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Convegno sull’ortofrutta: “Nuovi strumenti per la stabilità del settore”

Convegno sull’ortofrutta: “Nuovi strumenti per la stabilità del settore”

By Redazione


Condivisione


Il principale obiettivo di questo incontro è rappresentato dalla ricerca di una condivisione tra le componenti professionali, produttive, commerciali ed istituzionali per dare vita ad
azioni innovative che possono migliorare e stabilizzare nel tempo la redditività della produzione ortofrutticola che continua a rappresentare, pur in una situazione di crescente
difficoltà, uno dei punti di forza del settore primario nazionale e regionale.


Per favorire questa condivisione avanzerò alcune proposte che nascono dall’analisi delle debolezze che affliggono il comparto emiliano-romagnolo e dalle più avanzate esperienze
nazionali ed internazionali.


Chiedo a tutti un pronunciamento chiaro, non necessariamente una adesione. L’importante e’ che non si continui come sempre: a invocare nel pieno delle crisi cambiamenti, innovazione ed aiuti,
salvo poi dimenticarsene alla vigilia della campagna successiva.




Regolare e stabilizzare i mercati


La mia introduzione si concentrera’ sul tema della regolazione della immissione del prodotto sul mercato e sugli strumenti che possono concorrere a stabilizzarne la redditivita’, non perche’
consideri altri argomenti secondari ma perche’ sui primi registriamo un forte ritardo e notevoli resistenze interne, pur essendo a tutti evidente che il valore della produzione si realizza
innanzitutto a partire da un rapporto preventivamente organizzato con il mercato.


D’altra parte l’ortofrutticoltura emiliano-romagnola e’ oggi sicuramente ai vertici europei in fatto di modernizzazione degli impianti, di qualita’ ed affidabilita’ della produzione, di
capacità imprenditoriale degli operatori, di propensione all’investimento e livello organizzativo della filiera produttiva. Ciononostante non e’ al riparo dalle crisi di mercato, il che
dimostra la centralita’ della regolazione della commercializzazione e degli strumenti di stabilizzazione.


Partiamo da uno sguardo d’insieme: l’Italia è il primo produttore di ortofrutta a livello europeo ed il sesto a livello mondiale; sul nostro territorio si è sviluppata una fiorente
industria produttrice di mezzi tecnici e di attrezzature per il comparto ortofrutticolo che rappresenta uno dei punti di forza di importanti distretti economici, le nostre condizioni climatiche
consentono di coprire molti periodi di commercializzazione con prodotti di qualità.



Le criticità


Il comparto ortofrutticolo esce tuttavia da un decennio decisamente problematico, caratterizzato da crisi di mercato sempre più ravvicinate tra loro – particolarmente severe quelle del
2009 e del 2011 – e dal calo dei consumi, recentemente accentuato delle difficoltà economiche delle famiglie.


A queste criticità vanno aggiunte carenze di carattere strutturale – aziende di piccole dimensioni, condotte da imprenditori anziani, con scarsa propensione ad investire sul futuro,
difficoltà a reperire mano d’opera qualificata, concorrenza di paesi emergenti, frammentazione della filiera – e problemi di rapporto con la grande distribuzione organizzata che si sommano
alla scarsa attenzione della Politica Agricola Comune che, storicamente, ha destinato ad un settore che rappresenta, in valore, quasi il 25% della produzione agricola totale europea solo un
misero 1,3% del budget agricolo.



Censimento 2010


In Emilia-Romagna le difficoltà del decennio trascorso hanno lasciato un segno profondo. Le prime elaborazioni sui dati del Censimento 2010 – evidenziano, nella nostra Regione, una
sostanziale riduzione del numero delle aziende frutticole passate dalle 30.603 del 2000 alle 18.301 del 2010 (-40,20%) e di quelle orticole passate da 11.650 unità a 7.168 (-38,50%).


Le superfici frutticole si sono ridotte del 22% mentre quelle orticole sono aumentate passando dai 44mila ettari del 2000 ai 49mila del 2010. Complessivamente sono circa 130.000 gli ettari di SAU
regionale destinati a colture ortofrutticole. Le superfici frutticole sono pari a 67mila Ha destinate per il 33% alla pera, 15,5% alla nettarina, 13% alla pesca, 7,5% albicocco, 6,7% alla mela,
6,5% al kiwi, 18% all’aggregato ciliegio, kaki, frutta a guscio ed altre.


Il comparto frutticolo contribuisce per circa il 17% del totale alla formazione della PLV agricola regionale mentre quello orticolo vale circa il 12%. Fra i principali prodotti frutticoli
coltivati, le pere esprimono la PLV più alta (263 milioni di euro la media decennale), seguite dalle pesche e nettarine con 177 milioni di euro. Nell’ambito delle orticole, il pomodoro da
industria evidenzia una PLV media degli ultimi dieci anni di 137 milioni di euro seguito dalla patata con 40 milioni di euro.


Particolarmente negativo il dato del 2011 che ha fatto registrare, per la prima volta nel decennio, una PLV di settore inferiore al miliardo di euro, ovvero circa 981 milioni. La crisi ha
interessato, in particolare, pesche e nettarine che sono state liquidate con prezzi attorno a 20-25 centesimi di euro al kg, valore largamente inferiore ai costi di produzione sostenuti dalle
imprese agricole.



La dinamicità del comparto


Il comparto emiliano-romagnolo ha tuttavia evidenziato anche una forte volontà di reazione alle difficoltà, dinamicità ed iniziativa, in particolare per quanto si riferisce
agli aspetti strutturali.


I riscontri più significativi si sono avuti su quattro versanti: adesione ai bandi PSR, Piani operativi delle OP, progetti di ricerca ed innovazione, sviluppo delle tecniche di produzione
integrata e bio.



PSR


Il PSR negli ultimi quattro anni ha finanziato progetti di investimenti ortofrutticoli per circa 220 milioni di euro con un contributo pubblico di 83 milioni a vantaggio di 4.314 imprenditori. In
questo ambito sono stati finanziati 14 progetti di filiera che coinvolgono 3.475 imprese aderenti, 729 beneficiari diretti di misure ed azioni per una spesa complessiva di 87,5 milioni di euro e
contributi ammessi pari a 32 milioni.




OCM


Per quanto riguarda I Piani Operativi delle 26 Organizzazioni dei Produttori ortofrutticoli emiliano-romagnoli che associano 12.000 aziende regionali e 3000 extraregionali lo studio che abbiamo
condotto su dieci anni di applicazione dell’OCM ha evidenziato che con una spesa media annua di 17 milioni di euro é stato possibile effettuare circa 1.600 ettari di nuovi impianti, per
anno; le specie maggiormente interessate a questo percorso sono state, sempre su base annua, le pesche e le nettarine con 590 ettari, le pere con 307 ettari e l’actinidia con 207 ettari.



Ricerca e assistenza tecnica


Molto importante anche il volume di attività dedicate alla ricerca, sperimentazione ed asistenza tecnica. Negli ultimi dodici anni la sola Regione ha destinato circa 60 milioni di risorse
proprie al confinanziamento di progetti di interesse generale e precompetitivo, tra i quali, ultimi in ordine di tempo, quello per la mappatura del genoma del pesco e dell’albicocco e quello per
il contrasto alla batteriosi del Kiwi.



Basso impatto


Quanto alle tecniche di coltivazione a basso impatto ambientale come la produzione integrata e l’agricoltura biologica sono già 55.000 gli ettari su cui trovano applicazione i disciplinari
di produzione integrata con un coinvolgimento di oltre 6.400 aziende,mentre sono 2000 quelle di agricoltura biologica per una superficie di 3.000 ettari.


Esiste quindi in questa regione, come credo nelle altre, una base produttiva dinamica, aperta al mercato, attenta alle esigenze dell’ambiente ed alla tutela del consumatore, disposta ad
impegnarsi ed a investire sul futuro per invertire la tendenza al progressivo declino del settore e porre le basi per un suo consolidamento e rilancio..



Una strategia per governare il rapporto con il mercato


Si tratta di un patrimonio di valore inestimabile che, oggi, attende segnali concreti per il rilancio del settore che passa certamente attraverso il miglioramento qualitativo delle produzioni e
la concentrazione dell’offerta ma anche e soprattutto attraverso la definizione di una strategia comune di ottimizzazione del rapporto con il mercato e di minimizzazione dei suoi rischi
potenziali, che coinvolga il numero più elevato possibile di imprese di produzione, sia aderenti alle OP che fuori dal sistema organizzato. In una parola una strategia di stabilizzazione
di un valore all’origine della produzione ortofrutticola realmente remunerativo e stabile nel tempo.



Cinque azioni/strumenti di stabilizzazione


Questa strategia a mio parere deve necessariamente appoggiarsi su almeno cinque azioni o strumenti di sistema che chiamano in causa l’iniziativa e la convergenza di tutte le rappresentanze del
comparto, siano esse professionali, produttive, commerciali ed istituzionali.




1. autogovernare produzione e immissione sul mercato


Il primo: La capacità del comparto o della sua maggioranza di autogovernare la produzione in relazione alle dinamiche della domanda e di regolare conseguentemente la immissione della
produzione sul mercato in modo da evitare squilibri tra domanda e offerta che, il più delle volte, trascinano il prezzo all’origine sotto i costi di produzione. Questa capacità si
può realizzare in due modi: con un buon funzionamento degli organismi interprofessionali previsti dalle normative europee, nazionali e regionali allo scopo di raccordare preventivamente e
pariteticamente produzione, trasformazione e distribuzione e con accordi privati di commercializzazione tra le principali o maggioritarie imprese del comparto. L’uno non esclude l’altro, al
contrario, l’uno completa l’altro. Tuttavia è assai improbabile che vi sia un coordinamento privato della commercializzazione se a monte non vi sono nel comparto regole condivise di
programmazione della produzione e di immissione del prodotto sul mercato. Per questo il primo nodo da sciogliere, senza possibilità di rinvio, è quello dell’interprofessione, vale a
dire l’unico strumento che in forza della legge consente l’autogoverno dei rapporti di filiera. Il tema si pone soprattutto a livello nazionale. A livello regionale ed interregionale stiamo
procedendo con determinazione alla costituzione, laddove i dati produttivi lo consentono, di organismi interprofessionali territoriali.


Interprofessione del pomodoro da industria


Alla fine dello scorso anno abbiamo riconosciuto l’Organismo Interprofessionale del Pomodoro da Industria del Nord Italia, che ha superato il suo esame di maturità, come ha scritto
recentemente il Professor Canali nel suo editoriale sull’Informatore Agrario, reggendo l’impatto di una difficilissima trattativa sul prezzo 2012. Trattativa che si è svolta all’esterno
dell’Interprofessione ma che nell’Interprofessione si è inevitabilmente rispecchiata. Il nuovo prezzo ha lasciato sicuramente tanta insoddisfazione ma l’agricoltore ha oggi davanti a
sè un quadro estremamente chiaro di condizioni in base al quale può valutare la convenienza della produzione e decidere liberamente e preventivamente se e quanto seminare.


Un’architettura condivisa per l’interprofessione delle pere


Venerdi scorso abbiamo invece gettato le basi per la futura ed auspicabile costituzione di un Organismo Interprofessionale delle Pere. Le OP, il CSO e le professionali agricole regionali hanno
condiviso la cosidetta architettura del nuovo organismo che dovrà essere ulteriormente dettagliata e condivisa nel corso del prossimo mese di maggio per essere poi implementata,
auspicabilmente, prima della nuova campagna di raccolta. I partecipanti hanno convenuto su sette attività costitutive: catasto delle superfici coltivate; regole di produzione; regole di
raccolta e immissione sul mercato; promozione e supporto per l’apertura di nuovi mercati; iniziative per la rimozione delle barriere fitosanitarie all’export; contributi dei soci per il
funzionamento dell’OI; sanzioni per chi non rispetta le regole. Tutti aspetti che verranno successivamente ripresi ed illustrati dal Dottor Mario Tamanti, coordinatore del tavolo pere, nel corso
del suo intervento. Per quanto mi riguarda farò il possibile perchè l’organismo nasca e si insedi. In questa regione produciamo il 67% delle pere italiane e il 100% delle Abate
Fetel; non possiamo essere leader nazionali ed europei della produzione e contemporaneamente modeste comparse della gestione commerciale del prodotto sul mercato, a tutto svantaggio della
remunerazione dei produttori.


Una verifica per il Kiwi


Nei prossimi mesi contiamo poi di verificare con Lazio, Piemonte e Veneto la possibilità di una iniziativa comune in direzione di una interprofessione del Kiwi la cui produzione è
per oltre l’80% concentrata nelle quattro regioni.


L’interprofessione nell’ortofrutta italiana


Per le restanti produzioni ortofrutticole a partire da pesche, nettarine e susine sollecitiamo una immediata iniziativa nazionale. L’interprofessione ortofrutticola nazionale va rivista ,
rilanciata e resa protagonista della prossima campagna di raccolta. Per questo proponiamo al Ministero di aprire una verifica con le parti in causa per superare veti ed inerzie, di condividere
con le Regioni una strategia fondata su regole elastiche che tengano conto delle specifiche caratteristiche dei diversi settori produttivi e della funzione positiva delle interprofessioni che
nascono dal basso, dai territori regionali ed interregionali da raccordare, naturalmente, e coordinare con il livello nazionale, riconoscendo infine agli organismi interprofessionali
rappresentativi della produzione organizzata e non organizzata il ruolo di interlocutore privilegiato di tutte le politiche pubbliche afferenti il comparto sia nell’ambito dei PSR che della
futura OCM unica.



2.assicurazioni sul reddito e fondi mutualistici


Il secondo strumento da mettere quanto prima in campo per concorrere a tutelare e stabilizzare il reddito ortofrutticolo sono le assicurazioni sul reddito e I fondi mutualistici per
l’integrazione del reddito, cofinanziati dal pubblico e da attivare a favore dell’agricoltore nell’annata negativa, per cause indipendenti dalle sue scelte aziendali. Lo strumento è oggi
all’orizzonte dal momento che è proposto come una delle novità della PAC 2014-2020. Bisogna tuttavia evitare che la montagna partorisca il topolino. Cosa che potrebbe accadere
qualora la proposta venisse approvata così com’è, senza modifiche. Questi interventi sono infatti proposti nell’ambito dello sviluppo rurale, vale a dire nei PSR, con quindi
fortissime limitazioni all’accesso sia perchè le risorse su base regionale saranno inevitabilmente poche e sia perchè ad esse si potrà accedere soltanto attraverso bandi
pubblici. Ne potrebbe conseguire una modestissima ricaduta e soprattutto una grande disomogeneità da Regione a Regione, da Stato a Stato con distorsioni inaccettabili nella concorrenza tra
le imprese dello stesso comparto. La misura va modificata collocandola tra gli aiuti diretti alle imprese agricole o trasformandola in un programma nazionale dotato di adeguate risorse e
facilmente accessibile.


Pagamenti di base e greening


Sempre a proposito di nuova PAC va segnalato che viene finalmente aperta anche alle produzioni ortofrutticole la possibilità di accedere al pagamento di base che andrà a sostituire
l’attuale premio unico. E’ una novità positiva che presenta però una controindicazione: gli aiuti del “pagamento base” sono infatti vincolati all’applicazione obbligatoria della
componente verde, il cosiddetto greening che comporta che almeno il 7% della superficie aziendale sia destinata a fini ecologici e, di conseguenza, distolta dalla coltivazione. Chiediamo che
venga invece riconosciuta la specificità ambientale che caratterizza il comparto ortofrutticolo in termini di fissazione della CO2 e di contrasto dell’erosione del suolo e, nel contempo
che gli agricoltori già impegnati nell’attuazione delle misure di carattere agroambientale previsti dall’OCM di settore e dal PSR possano beneficiare a pieno titolo dei sostegni erogati
dalla nuova PAC.



3.ritiri più efficaci per prevenire e gestire le crisi di mercato


Il terzo strumento di stabilizzazione dei valori del comparto sono i ritiri del prodotto eccedentario in chiave di prevenzione e gestione delle crisi di mercato. L’esperienza degli ultimi anni ha
confermato l’inefficacia delle modalità previste dall’attuale OCM ortofrutticola. Per questo è indispensabile una immediata riforma dello strumento. Da questo punto di vista una
importante novità è all’orizzonte: a seguito delle sollecitazioni del Ministro Catania condivise dai Ministri di Spagna, Francia, Portogallo e Grecia il Commissario europeo
all’agricoltura Dacian Ciolos, ha annunciato l’intenzione di presentare “entro metà maggio, o comunque nel corso del mese di maggio, delle proposte concrete per il settore dell’ortofrutta
– tra cui il rialzo del prezzi di ritiro di certi ortofrutticoli e l’ampliamento della quota di produzione annuale ritirabile- che potranno diventare decisioni prima dell’estate. Insieme a queste
proposte sarà anche pubblicato, con sette mesi di anticipo, il rapporto della Commissione europea sul settore ortofrutticolo. Ciolos ha anche annunciato l’intenzione di modificare entro il
maggio del prossimo anno la normativa del Consiglio dei ministri dell’Ue sul settore ortofrutticolo con l’introduzione di nuovi dispositivi di gestione delle situazione crisi, un sistema
assicurativo per il settore, la creazione di un’osservatorio dei prezzi e dei mercati.



4.nuovi mercati ed indicazioni geografiche


Un quarto strumento di stabilizzazione può essere la creazione di un fondo autofinanziato nell’ambito di Associazioni di OP o raggruppamenti consortili di impresa o di organismi
Interprofessionali per destinare una quota della produzione ordinaria all’apertura e all’avviamento di nuovi mercati. Si tratta di uno strumento altrove ampiamente collaudato, in grado di
tonificare I mercati tradizionali e promuoverne nuovi. In questo ambito potrebbe anche essere tentato un rilancio sui mercati esteri delle nostre Dop e Igp ortofrutticole, che in forza del
prestigioso riconoscimento di qualità ed unicità dell’Unione europea possono avvantaggiarsi di un titolo di riconoscibilità che altre produzioni non possono vantare. La
Regione è a questo proposito pronta ad aprire un tavolo di lavoro con Consorzi ed imprese per concordare le possibilità di gemellaggio con I marchi commerciali privati e
l’ottimizzazione della gestione delle certificazioni e dei controlli con l’obiettivo di ridurne il costo.



5.una buona applicazione dell’articolo 62 del DL liberalizzazioni


Infine il quinto strumento di stabilizzazione è una buona applicazione dell’articolo 62 del decreto liberalizzazioni, voluto dal Ministro Mario Catania, e che introducendo l’obbligo dei
contratti scritti nei rapporti di fornitura, tempi massimi di pagamento e il divieto di pratiche commerciali scorrette, ha accolto una fondamentale istanza del mondo della produzione agricola ed
alimentare e della stessa Regione Emilia-Romagna, condivisa e sostenuta dal coordinamento nazionale degli Assessori all’Agricoltura delle Regioni italiane.


Con l’applicazione dell’art 62 il settore ortofrutticolo ha una occasione storica per un miglioramento delle relazioni di mercato e per dare trasparenza alle transazioni commerciali.


La prima occasione da cogliere è quella del miglioramento della circolazione del denaro lungo tutti i passaggi della filiera fino al produttore agricolo. Il pagamento a 30 giorni delle
produzioni deperibili, significa un accorciamento di almeno 30 giorni rispetto ai tempi attuali e quindi un miglioramento della liquidità dell’intero sistema che in una fase come questa di
difficile accesso al credito può dare un impulso significativo al settore.


E’ un provvedimento, che non costa nulla alle casse dello Stato ma nel sistema distributivo Italiano da solo può valere circa 250 milioni di euro di incremento della liquidità ed
oltre 30 milioni di euro di minori costi aziendali, sottratti all’indebitamento bancario.


Un’altro importante risultato da conseguire con l’applicazione dell’art. 62 è quello di arrivare ad avere nella fatturazione del prodotto sia il prezzo di vendita che la eventuale
scontistica o i prezzi di servizi accessori. In questo modo il valore del prodotto generato nella fornitura al distributore finale può essere trasferito al produttore in modo chiaro e
simultaneo alla vendita e non differito nel tempo per scontistiche richieste in tempi e periodi successivi o per servizi attineti la fornitura del prodotto scaricati sul fornitore senza uno
specifico contratto.


Per questo è bene prepararsi per tempo al confronto con gli altri interlocutori contrattuali ed offrire ai Ministeri coinvolti una base tecnica e giuridica ineccepibile. Qualcuno dice che
il provvedimento è inapplicabile. Bisogna smentirlo con i fatti e con proposte assolutamente sostenibili e praticabili. Le Regioni sono pronte a fare la loro parte.



Stringiamo un “patto”


Ho concluso la relazione. Le cinque azioni o strumenti di stabilizzazione che ho sommariamente illustrato possono a mio parere aprire una stagione nuova nell’ortofrutticoltura italiana. Le
propongo per il presente e non per il futuro perchè in questo comparto il futuro è un’idea. Mi piacerebbe che su questi impegni, se ci sarà consenso, o su altri migliori, se
verranno indicati, nascesse tra di noi una sorta di “patto”, cioè una direzione di marcia comune al di là dei ruoli e delle differenze. Anche perchè è questo l’unico
modo per cambiare davvero, a vantaggio di tutti. Io candido questa sede ad ospitare ogni anno la verifica dei traguardi raggiunti e di quelli da raggiungere o aggiornare.



Ortofrutta, Rabboni: “più redditività se si programmano produzione e commercializzazione. Puntiamo sull’interprofessione.” Catania: “le aziende agricole devono fare un salto di
qualità in questa direzione. ” A Bologna un convegno sulla crisi del settore. Cinque proposte della Regione per il rilancio del settore.


Bologna – Per migliorare e stabilizzare la redditività del comparto ortofrutticolo occorre programmare produzione e commercializzazione, puntando sulle organizzazioni
interprofessionali, ovvero quegli organismi in cui vengono condivise le regole di funzionamento dell’intera filiera. Secondo l’assessore regionale all’agricoltura Tiberio Rabboni è questa
la prima cosa da fare per contrastare la crisi dell’ortofrutta, una crisi che troppo spesso finisce con il trascinare il prezzo all’origine sotto il costo di produzione e che è dovuta
essenzialmente a un eccessivo squilibrio tra un’offerta troppo parcellizzata e una domanda organizzata in pochi grandi gruppi d’acquisto. 


“A livello regionale e interregionale stiamo procedendo con determinazione – ha spiegato Rabboni oggi a Bologna nel corso di un affollato convegno promosso dalla Regione, ricordando l’organismo
interprofessionale del pomodoro da industria del nord Italia nato alla fine del 2011 e l’ormai prossima nascita dell’ interprofessione regionale per le pere, prodotto di cui l’Emilia-Romagna
è il principale produttore nazionale. 


“Il tema – ha però sottolineato – va rilanciato per tutto il comparto, soprattutto a livello nazionale e per questo proponiamo al Ministero di condividere con le Regioni una strategia
fondata su regole elastiche che tengano conto delle diverse realtà territoriali, di favorire le aggregazioni che nascono dal basso e di fare di questi organismi gli interlocutori
principali delle politiche pubbliche, sia per quanto riguarda il PSR che la futura OCM unica”.


Anche per il ministro delle politiche agricole Mario Catania, che ha concluso i lavori del convegno, è fondamentale che le produzioni si rapportino al mercato in modo unitario e
organizzato. “Sull’interprofessione in Emilia-Romagna si stanno facendo cose importanti – ha detto -ma non ci possiamo fermare qui. Vanno trovate modalità per rafforzare questi strumenti
anche a livello nazionale. Se non riusciamo a fare in modo che le imprese facciano un salto di qualità in questa direzione ogni altro provvedimento a favore del settore sarà solo un
palliativo.”


L’Italia e l’Emilia-Romagna sono ai vertici della produzione di ortofrutta in Europa. Tuttavia il comparto sta facendo i conti ormai da diversi anni con una situazione di forte difficoltà
e con ricorrenti crisi di mercato. Secondo i dati dell’ultimo censimento, dal 2000 al 2010 le aziende frutticole emiliano-romagnole sono calate del 40,20% e quelle orticole del 38,50%. Il
comparto ortofrutticolo contribuisce complessivamente per il 29% alla formazione del valore della produzione agricola regionale. Particolarmente negativo il dato del 2011 che ha fatto registrare,
per la prima volta nel decennio, una plv (produzione lorda vendibile) di settore inferiore al miliardo di euro, ovvero circa 981 milioni. La crisi ha interessato, in particolare, pesche e
nettarine che sono state liquidate con prezzi attorno a 20-25 centesimi di euro al kg, valore largamente inferiore ai costi di produzione sostenuti dalle imprese agricole.



Le cinque proposte della Regione Emilia-Romagna contro la crisi dell’ortofrutta


Non solo organismi interprofessionali. Secondo Rabboni accanto a questo strumento, che pure resta il più importante, per superare le difficoltà del comparto servono anche altri
provvedimenti. Si va dalle assicurazioni sul reddito e dai fondi mutualistici, da attivare nel caso di annate negative, a più efficienti modalità di gestione delle crisi a livello
europeo, alla creazione di fondi autofinanziati per destinare una quota della produzione ordinaria all’avviamento di nuovi mercati. Il quinto strumento di stabilizzazione è per Rabboni
“una buona applicazione dell’articolo 62 del decreto liberalizzazioni, voluto con lungimiranza dal ministro Catania”, che introduce l’obbligo di contratti scritti nei contratti di fornitura e
tempi massimi di pagamento. 


“E’ un provvedimento che non costa nulla alle casse dello Stato – ha spiegato Rabboni – ma che può valere per le aziende agricole un incremento di 250 milioni di euro della
liquidità ed oltre 30 milioni di minori costi sulle anticipazioni bancarie”. Al convegno, oltre ai rappresentanti dei principali organismi e associazioni di settore è intervenuto
anche il presidente della commissione agricoltura del Parlamento europeo Paolo de Castro e il coordinatore degli assessori regionali all’agricoltura Dario Stefano



Redazione Newsfood.com+WebTv





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