FIVI INCONTRA IL MINISTRO CENTINAIO

4 Novembre 2018
I Vignaioli Indipendenti pongono tre questioni: limiti di utilizzo del rame, rappresentatività nei consorzi e cumulo di cariche. Poggi: “Dialogo costruttivo”
“URGE UN INTERVENTO CONCRETO E SOSTANZIALE PER RILANCIARE IL SISTEMA INTERPROFESSIONALE E LA CULTURA NAZIONALE DEL VINO DI QUALITA’ A SOSTEGNO DELLA FILIERA PRODUTTIVA E PER SEMPLIFICARE LA VITA AL 90% DI PICCOLE AZIENDE VITIVINICOLE ITALIANE. ANCHE QUESTO E’ FARE UN CAMBIAMENTO ” è il commento di un esperto nazionale di consorzi di tutela come Giampietro Comolli
About FIVI – Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti
Come è noto la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI) è un’associazione nata nel 2008 con lo scopo di rappresentare la figura del vignaiolo di fronte alle istituzioni, promuovendo la qualità e autenticità dei vini italiani. Possono essere soci solo coloro che detengono personalmente l’intera filiera e figure attive del processo produttivo: vignaiolo, vinificatore, imbottigliatore, etichettatore del solo proprio vino e lo vende quasi tutto con la propria responsabilità. Fivi non svolge servizi ai soci i quali sono soci di altre associazioni come Coldiretti, Confagricoltura, Cia ovvero rappresentanze in primis agricole ma sono anche non-soci di nessuno. Sono in 1200 da tutte le regioni italiane, proprietari di 11.000 ettari vitati nei più bei borghi d’Italia per un controvalore patrimoniale stimato in 1,5 mld/euro (stima Ceves), molte sono cantine aperte al enoturismo e alla integrazione territoriale, vendono circa 80 milioni di bottiglie per circa 700 mio/euro di fatturato, di cui 280 mio/euro realizzati all’estero.
Questa premessa è utile, secondo me, per inquadrare una realtà produttiva, imprenditoriale ma anche economica, mentale, di prospettiva. Sono le “piccole-medie” aziende che fanno il vero tessuto produttivo nazionale. Troppo piccole? Certamente. Piccoli numeri di altissima qualità? Certamente. Grande qualità? Certamente. Destinate a sopravvivere e vivere? Certamente.
FIVI INCONTRA IL MINISTRO CENTINAIO
Matilde Poggi e Valter Massa, rispettivamente presidente e vice, hanno incontrato il ministro Gian Marco Centinaio sollevando alcune questioni sul tappeto da anni, irrisolti, per il settore. Temi di carattere oggettivo, non sindacali di una piccola parte del mondo viticolo italiano e mettendo tutta la forza di Fivi a disposizione del Ministero per fare e definire proposte utili a una vigilanza e certificazione super-partes, rafforzare la competitività del comparto intero, l’affidabilità delle strutture organizzative che ne dovrebbero curare interessi, valori aggiunti, immagine e sviluppo economico.
Dichiarazione forte, che condivido e sottoscrivo visto che dal 1983 mi interesso di vino italiano, solo quello, e sono stato nel 1999 uno degli artefici della nuova Federdoc che ha segnato una necessità organizzativa, un cambio di rotta, una proposta intelligente allora. A distanza di 20 anni occorre fare un aggiornamento in linea con la realtà dei fatti, domanda del consumatore, internazionalizzazione, consumi esteri e nazionali, paesi emergenti paesi e consumatori neofiti e una ItalianWine spesso in difficoltà di valore aggiunto, di fatturato rispetto ai concorrenti mondiali siano essi Spagna-Cile oppure Francia.
FIVI giustamente chiede cose concrete, dirette: per esempio la proposta europea di riduzione dei limiti di utilizzo del rame che rischia di essere fortemente penalizzante per la viticoltura biologica italiana in una ottica oggettiva per tutta la viticoltura.
Tema scottante con il Ministro, poi, è stata la gestione-organizzazione dei Consorzi di Tutela e il sistema di controllo certificazione per le Docg, Doc, Igp. FIVI sostiene che l’attuale regolamentazione del sistema di voto e di rappresentanza nei consorzi di tutela delle denominazioni di origine, all’interno dei quali si verificano situazioni di concentrazione del potere decisionale, può penalizzare fortemente la aggregazione, la condivisione, la progettualità distrettuale in diverse zone italiane.
Tema sensibile da anni che deve essere aggiornato e risolto nell’ottica indicata da FIVI ma con la certezza che nel buttare l’acqua sporca non si buttino anche le cose buone. Io stesso, fautore di una politica censuale ma addomesticata già nel 1999, a distanza di oltre 20 anni confermo la mia vecchia visione (all’epoca fui perdente nel dibattito con altri colleghi!) concordo nella importanza di consentire un voto sia procapite che censuale, diverso per categoria, diverso per deliberazione, attraverso meccanismo elettorali in uso in altri comparti in cui esista una vincolarietà su certi temi che sono di dominio orizzontale, di interessa collettivo, di proprietà intellettuale e formule di proporzionalità crescente e decrescente ( già in vigore nei consorzi volontari negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso).
Non sempre chi paga di più deve avere più potere trattandosi di gestire un patrimonio diffuso, aperto, oggettivo. Ma c’è un presupposto fondamentale prima: parliamo di consorzi di tutela o di consorzi di promozione e pubblicità? E’ corretto pensare che la certificazione al titolo DOC sia rilasciato da un istituto terzo in modo assoluto e indipendente, ma con servizi e modalità necessarie al mondo produttivo e non alla burocrazia astratta o all’utile di bilancio della società preposta. Inoltre una quota fissa, sia di quota che di rappresentanza in organi decisionali, deve essere espressione dell’obiettivo della spesa stessa la quale “deve” ritornare a essere sostenuta pubblicamente con promozioni sul mercato interno e non solo verso paesi terzi.
Redazione Newsfood.com