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Crisi dei suini, appello delle Province lombarde

By Redazione

Le Province della Lombardia si mobilitano per trovare una via d’uscita alla crisi degli allevamenti suini, oggi a Milano hanno approvato un ordine del giorno promosso da Lodi per chiedere al
Governo di rendere più trasparente l’etichettatura dei salumi con l’indicazione di origine delle carni usate (italiane o straniere), per modificare a favore dei consumatori la legge
sulla produzione degli insaccati e per vigilare sull’intera filiera dove alla fine a pagare sono sempre gli stessi.

Da una parte, infatti, ci sono gli allevatori, che incassano poco più di un euro a chilo e dall’altra i consumatori, che arrivano a pagare 7 euro al chilo la carne di maiale. Proprio per
vigilare su possibili fenomeni speculativi è stato anche chiesto l’intervento di «Mister Prezzi», il Garante della sorveglianza sul caro vita. «Ci stiamo muovendo –
afferma Fabrizio Santantonio, vice coordinatore dell’Unione delle province lombarde e assessore lodigiano all’agricoltura – per valorizzare un comparto che è strategico non solo per il
nostro territorio, ma per tutta la regione. Non dimentichiamo che su oltre 9 milioni di suini allevati in Italia, più di 5 milioni arrivano dagli allevamenti della nostra regione e
servono a produrre i prosciutti Parma e San Daniele. Non possiamo certe permettere che una tale ricchezza venga mandata al macero perché non si riesce a trovare un punto di equilibrio
all’interno della filiera. Bisogna intervenire e subito ed è necessario che lo facciano le istituzioni a tutti i livelli, compreso il Governo centrale».

Intanto in Lombardia l’anno scorso hanno chiuso quasi due allevamenti al mese. Per adesso ne resistono poco meno di duemila: 200 a Lodi, 122 a Bergamo, 603 a Brescia, 367 a Cremona, 4 a Lecco,
68 a Milano, 496 a Mantova, 109 a Pavia e 3 fra Sondrio e Varese. «La situazione sta diventando insostenibile e lo vedo io ogni giorno sul nostro territorio quando parlo con gli
allevatori – spiega Santantonio – ormai perdono almeno 30 euro a capo, con punte di 50 euro se le quotazioni precipitano ancora di più. Stanno resistendo con le unghie e con i denti, ma
non so ancora per quanto riusciranno ad andare avanti. Bisogna intervenire. Questa però non è una battaglia solo per gli allevatori, ma per tutti i consumatori che devono avere le
massima garanzia sulla qualità e sulla sicurezza alimentare per quello che mangiano. Per tale motivo chiediamo la modifica del decreto salumi che permette di far passare come italiani
dei prodotti fatti in realtà con materia prima straniera senza i rigidi controlli previsti per la nostra carne di qualità».

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