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Gli impianti di biogas a ultrasuoni a BioEnergy Italy, a Cremona dal 5 al 7 marzo

Gli impianti di biogas a ultrasuoni a BioEnergy Italy, a Cremona dal 5 al 7 marzo

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Cremona – Viene considerata la nuova frontiera in campo tecnologico negli impianti di biogas. Garantisce il massimo della sua efficacia laddove il materiale da sminuzzare, destinato poi ad alimentare il digestore, è più difficile da trattare. Stiamo parlando degli ultrasuoni, le onde sonore meccaniche che dopo essere state impiegate in numerosi ambiti industriali e sanitari, oggi trovano applicazione  anche negli impianti destinati alla produzione di biogas. Grazie alla loro azione infatti, i substrati della biomassa diventano più digeribili, favorendo il processo di accelerazione biologico del digestore.

Grazie agli ultrasuoni la biomassa viene sminuzzata, le sostanze dannose in essa contenute vengono eliminate e il processo biologico del digestore è facilitato

Alla prossima edizione di Bioenergy Italy (CremonaFiere 5-7 marzo 2014) le nuove tecnologie destinate alla produzione di biogas troveranno ampio spazio di conoscenza e approfondimento. Quello degli ultrasuoni sarà uno dei temi di maggiore interesse.

“Questa tecnologia – spiega Christian Eichhorst, direttore generale dell’azienda tedesca Weber Entec GmbH impegnata nella realizzazione e nella applicazione degli ultrasuoni sugli impianti di biogas e presente con il suo stand alla rassegna cremonese – ha dimostrato di garantire un maggiore rendimento del biogas prodotto perché praticamente tutta la biomassa viene utilizzata”. La macchina a ultrasuoni infatti, inizialmente utilizzata solo per i fanghi, sminuzza e pompa all’interno del digestore l’”alimento” destinato a diventare biogas attraverso un’operazione che non influisce sull’attività dell’impianto. Tutt’altro.

La macchina a ultrasuoni dà il miglior rendimento quando la biomassa è più difficile da trattare. In Germania gli impianti che ne sono dotati hanno ottenuto il 25% di biogas in più

“Oggi qualsiasi biomassa può essere trattata dalla macchina a ultrasuoni – sottolinea Eichhorst – e addirittura possiamo affermare che tanto è difficile il materiale da trattare, tanto migliore è il risultato che si ottiene perché nell’operazione di sminuzzamento vengono eliminate quelle sostanze dannose che possono pregiudicare la resa produttiva del biogas. Si tratta di una tecnologia molto versatile, che montata su un impianto non nuovissimo permette all’operatore di verificare immediatamente la sua efficacia attraverso il confronto tra il prima e il dopo”.

In Italia sono ancora poche le aziende agricole che si sono dotate di questa tecnologia, anche perché stiamo parlando di qualcosa di relativamente nuovo. L’interesse si sta comunque diffondendo e in un’ottica di investimento ben pianificato quello che Eichhorst definisce “un business molto positivo” è destinato a trovare terreno fertile. “In Germania – conclude – l’utilizzo degli ultrasuoni ha garantito il 25% di rendimento di biogas in più rispetto a impianti che ne erano sprovvisti. Mediamente per un impianto da 1 MW di potenza installata si può parlare di un investimento vicino ai 110mila euro, ma il ritorno che se ne ricava può giustificare ampiamente questa spesa”.

Redazione Newsfood.com

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