ITALIA SPUMEGGIANTE… ALMENO NEL VINO + dati OVSE 2018

5 Maggio 2019
ITALIA SPUMEGGIANTE… ALMENO NEL VINO. NIENTE POLEMICHE… SIAMO ITALIANI
CONTINUA IL SUCCESSO DELLE” BOLLE” ENOICHE TRICOLORI, MA DOBBIAMO LAVORARE MOLTO SU IDENTITA’, IDENTIFICAZIONE, INDICAZIONI, INFORMAZIONI AI CONSUMATORI DIVERSI
L’Italia produce vini spumeggianti con il “metodo italiano” in prevalenza e il “metodo tradizionale classico” in minoranza. Questi sono i termini da usare. Nel 2018 l’Italia ha prodotto 690/695 milioni di bottiglie (688 mln/bott effettivamente consumate) di vini spumeggianti con un incremento significativo rispetto all’anno precedente anche se in calo rispetto alle variazioni % anno su anno degli anni del boom dal 2012 al 2017(circa una media del +15-20% anno su anno): solo il 4% è prodotto con il metodo tradizionale classico, il 96% è di metodo italiano, l’Universo (o piramide o sistema) Prosecco Docg-Doc-Glera fa da padrone con un valore all’origine in produzione franco cantina globale di circa 1,7 mld/euro.
Il mercato italiano è tornato a crescere sfiorando i 198 mln/bott di consumi di produzione nazionale cui aggiungere circa 6 mln/bott di importazione (per il 90% Champagne), al netto del 20% re-esportato da aziende commerciali italiane.
Ovvero circa 153,5 mln/bott dell’Universo Prosecco, 24,5 mln/bott di Franciacorta, Trento, Alta Langa ecc… cioè il metodo tradizionale italiano; 20 mln/bott di metodo italiano di vitigni e doc di territori diversi.
Il mercato italiano vale in proporzione meno del mercato estero anche a parità di volumi: la plv è di circa 750 mln/euro, mentre il fatturato al consumo è di 1,6 mld/euro. 490 mln/bott sono state consumate all’estero nell’arco di 12 mesi, così composte: 395 mln/bott dell’Universo Prosecco, 50 mln/bott Asti Docg, 2,5 mln/bott metodo tradizionale classico, 42,5 mln/bott di metodo italiano diversi Doc e VdT.
Ecco le principali destinazioni: UK(124mln/bott), USA (95mln/bott), Germania(34mln/bott),Russia (22 mln/bott), Francia (11 mln/bott) sono i primi acquirenti. Un fatturato di cantina della solo esportazione vicino a 1,8 mld/euro per un costo marginale a bottiglia da 750 cc (netto escluso tasse e imposte e costi trasporti e distribuzione) di € 3,95 che si trasforma nei 120 paesi di destinazione in un fatturato al consumo di circa 5 mld di euro, cioè con un valore aggiunto al consumo molto alto, quasi triplicato. Questo è un primo grande successo del meccanismo identità/valore rispetto a qualità/prezzo.
NOTA
Nel 2004, Giampietro Comolli*, attuale presidente dell’unico Osservatorio Economico Culturale Consumo dei Vini speciali Spumanti fondato nel 1991 alla Università Cattolica di Piacenza, presentò la prima edizione del Forum Spumanti d’Italia dichiarando due obiettivi chiari: valorizzare ed elevare la produzione di Prosecco con ampia qualità e creare una forte identità-notorietà percepita delle bollicine italiane in termini di valore economico della bottiglia colmando l’enorme gap con i competitors stranieri.“Le bolle – ci dice Comolli – salvano il mercato del vino italiano del 2018 e anche del 2019. In 10 anni si è ridotto del 50% il gap del valore marginale con altri competitors. Purtroppo esportiamo in 120 paesi, il Cava in 135, lo Champagne in 190.
I primi 4 mesi del 2019 confermano ancora un trend positivo per i vini spumeggianti tricolori, con qualche differenza da paese a paese.
La Brexit al momento non ha nessun effetto, bene in Russia, piccolo freno in USA per tutto il vino italiano. All’estero si allarga il target dei consumatori di spumanti: bene le nuove generazioni, la ristorazione non italiana.
Il Prosecco inizia ad essere consumato a tavola. E’ aumentata la destagionalizzazione, sono aumentati i volumi. La tipologia più richiesta è ancora dry o extradry, c’è un interesse per il Rosè.All’estero siamo deboli ( e ancor più in Italia) nel canale online: l’e-commerce è in mano a importatori e distributori, non a imprese italiane e a piattaforme multinazionali che garantiscono una “internazionalizzazione” del brand. I mercati su cui puntare per consolidamento, ma con strategie diverse sono Germania, Russia, paesi del nord-est Europa. Tutto diversi, e di solo “sistema” deve essere l’approccio ai nuovi mercati: ci mancano 60 paesi da contattare. Bisogna portare il vino tricolore in quei paesi, occorre cambiare approccio: più cura della domanda. La globalizzazione si sta segmentando nelle bevande.
La Francia beve il doppio di Prosecco rispetto le bottiglie di Champagne in Italia, ma questo non vuol dire nulla. L’Italia non deve vivere di solo export: è un errore che può essere fatale esportare il 70-80% del vino e concentrare il 70% delle vendite in 5-6 paesi. La Francia non fa così e dopo un triennio di rilassatezze(2013-2016) in cui l’Italia ha avuto buon gioco già alla fine del 2018 abbiamo notato una forte ripresa degli acquisti di vini francesi grazie a una nuova politica di sistema, di affondi, di dettagli formativi e informativi. L’Italia non deve stare a guardare.Il centro-sud Italia al momento è il territorio più dinamico e attivo che dopo sperimentazioni sta uscendo con circa 50-60 nuove etichette per la maggior parte metodo tradizionale ottenuto con lunga lavorazione da vitigni e uve tipiche dei vari territori o autoctone che danno una impronta interessante e colmano un mercato aperto-libero “prossimale” della ristorazione alla ricerca di etichette locali di pregio. Prova lampante dell’effetto biodiversità sul mercato ”
Nel 2018 l’Italia conferma e consolida la posizione di leader nella produzione, nella commercializzazione e nell’esportazione il suo primato mondiale in termini di volumi, qualità, biodiversità, tipologie dei vini spumanti, o meglio dei vini con spuma, o spumeggianti*
*Vedi:
Il termine bollicine è sicuramente un diminutivo del valore del vino, come ha un significato al ribasso sempre parlare e scrivere di “ottimo qualità/prezzo” dei vini italiani: facciamo un autogoal. Meglio parlare di rapporto “identità/valore” perché esprime un parametro più ampio , completo e complesso che è la fotografia esatta del lavoro, impegno, territorio, vitigni che i produttori di vino fanno, compreso i vini spumeggianti.
Lo stesso discorso vale per chiamare con il loro nome vero le tipologie di vini spumeggianti ottenuti: basta Charmat o Martinotti che sono cognomi di persone e oggi non identificano neanche più le loro scoperte di 150 anni fa.
La Germania resta il primo paese consumatore al mondo e un ottimo importatore di bollicine essendo un mercato che tutt’ora sta sviluppando la tipologia Sekt (una Doc di qualità solo con uve tedesche); tutti i paesi produttori ad eccezione dell’Italia hanno un mercato/consumi interno in calo o stazionario sia per Cava, che per Champagne; il consumo interno fra Francia e Italia è molto simile all’incirca su 200 milioni di bottiglie a testa, ma con una forte inversione di tendenza: in Francia l’ 85% del consumo nazionale è di methode champenoise; mentre in Italia l’88% è di metodo italiano.
Purtroppo il gap economico fra Italia e Francia è ancora molto elevato: abbiamo recuperato ma indicativamente il prezzo all’origine di una bottiglia di vini spumeggianti senza fare tante differenze e semplificando brutalmente: la Francia esporta per 4,1 mld/euro e l’Italia per 1,8 mld/euro a fronte rispettivamente di 270 milioni di bottiglie francesi e 490 mln di bottiglie italiane. La Francia ha un prezzo medio export lordo sdoganato di 25 euro/bott, l’Italia ha un prezzo di 6,5 euro/bott.
Redazione Newsfood.com
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