Vino: a Tokyo si esporta il modello italiano del Wine Family Business

23 Novembre 2009
Il family business come veicolo di successo per i vini italiani diventa una case history di studio. Accade in Giappone dove, domani 24 novembre, presso l’ambasciata italiana a Tokyo, Istituto del
Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi e ICE presenteranno alla stampa economico-finanziaria nipponica e agli operatori del trade, il modello caratterizzante il wine business italiano:
famiglia e territorio.
Un fenomeno imprenditoriale tutto made in italy, quello del wine family business che, identificando la famiglia come attore strategico del brand e delle specificità produttive del
territorio, si rivela motore di spinta per il posizionamento del vino italiano sui mercati internazionali emergenti, come il Giappone. E proprio il Sol Levante si conferma, nell’anno della crisi
globale, uno dei mercati più strategici per il vino italiano. A confermarlo non soltanto i numeri dell’export che, nei primi sei mesi dell’anno, ha raggiunto i 9 milioni di ettolitri (13%
su primo semestre 2008 – dati studio Calwine settembre 2009), ma soprattutto l’inarrestabile cambiamento sociale filo occidentale dei giapponesi, sempre più inclini ad assorbire le
tradizioni della cultura enogastronomica italiana.
Infatti, “Nelle enoteche di Tokyo, oltre al vino, ci sono scaffali pieni di riviste specializzate e non c’è consumatore che non si fermi a sfogliarle – osserva Piero Mastroberardino,
relatore per l’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi al seminario di Tokyo.
Si tratta di un segnale che dimostra una vivacità culturale potenziale per il vino italiano in Giappone- conclude Mastroberardino – che rimane uno dei più importanti sbocchi
mondiali dopo gli Stati Uniti”. A trainare il consumo del nostro vino in Giappone, l’esplosione di cibi e ristoranti italiani soprattutto nella capitale, dove risiede solo il 30% dei
giapponesi ma si beve il 70% del vino italiano. A consumarlo, soprattutto, le donne e le nuove generazioni under 30 che prediligono i vini rossi (60% dei consumi).
Il tour dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi, che conta al proprio interno la massima qualità dell’enologia nazionale (Biondi Santi SpA, Michele Chiarlo,
Ambrogio e Giovanni Folonari, Pio Cesare, Tenuta San Guido, Ca’ del Bosco, Umani Ronchi, Carpene’ Malvolti, Lungarotti, Masi, Mastroberardino, Alois Lageder, Rivera, Jermann, Donnafugata,
Marchesi Antinori, Tasca d’Almerita), per un fatturato di oltre 500 milioni di euro l’anno, si unirà a quello del Vinitaly world Tour che dopo Tokyo (25 novembre) farà tappa a Seoul
(26 novembre).