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Vendemmia 2019 – primi dati certi e riflessioni by Giampietro Comolli

Vendemmia 2019 – primi dati certi e riflessioni by Giampietro Comolli

By Giuseppe

 

Milano, 17 ottobre 2019

Vendemmia 2019 – primi dati certi e riflessioni
by Giampietro Comolli

VENDEMMIA 2019

RIFLESSIONE FRA I TINI E LE BOTTI
E’ IL VITICOLTORE IL VERO TITOLARE DELLA VIGNA, DEL VIGNETO, DEL VITIGNO… DELLA VENDEMMIA
NON REMUNERARE BENE IL VITICOLTORE VUOL DIRE PERDERE LA ENOLOGIA ITALIANA
NON SERVE A NESSUNO COLTIVARE SOLO IL PROPRIO ORTICELLO E LA PROPRIA AUTOREFERENZIALITA’.  
ZIBIBBO DI PANTELLERIA NON E’ LA STESSA COSA DI MOSCATO D’ALESSANDRIA. PIEMONTE BRACHETTO DOC NON E’ LA STESSA COSA DI BRACHETTO D’ACQUI DOCG MA NON SI AIUTANO A VICENDA.
Come sempre accade, in Italia molto ma anche nel resto del mondo, i settori o comparti economici-sociali-imprenditoriali che vedono partecipi e interlocutori più soggetti simili sono quelli con la maggior voglia di correre e rincorrere notizie e arrivare “ a sparare” primi di altri.

Vendemmia 2019

Penso ai sindacati generalisti e quelli specializzati, alle istituzioni datoriali, alle organizzazioni professionali ( in agricoltura ne ho contati 8 ufficialmente depositati e referenti presso le istituzioni). Il vino non è da meno.

Troppe DOC? Troppi enti? Troppe associazioni?     
Ebbene anche “ i dati” vendemmiali, o i numeri di consumi, o i dati economici diventano oggetto di scontro: penso alle sparate sul danno dei dazi alimentari Usa verso l’Italia che dai primi allarmi terroristici di 2 miliardi l’anno persi per l’export si è scesi a qualche centinaio di milioni, forse, con molti prodotti – il vino italiano per esempio probabilmente fuori dall’elenco come anche lo Champagne – che ne sono esclusi.

Dati su Vendemmia 2019

Ma veniamo ai dati vendemmiali: Assoenologida anni cura la raccolta dati dalle sedi regionali, anche la Uiv  ha un suo canale di raccolta dati e poi c’è Ismea  che per mestiere fa l’analisi della produzione.
E’ evidente che i primi giorni di settembre, i dati resi noti sono non solo stimati, ma fortemente aleatori, con magari ancora il 100% delle uve rosse da raccogliere, tutte le uve per vini passiti ancora sulle piante, diverse uve a coltivazione tardiva e biologica e a macerazione lenta sono ancora in campo o sui graticci.
La pesatura avviene dopo.
Il dato oggi, quasi finale, è diverso di quello anticipato: parliamo di un 20% in meno sul totale nazionale di uve raccolte, fra tutte le tipologie, e potremmo dire “ per fortuna” visto che già la vendemmia 2018 era stata stra-abbondante. Visto poi che il corretto equilibrio domanda/offerta, export e consumi interni, determinano sia il valore delle uve che dei vini, bisogna essere non solo  cauti nei dati, ma anche valutare le canalizzazione del prodotto.
Questa caccia alla primogenitura del com-stampa, o alla info all’amico giornalista, o la comunicazione a tutti i costi non fa bene al vino italiano. Ci sono enti che dal 1991 seguono i dati di consumo e di mercato, giù di lì anche chi cura la produzione.
Certo è che i consorzi di tutela dovrebbero avere per primi il polso della situazione: produzione, giacenze, commercio. Fatto sta che solo la Toscana fa registrare un incremento di produzione, mentre tutte le altre regioni segnalano un calo con motivazioni diverse: dalla pioggia primaverile e in allegazione, da qualche attacco infettivo di troppo, al caldo eccessivo, la siccità durante l’ingrossamento del grappolo, ma anche motivazioni che definisco “strategiche” e che non dipendono dagli andamenti annuali, ma dalle scelte tecniche di coltivazione, allevamento, scelte di cloni, portainnesti, potature, controlli naturali e condizione salutistica generale delle piante. 
Un tema che spesso – la voglia del dato economico e numerico – nasconde o dimentica alla grande.  E così i prezzi delle uve restano al palo, invece di crescere di fronte ad una produzione minore, calano lo stesso perché le giacenze ci sono, certi vini invenduti ci sono, il mercato e il consumatore che fa numeri è sicuramente posizionato ad un livello di prezzo tendente al basso. il valore dell’identità geografica oggi è strettamente connesso al nome del vino e del territorio.
Ci sono binomi vino-regione geografica che sono ricercati indipendentemente dalla qualità consacrata o dichiarata da guide, da sommelier, da influencer o da blogger.
Da una recente indagine-sondaggio di Ovse-Ceves il 69% degli “acquirenti” vino non legge recensioni giornalistiche, di siti, di blogger; cala al 60% se si comprendono anche le recensioni sui portali degli amici, non esperti, o di pagine personali.
Il nord Italia resta il magazzino del vino italiano sfiorando il 50% della produzione totale, mentre le novità enologiche, le innovazioni tipologiche, le rinascimentali scoperte vinicole rientrano spesso in quel 18% delle regioni insulari italiane dalla Campania alla Puglia, dalla Basilicata alla Sicilia.
E’ così per i vini passiti come l’esclusivo “Zibibbo di Pantelleria”   https://youtu.be/9s4rpPG7kAk  (film documentario Luce dell’11 ottobre 1962) , ma anche per i tanti spumanti metodo tradizionale e metodo italiano di recente creazione. Ma il prezzo dell’uva resta troppo basso. Ciò che questa vendemmia 2019 insegna ancora una volta è che “solo” la giusta remunerazione dell’uva ai viticoltori e contadini, assicura qualità, sanità, non abbandono delle terre, mantenimento della vita in zone difficili e svantaggiate, una cura del territorio e ambiente che potrebbe crollare a valle, una biodiversità colturale che può essere uno dei tanti strumenti per supportare i cambi climatici repentini, una ri-fertilità della terra, un minor uso di prodotti chimici, una rivalutazione dell’ ”area agraria” come fonte da preservare.
Impiantiamo pannelli solari e pale eoliche nelle aree industriali, artigianali e non nei campi.  Anche 524 dop-igp forse possono essere troppe: questo non vuol dire cassare alcune o tante Doc o Igt, vuol dire che vanno razionalizzate, anche ridotte o accorpate, in base alla produttività, rivendicazione, valore, identità, riconoscimento del consumatore, appeal economico commerciale all’estero.
Funziona la Doc Piemonte? Allora perché abbiamo come minimo doppioni con lo stesso nome di vitigno o di zone? Penso al Brachetto, o Barbera. Sono però uno strenuo difensore della “autodeterminazione” solo dei viticoltori, sicuramente in primis, sul mantenere una doc di territorio, di vigneti e di vitigni, che sono la base di ogni vino: il vitigno Zibibbo è diverso dal vitigno Moscato d’Alessandria, il Passito di Pantelleria è diverso dal Moscato d’Asti come dal Passito di Trapani o dal Passito di Sicilia, ma nello stesso tempo occorre una visione strategica più ampia, rispettando i diritti acquisiti e le volontà espresse dei viticoltori che sono quelli che “ in vendemmia” raccolgono l’uva realmente, anche in casse, in ceste di vimini…  in ginocchio!
E nessun altro ho visto farlo… se non a parole. La vendemmia 2019 quindi si presta a molte analisi, quello che conta è che un continuo “laissez-faire” da parte di Consorzi o Enti o Associazioni non serve a nessuno. Dividersi su ogni tema ancor  meno. Sparare “a naso” numeri può fare molto male. Pretendere che sempre “gli altri” facciano un passo indietro, è pretestuoso e contrario alla logica dell’invito  attorno a un tavolo.  

 

 

Giampietro Comolli

Redazione Newsfood.com
© Riproduzione Riservata

Giampietro Comolli
Economista Agronomo Enologo Giornalista
Libero Docente Distretti Produttivi-Turistici

Mob +393496575297

Editorialista Newsfood.com
Economia, Food&Beverage, Gusturismo
Curatore Rubrica Discovering in libertà
Curatore Rubrica Assaggi in libertà

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