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Tioman, Malesia, l’Eden perduto di 35 anni fa

Tioman, Malesia, l’Eden perduto di 35 anni fa

By Giuseppe

1 dicembre 2015

Siamo in Malesia per un servizio sull’olio di palma. Una dozzina di giornalisti, ospiti di MPOB, l’agenzia del Governo  malese che si occupa della promozione e delle attività legate al Palma. Da Kuala Lumpur, ho chiamato Bruno a Nizza.
Bruno Breschi è un giornalista, veterano di lungo corso, appassionato di viaggi ha girato il mondo. Ora da Milano si è ritirato aNizza, in Costa Azzurra, da dove racconta agli amici di newsfood.com cosa succede in quell’angolo di Francia, dal clima mite e decisamente molto più vivibile che da noi.
Sapendo dei suoi molteplici viaggi avventurosi, gli ho chiesto di raccontarmi qualcosa della Malesia. Dai suoi diari di viaggio è scaturito questo racconto.
Giuseppe Danielli

Tioman - MalesiaTioman, agosto 1980, l’Eden di 35 anni fa by Bruno Breschi
Sono passati 35 anni: una vita, quando con pochi avventurosi, andai alla scoperta di quella che era la più bella isola dell’Arcipelago Malese, nel Mar Meridionale della Cina. Dopo aver percorso in lungo e in largo la Penisola Malacca ci apprestammo, come i “corsari” di Salgari, con una semplice barca mossa da un rumoroso motore diesel, che ogni tanto tossendo più forte del solito si fermava per riprendere….fiato, a compiere la rocambolesca traversata.
C’imbarcammo, s’era in agosto, quando il sole stava gia scomparendo all’orizzone. Prima di partire avevamo chiesto notizie, a destra e a manca, dell’isola. Nessuno fu in grado di darci delle risposte precise. Il capo della “brigata” però non si dette per vinto e noi con lui, anzi lei, perché era una donna (faceva capo ad un’associazione specializzata in viaggi avventurosi e di scoperta) ci portò in un porticciolo e noi dietro, con bagagli e quant’altro ci sembrò necessario per un viaggio tanto eccezionale di oltre 20 giorni, per salire su un fuscello che non sapevamo come facesse a stare a galla.
Intanto il cielo si faceva sempre più scuro. Di tanto in tanto vedevamo qualche isola e tutti pensavamo che fosse quella verso la quale eravamo diretti. Il barcaiolo, un esperto malese che parlava solo la sua lingua, ci guardava e forse tra se pensava “ma chi me li ha mandati”, rimaneva indifferente ai nostri richiami e desolazioni. Fortunatamente il mare, che al buio sembrava d’inchiostro, era calmo e questo bastò per tranquillizzarci durante le tante ore della traversata. Di tanto in tanto da qualcuna delle isole che superavamo, vedevamo delle piccole, appena visibili, luci: come a dirci che erano deserte o quasi. Pian piano ci prese la calma e dalla, non dico disperazione ma rassegnazione, passammo al silenzio o quasi guardandoci, se così possiamo dire, negli occhi per dirci:-”ma chi ce lo ha fatto fare”.
Finalmente Tioman ci apparve quasi all’improvviso. Hurrà s’era arrivati. Dalla spiaggia un piccolo gruppo fra uomini e donne, con dietro delle sfocate lampade, sbracciando e urlando ci stava dando il benvenuto. Guardammo dove era il pontile d’attracco: non esisteva e allora i più avventurosi si tuffarono in acqua e aggrappandosi alla barca ci portarono il più possibile vicino alla riva. Cominciò il trasbordo delle valige e successivamente quello degli avventurosi viaggiatori.
Il…..villaggio era formato da un paio di baracche che per terra, meglio sarebbe dire sulla sabbia, avevano dei materassi sintetici. Non c’era distinzione di sesso. La promisquità però non signicava non rispettare la riservatezza: allora non era ancora in uso la parola privacy. Il refettorio altro non era che un tavolaccio con delle ruvide panche ai lati, mentre la….cucina  era  formata da dei tronchi di legno accesi –come quelli dei film western- appoggiati su dei sassi per impedire che il fuoco si allargasse. Un’umile fontanella si acqua sorgiva serviva per tutti, mentre a distanza in un casotto c’era la toilette a disposizione sia delle donne come degli uomini.
La prima preoccupazione di tutti fu di accaparrarsi il giaciglio dove dormire e mettere a posto quello che c’eramo portato dietro. Poi….a tavola!
Menù: verdura freschissima e pesce divorati in un batter d’occhio. Da bere una specie di succo di frutta proveniente dal mondo “civile”.
Infine tutti a nanna, a dormire come dei bambini. Fu un sonno ristoratore interrotto all’alba da un caldo sole e da una visione di un paesaggio marino di una bellezza unica che quando chiudo gli occhi torna ad apparirmi, a distanza di molti anni, come in un sogno.
L’angolo nel quale si trovava l’accampamento  sembrava quello di Robinson Crosue. Intorno non c’era anima viva. Un Eden che nell’epoca degli aerei a reazione e della bomba atomica sembrò impossibile potesse esistere. La cosa che ancor di più ci attrasse fu, esplorando i dintorni, una piccola ma intensa cascata con tanto di massi alla base e una vegetazione vergine che mai prima, in tutta la Malesia, avevamo visto.
Mettersi sotto le volte dell’acqua, sentirla sbatterti con violenza addosso, ti dava quel sollievo che mai più io ho avuto occasione di sentire.
Il mare era di un azzurro trasparente: dava sullo smeraldo, con pesci di varie specie, che passandoti tra le gambe, sembravano voler nuotare con te. Il  fondale era pulito tanto da avere la suggestione d’infrangerlo  posandovi i piedi. Avevamo “scoperto” il mondo dove il creatore fece nascere Adamo ed Eva.
Ma anche qui c’erano dei pericoli. Il fatto avvenne l’ultima sera del soggiorno. Il giorno dopo avremmo preso il solito fuscello per tornare sulla terra ferma. I malesi per ringraziarci per la nostra visita vollero preparare un festino a base di pesce particolare e di una squisitezza esclusiva. Fu nel pulirlo che una ragazza addetta alla preparazione della cena si punse con una squaglia appuntita di un pesce. Si senti un urlo angosciante: la squaglia emetteva del veleno che poteva essere mortale.
La fortuna fu che nel nostro gruppo c’era un giovane medico palermitano che intervenendo immediatamente riuscì a scongiurare il peggio. Quando l’indomani mattina riprendemmo il mare fu un pianto unico dei nostri ospiti. A più riprese c’invitarono a restare: mai avrebbero smesso di ringraziarci per aver salvato da sicura morte una bella e fiorente ragazza: di quelle che le riviste specializzate ritraggono con l’orchidea sulle orecchie.
Da allora, nei momenti nei quali sono lontano dal frastuono della “civiltà motorizzata”, ritorno con la mente alla lontana Tioman che oggi, da quel che mi dicono, ha villaggi esclusivi.
Bruno Breschi

Redazione Newsfood.commalaysia map- malesia
(Da Wikipedia, l’enciclopedia libera)

Tioman, chiamata localmente Pulau Tioman, è un’isola situata a una quarantina di chilometri dalla costa orientale della Malesia peninsulare, nello stato di Pahang. È lunga circa 20 chilometri e larga 11. Sono presenti su Tioman 8 villaggi principali, raggiungibili in barca. Il più grande e popolato è Kampung Tekek, nella parte settentrionale dell’isola. Un’unica strada asfaltata collega il minuscolo aeroporto all’hotel Berjaya. Le altre parti dell’isola sono attraversate da piccoli sentieri. La maggior parte del territorio è disabitato e coperto da una densa foresta pluviale.

 

Redazione Newsfood.com

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