Caciocavallo Silano Dop, valorizza il Paese e sai cosa mangi

28 Gennaio 2020
Caciocavallo Silano Dop, la genuinità della tradizione, che unisce tante Regioni italiane
di Maurizio Ceccaioni
Anche se nella classifica europea delle produzioni, l’Italia risulta al terzo posto dopo Germania e Francia, grazie alla sua biodiversità e all’esistenza di molte produzioni artigianali, per molti consumatori nazionali e internazionali continua ad essere la vera patria dei formaggi.
D’altra parte ci sarà pure una ragione se un vecchio proverbio dice: «Al contadino non far sapere quant’è buono il formaggio con le pere». Un’affermazione che potrebbe essere intesa in senso classista, ma che a mio avviso mette in risalto il dato riguardante la borsa della spesa degli italiani, che vede i prodotti caseari in cima alla lista, con oltre il 25% della spesa totale.

Nel mondo esistono oltre 2 mila varietà di formaggi e 400 di questi, come il Caciocavallo, sono prodotti nel nostro Paese. Perché se nell’Unione europea c’è una nazione che detiene il primato in campo enogastronomico, specie per i prodotti a denominazione di origine e indicazione geografica (Dop, Doc, Docg, Igp e Stg), questa è proprio l’Italia.
Tra questi prodotti, ci sono prima di tutto i formaggi a Denominazione di origine protetta (Dop). Regolati da loro “Disciplinari” approvati e depositati presso il Ministero delle politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf), sono preparati con diversi metodi di lavorazione, tempi di maturazione e zone di produzione.
L’anno scorso, la produzione totale di formaggi italiani Dop è stata di 337.640 tonnellate (+2,62% 2019 su 2018). Di questi prodotti, il 40,08% è finita sulle tavole estere (+7%), e in particolare proprio in quelle dei nostri “cugini d’Oltralpe”.
Si tratta di prodotti d’eccellenza, tra cui spicca il Caciocavallo Silano Dop, un formaggio apprezzato in tutto il mondo, inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali stilato dal Mipaaf e tra le tipicità gastronomiche più antiche e caratteristiche del Sud Italia.

Il Consorzio di Tutela Formaggio Caciocavallo Silano Dop
Nato nel dicembre del 1993 su iniziativa di alcuni produttori, il Consorzio di Tutela Formaggio Caciocavallo Silano, ha ottenuto la ‘D.o.p.’ con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 193 del 29 luglio 2003. Lo scopo è di vigilare sulla filiera di produzione – dal pascolo al caseificio alla vendita – valorizzare il prodotto e tutelare la sua denominazione d’origine protetta. Attualmente sono 18 i caseifici consorziati, ognuno dei quali ha un numero d’identificazione che dovrà risultare sulle forme o pezzature assieme al marchio a fuoco.
Originario dell’altopiano della Sila, sono invece qualche centinaio le zone contemplate nel Disciplinare di produzione depositato a Bruxelles, ricadenti in tutte le regioni peninsulari del Sud Italia, dal Molise alla Calabria, passando per Campania, Basilicata e Puglia. Tutte attentamente monitorate dal Consorzio di Tutela Formaggio Caciocavallo Silano Dop, che ne controlla il metodo di lavorazione e gli allevamenti bovini dai quali arriva il latte crudo.

Aspetto e proprietà organolettiche
Nella forma ovale, più o meno allungata, il Caciocavallo Silano Dop alla vista può richiamare altri prodotti caseari della stessa tipologia come il ‘Caciocavallo di Agnone’, la ‘Scamorza campana’ o la siciliana ‘Provola dei Nebrodi’. Ma la sua qualità non l’apprezzi per il marchio di garanzia impresso termicamente o il certificato del Mipaaf, ma solo dopo che ha passato l’esame delle papille gustative. Lo riconosci nell’assaggio, per quel suo gusto dolce (o più piccante a seconda della stagionatura), deciso ma al tempo stesso delicato. Da gustare a temperatura ambiente, onde evitare che si perdano sapore e profumo con la bassa temperatura.
Caciocavallo Silano Dop, valori nutrizionali
Venduto intero o a pezzature, è un formaggio semiduro a pasta filata dal colore giallo paglierino, con una leggera crosta esterna come la sottostante unghiatura. La pasta è abbastanza omogenea e morbida al taglio, con eventuale lieve occhiatura. L’odore è leggero, tipico del formaggio prodotto con latte di mucca. Il peso della forma varia da 1 a 2,5 kg (in base alla stagionatura) e va conservato in luogo fresco (tra 4 e 14°C), per un massimo di 12 mesi.
Grazie a quei 10 litri di latte circa necessari alla produzione di un solo kg di formaggio, il prodotto finito contiene una grande quantità di proteine, vitamine (A e del gruppo B) calcio e fosforo.

Valori nutrizionali medi per 100 g di prodotto edibile con stagionatura a 30 giorni:
Energia 333 kcal (1.390 kJ)
Grassi 23,0 g
Grassi Saturi 14,7 g
Proteine 25,5 g
Carboidrati 6,5 g
Zuccheri totali 6,3 g
Sodio cloruro 1,0 g
Le fasi della preparazione e il processo di trasformazione del latte
Gli ingredienti usati nella preparazione sono latte di vacca crudo (o termizzato), sale, caglio. Il formaggio deve essere lavorato e prodotto in uno stabilimento in cui non sono trattati altri prodotti compresi nell’elenco degli allergeni, secondo la Direttiva 2003/89/CE, né tra i prodotti delle Direttive Europee Reg.CEE 1830/03.
Anche se le tecniche si sono affinate, il procedimento usato dal casaro si rifà ai metodi antichi e ancora oggi è lavorato a mano, secondo un procedimento protetto dal Consorzio di tutela. Il latte di vacca crudo appena munto, o eventualmente riscaldato per 30 secondi in caseificio, fino a 58° C, passa alla fase detta Cagliatura. Portato a 36-38° C, viene versato del caglio in pasta di vitello o di capretto per far coagulare la caseina, una proteina che incide per circa il 75% sulle proteine totali del latte.Servono solo alcuni minuti per fa sì che la cagliata raggiunga la consistenza voluta. Per romperla, si usano strumenti antichi, oggi fatti in acciaio inox, come lo spino o la lira. Questa frammentazione serve a ridurre la cagliata in piccoli grumi, favorendo così il successivo “spurgo”, con la separazione del prodotto di base del formaggio dal siero.

La fase di maturazione della cagliata, si realizza lasciandola a fermentare per un periodo che va dalle 4 alle 10 ore, nel siero caldo, in cui si sono sviluppati i microrganismi lattici. Il trattamento è terminato una volta che la pasta si è amalgamata ed è pronta per passare alla filatura, cioè alla formazione di una specie di cordone che – sempre girando con le mani – si porta alla forma voluta. Poi, presa una quantità idonea di pasta ancora calda, si modella ogni singolo pezzo con energici movimenti delle mani.
La chiusura della pasta si fa all’apice e si realizza immergendo rapidamente la parte superiore nell’acqua a 80-85° C di temperatura, continuando la modellazione della forma e, nel caso, formando la testina per i legacci. Poi le forme vengono subito raffreddate in acqua per poi passare in salamoia per la salatura, dove rimangono almeno per 6 ore.L’ultima fase consiste nel legare le forme a coppie, per essere lasciate a cavallo di pertiche sospese (da cui caciocavallo), per la stagionatura di almeno 30 giorni.
Ho un ricordo da bambino a proposito delle “testine” del caciocavallo. Molto raramente per quei tempi, quando se ne comprava uno intero, mio nonno tagliava la testina per il legaccio e me la dava, dicendo che era un piccolo formaggio. E ancora oggi mi è rimasta l’abitudine di mangiarla subito, mentre taglio le fette.
Per info: www.caciocavallosilano.it