorizzazione dei prodotti del
territorio. Ma per spiegarsi è meglio usare le persone e noi lo facciamo con un esperto di 83 anni che consiglia gratuitamente gli acquisti. Eataly aprirà presto punti vendita a
Tokyo e New York, poi altri nove punti vendita sono previsti in Italia. Pensiamo di far progredire il fatturato fino a 35 milioni nel 2008, immaginiamo l’aumenti delle vendite di prodotti
freschi e della ristorazione».
Sergio Comito Viola (Direttore BusinessUnit Pasta Meals Out of Home Barilla e Granmilano) ha sottolineato l’importanza dei fattori emozionali a riguardo della percezione dei
costi negli alimenti, ma è fuori discussione che dal punto di vista economico il peso del cibo nella spesa degli italiani non sia quello di cui si parla. Comito Viola ha poi raccontato
l’esperienza di Barilla, i progetti come ‘Eat In’ applicati di ristorazione all’interno delle superfici di vendita con ottimo successo. Per la prima volta in Italia, Barilla alla MIA ha
presentato il progetto ‘Pastabar’, una formula per cogliere opportunità del lunch bar.
Valter Gallo (Marketing Manager di Unilever Food Solutions): «Il deli-to-go apre la strada ad un nuovo modo di concepire alimentazione destrutturata degli italiani.
L’emozione porta determina dei comportamenti ed è facile immaginare l’arrivo di nuovi modelli, fattore col quale sono alle prese sicuramente le catene. Personalmente dagli Usa vorrei
evitare di importare un modello che vuole il consumatore che cammina con un piatto in mano. Noi abbiamo una cultura diversa per fortuna». Gallo ha poi presentato il progetto Art in
Cooking nel quale si coniugano arte e cibo con pubblicazioni e iniziative di ottimo successo.
Susanna Bellandi (Amministratore Delegato Future Brands) ha affrontato l’argomento sotto il profilo del marketing, citando esempi anche curiosi come valigetta con pranzo quasi
cotto e trasportato verso appartamenti che a New York sono ormai senza cucina. Presentati anche progetti che enfatizzano etnicità, facilità di preparazione, piselli già
cotti con packaging in uso nei succhi e liquidi.
«Il nostro consiglio – ha detto Bellandi – è creare nuove forme personalizzate per il cibo, trasmettere emozioni nella parte ‘on-the-go’ del prodotto, cavalcare con convinzione il
trend ecologista, informare chiaramente e dialogare con il consumatore».