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Convegno: Perugia e la Perugina

By Redazione

Perugia, 29 Novembre 2007 – E’ una “bella storia che vale la pena di continuare a raccontare”, quella della Perugina e di Perugia, della fabbrica che festeggia il suo secolo di vita e
delle trasformazioni che la sua presenza ha determinato, in molti aspetti, anche urbanistici, nella sua città di origine. A cento anni dalla nascita di quella esperienza industriale, il
Comune, insieme all’ Istituto per la cultura e la storia d’impresa “Franco Momigliano”, ha ripercorso in un convegno che si è svolto a Palazzo dei Priori il ruolo che la Perugina ha
avuto nello sviluppo economico, sociale ed urbanistico di Perugia. Le conclusioni sono state tratte dal sindaco Locchi.

Al tavolo dei relatori, esperti delle vicende dell’ industria italiana (Francesco Chiapparono, dell’ Università di Ancona, e Renato Covino, dell’ Università di Perugia), mentre
una tavola rotonda coordinata dall’ assessore alle attività economiche, Ilio Liberati, ha riportato aspetti della vita industriale e sindacale della fabbrica. Tra gli interlocutori,
Francesco Mandarini, Gianluigi Toia, Italo Vinti e Vincenzo Sgalla.

“La città tutta vuole che questa lunga storia continua ancora per molto tempo – ha detto Locchi, che si è soffermato soprattutto sull’ ultimo periodo (19 anni ) legato alla
presenza della Nestlè a Perugia. “Va preso atto con piacere – ha aggiunto – che la Nestlè ha mantenuto gli impegni che si era assunta, anche nella interlocuzione con le
istituzioni dell’ Umbria, le quali da parte loro hanno lavorato e continuano a lavorare affinché le multinazionali siano radicate il più possibile alle realtà locali”.
Locchi ha detto che il Comune sta lavorando ad una importante pubblicazione sui cento anni della fabbrica ed ha ricordato come dalla Perugina siano usciti molti esponenti della vita politica e
istituzionale di Perugia e quanto sia stata importante la “fisicità della presenza della fabbrica nei diversi ambiti urbani che di volta in volta l’ hanno ospitata, a partire da San
Sisto e, prima, Fontivegge”.

La relazione stretta tra la fabbrica e la città, come ha ricordato Covino, ha una precisa data di inizio: nel 1911, quattro anni dopo la fondazione, l’ azienda assume il logo del Comune,
e tra il 1920 ed il 1922 cambia, con dei passaggi intermedi, il suo nome iniziale di Società italiana per la fabbricazione dei confetti fino a diventare, semplicemente, “Perugina”, a
ratificare anche anagraficamente il suo legame con il luogo di origine. E’ un rapporto destinato a durare decenni, a influire sul cambiamento del tessuto economico ma anche culturale di
Perugia, non solo del quartiere di San Sisto, e a indurne a più riprese un processo di trasformazioni sociali e di modernizzazione, in linea con la vocazione innovativa dell’ azienda.
Pur nelle diverse vicissitudini, resta, per Covino, “un segno forte di identità”, che non può non essere “un elemento di ricchezza”.
Nell’ analisi di Chiapparino le vicende industriali della Perugina: il suo ingresso nei primi anni del secolo in un mercato, quello della cioccolata, che era nato a livello europeo solo pochi
decenni prima ma aveva già conosciuto realtà aziendali di dimensioni importanti; la sua prima affermazione all’ interno dei confini nazionali nel primo dopoguerra; l’ adozione di
una politica di comunicazione aggressiva e rivoluzionaria; l’ espansione internazionale ma anche le”vocazioni mancate” ed i ritardi che si tradussero in difficoltà negli anni critici ’70
– ’80. Una storia articolata che continua ancora oggi nel segno dell’ identificazione del marchio con la città.

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