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VINO ITALIANO e CONSORZI DI TUTELA… SINCERITA’ PER SINCERITA’
4 Agosto 2019
By Giuseppe
2 agosto 2019
VINO ED ECCELLENZE ITALIANE e CONSORZI DI TUTELA… SINCERITA’ PER SINCERITA’
CONSORZI DI TUTELA. BENE RIFLESSIONI COMMERCIALI, BENE RAGIONARE SU PREZZI, BENE IPOTIZZARE SCENARI MENO POSITIVI.
MA I CONSORZI DI TUTELA DEVONO AVERE E DARE DIREZIONI DI TUTELA, PRODUZIONE, DIFESA, VALORE AGGIUNTO, VALORE DI TERRITORIO.
QUESTO E’ IL VERO CAMBIO IN UN MOMENTO DI GRANDE MODIFICA DEL CONSUMO GLOBALE COMPRESO DAZI E PROTEZIONI.
Fabio Piccoli
Fabio Piccoli è un amico. Ci conosciamo da più di 30 anni di sicuro ( data certa non ho ma ero ancora a dirigere il consorzio tutela vini doc Colli Piacentini e stavo già “lottando” contro un sistema di valium e di influenzati, non malati) ed è stato per molto tempo un giornalista vero, un inviato, un intervistatore nato, un conoscitore della materia, non un blogger riciclato o un influencer di se stesso, con cui ho spesso scambiato interessanti opinioni.
Era il tempo post legge 164/1992 del ministro Goria di cui ero un piccolo riferimento tecnico per il mondo dei vini frizzanti e spumanti. Era anche il tempo dei Consorzi di tutela vecchia maniera, un po’ politici e un po’ tutto fare, totalmente e assolutamente volontari, senza grandi slanci, senza obiettivi chiari.
Con il 1998-1999 ebbi modo di essere “il” fautore ( come dicono in molti quasi tutti escluso qualcuno che ancora oggi sono a cavallo) della nuova Federdoc, del nuovo modello di Consorzio di tutela, molto meno di promozione, molto meno politico, ma tecnico, pragmatico.
Come direttore del Consorzio Franciacorta dal 1992 al 1999 (Piccoli non era ancora un addentro ai Consorzi) feci in modo che la tutela fosse separata dalla promozione pensando più a delle Strade della DO operative, piuttosto che a delle pagine pubblicitarie, eventi autoreferenziali, manifestazioni delle etichette e non della DO.
Fabio Piccoli, oggi, ne parla: www.winemeridian.com/news_it/venti_di_cambiamento_nella_gestione_delle_denominazioni__3367.html
Ma credo che non sia ancora arrivato nessun cambiamento: c’è solo una crisi di identità dei consorzi, di funzioni, di obiettivi, di strategie in un momento con meno soldi, progetti totalmente dipendenti dall’Ocm per la promozione, nessun consorzio fa più una valorizzazione della tutela e del territorio, non si punta più alla concretezza strategica di un “chiavi in mano” e linguaggio comune condiviso.
Oggi c’è molto twitt, molte parole, ben costruite… ma la realtà interna dei territori è diversa, divisa, spesso separati in casa, o in due case diverse con direttori di consorzi che non esistono più, che non sono più una garanzia, che non sono ago della bilancia, che non sanno fare gli amministratori, che non sono neanche enologi e laureati in agraria, che non sanno parlare inglese, che forse non hanno mai fatto vendemmie all’estero, tenuto convegni fra concorrenti mondiali, che non sanno cosa fa l’Oiv.
Mi fa piacere che 4 grandi consorzi del Nord-Est abbiano raccontato (a pochissime persone a quanto si legge) i “desiderata” veri. Ottimo, ma chi porta avanti a livello nazionale queste riflessioni importanti? Sono tutte giuste? Attenzione a non rincorrere chimere? Prima dei cali commerciali, si guada alla viticoltura e ai viticoltori? Saranno condivise da Aosta a Pantelleria?
Il vino italiano non vive di sole percentuali commerciali. Io, come direttore di Consorzi, sono sempre stato molto trasparente e con barra ferma, di fronte a qualunque socio o presidente, anche illustrissimi e assoluti personaggi del vino italiano che mi hanno dato fiducia e di cui mi onoro di conoscere e di aver lavorato per loro.
Lo dico per l’ennesima volta: il vino italiano non ha bisogno di un lavaggio dei panni in Arno, ma di un cambio totale di azioni, misure. Ricordo che continuare a crescere nell’export non vuol dire che il vino italiano va bene: prima viene sempre il mercato domestico, la cura del consumatore prossimale. Un export del 50-60% al massimo (dipende dai volumi e dai prezzi) va già molto bene… oltre si perde il contatto con la realtà della tutela e della produzione. Una chiarezza consortile in tutto questo ampio “spazio vitale” sarebbe più opportuno e più urgente.
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