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Elezioni del Parlamento europeo: verso una Ever Closer Union tra popoli europei?

Elezioni del Parlamento europeo: verso una Ever Closer Union tra popoli europei?

By Giuseppe

Verso una Ever Closer Union tra popoli europei? Riflessioni sul futuro dell’Unione in vista delle elezioni del Parlamento europeo.

Elezioni, l’occasione per fare davvero l’Europa unita. Superando il dogma dell’unanimità e accelerando sulla cooperazione tra gli Stati

Convegno alla UNIMI Università degli studi di Milano.

Milano, 23 marzo 2024

 

A cura di Assoedilizia Informa

 

Elezioni, l’occasione per fare davvero l’Europa unita. Superando il dogma dell’unanimità e accelerando sulla cooperazione tra gli Stati

Al convegno della Statale di Milano i nodi irrisolti che chiudono l’uscita dalle crisi

di Saverio Fossati

Difesa, fiscalità e diritti umani comuni e forti: dall’Università Statale di Milano il messaggio ai partiti che si presentano alle elezioni europee è chiaro e forte, perché non si perda l’occasione dei prossimi anni per una svolta cruciale del continente. Questo il senso del convegno “Verso una Ever Closer Union tra popoli europei? Riflettendo sul futuro dell’Unione in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo” svoltosi il 22 marzo alla sala di rappresentanza dell’ateneo milanese.

 

Elena Buscemi, Marilisa D’Amico, Lorenza Violini

 

Dopo i saluti del prorettore Lorenza Violini, professoressa ordinaria di Diritto Costituzionale alla Statale,
Marilisa D’Amico, prorettrice con delega a Legalità, Trasparenza e Parità di Diritti dell’Università degli Studi di Milano, che ha introdotto e coordinato l’incontro, ha ricordato che questa iniziativa è stata condivisa con il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici: “Assoedilizia – ha detto D’Amico –  è stata sempre molto vicina alla Statale e la sua vicinanza al dibattito pubblico ha consentito questa e altre  iniziative.

 

Claudio Biscaretti di Ruffia, Antonio Padoa Schioppa, Achille Colombo Clerici, Marilisa D’Amico, Ilaria Viarengo, Alessia Di Pasquale

 

In questo convegno ci interessava fare il punto in modo concreto sullo stato dell’Unione Europea, anche in occasione del primo centenario della Statale”. D’Amico ha poi presentato il Corso di diritto immobiliare organizzato in collaborazione con Assoedilizia
(Bando corsi di perfezionamento con inizio aprile a.a. 2023-24 (unimi.it)).

La prima a intervenire è stata Elena Buscemi, presidente del Consiglio comunale di Milano: “Sono contenta che questi dibattiti sull’Europa si svolgano nella nostra città, perché la società civile e non solo i Governi devono discuterne, in prospettiva delle elezioni europee. I fronti preoccupanti sono la  crescita dei nazionalismi e le guerre. Ma questi confronti ci rendono più consapevoli”.

 

Marilisa D’Amico

 

La parola è poi tornata a Marilisa D’Amico: “Per una costituzionalista parlare di Europa equivale a parlare dell’idea di un successo di integrazione ma ci sono punti importanti da sottolineare: la Carta dei diritti dell’Unione europea e  il processo  di una Costituzione europea, interrotto per il voto negativo di Francia e Olanda.

Da quel momento l’attenzione si è spostata sui giudici delle Corti nazionali e internazionali, che avevano cominciato a tessere una rete di principi e di dialogo tra Corti stesse, e anche di aspetti processuali importanti, dalle coppie omosessuali alla fecondazione assistita, per i quali i cittadini si rivolgono alle Corti sovranazionali ottenendo princìpi nuovi.

Poi ci sono stati, negli ultimi anni, eventi come la quotidiana tragedia di negare i diritti ai migranti, di affrontare il tema di chi muore in mare e dell’identità di chi scompare. Sono aspetti che hanno significato dei simboli per la rottura dell’idea di un’Europa in progress, anche rispetto alla Brexit e alla pandemia, cui è stato risposto con il Pnrr.

Ma ci sono Corti che cominciano a disallinearsi, come in Polonia sull’aborto e in Ungheria. Se pensiamo ai diritti delle donne, l’Europa è sempre stato il nostro faro ma se poi in Polonia si prendono strade diverse, il quadro comincia ad avere qualche ombra”.

Giuseppe Marino

 

La questione della fiscalità è stata affrontata da Giuseppe Marino, professore ordinario di Diritto tributario dell’Università degli Studi di Milano, che si è dedicato a “La politica fiscale europea, andare verso una guida comune”. Le cose non stanno particolarmente sul fronte tributario, ha esordito Marino: “Potete comprendere da voi le tensioni sulla finanza pubblica europea: ci sono molti attriti già sugli eurobond, la prima sperimentazione di un debito pubblico europeo per finanziare opere pubbliche europee.

Il processo decisionale parte da una situazione che non vede l’applicazione del principio “no taxation without representation”, anzi è capovolto: il Parlamento non ha alcun potere di natura tributaria, mentre la costruzione della politica fiscale europeea è governata dallo slogan”taxation withit representation”, perché il potere è affidato all’esecutivo e ogni  direttiva in materia tributaria passa dal Consiglio Europeo, l’espressione dei Governi dei Paesi che compongono l’Ue.

Non solo: i Governi (art, 113 e 115 trattato) non possono deliberare che all’unanimità nel Consiglio. Le differenze fanno sì che questo sia un grande limite alla determinazione della politica fiscale europea. È nell’arco degli ultimi anni che sono emersi questi limiti, nel mondo digitale e delle multinazionali gli Stati non riescono a reagire rapidamente e nello stesso modo”.

L’esempio più clamoroso è stata la crisi del 2008, quando la risposta Usa è stata molto più repentina che dell’Europa, perché è difficilissimo mettere d’accordo 27 Stati. Lo stesso Junker aveva ammonito l’Ue sulla necessità di superare questa unanimità, e Von der Leyen aveva promesso che avrebbe affrontato la questione, ma pandemia e guerra in Ucraina hanno spostato l’attenzione da uno dei temi di maggiore importanza, anche se proprio questi eventi hanno reso evidente la necessità di una politica fiscale comune e un singolo Stato poco può fare di fronte a eventi che hanno implicazioni planetarie.

“Una necessità che lo stesso Mario Draghi ha espresso lo scorso febbraio – ha ribadito Marino -, in attesa che il suo rapporto venga diffuso proprio le elezioni: una politica fiscale europea per le necessità di investimento e per superare le disuguaglianze, questioni prima affidate alla sola politica monetaria. Tutte queste ambizioni non trovano ancora alcuno spazio scientifico né politico nei programmi licenziati dai partiti in vista delle elezioni, a pochi mesi dall’appuntamento elettorale”.

Ma nello stesso momento in cui si registra una serie di resistenze e di inerzie, ha precisato Marino, la cooperazione amministrativa in materia tributaria all’interno dell’Ue ha fatto passi da gigante. Mentre si registravano le difficoltà del 2008 e si avvertiva la spinta verso l’economia digitale, è cambiata la politica unionale in relazione alla cooperazione: la direttiva del 1977 parlava di “assistenza” rispetto all’interesse fiscale di un’altra nazione e ora, con la parola “cooperazione” nella direttiva del 2011 che la ha sostituita, si mette al centro l’interesse comune, non solo del singolo Paese: “E dalla direttiva Dac 1 1 del 2011 siamo arrivati alla Dac 8, quindi l’Ue ha sentito l’esigenza di perfezionare gli strumenti con cui gli Stati cooperano tra loro.

Come mai questa contraddizione politica tra inerzia sulla politica fiscale  accelerazione spinta sulla cooperazione per le informazioni’ Penso che la tecnologia abbia aiutato a soperchiare centri di potere di informazione finanziaria (banche e alcuni studi legali) da cui sono emerse frodi ed evasione. Scandali finanziari che i media hanno veicolato impedendo che la politica rimanesse inerte sulla cooperazione. Sono quindi moderatamente ottimista – ha concluso Marino – sul percorso della cooperazione amministrativa con la  creazione di una agenzia europea per la cooperazione amministrativa tributaria di cui la nostra Agenzia delle Entrate risulti una sede periferica, come siamo arrivati a una Bce di cui Bankitalia è una sede periferica”.

 

Antonio Padoa Schioppa con Achille Colombo Clerici

 

Achille Colombo Clerici (presidente di Assoedilizia) ha sviluppato il tema di “Un’architettura istituzionale europea da integrare”, affermando anzitutto che la presenza del mondo immobiliare è misconosciuta nel mondo dell’economia ufficiale, essendo considerato un settore marginale: “Il riferimento di Buscemi alla collocazione di questo dibattito in Milano giustifica l’approccio pragmatico: la questione europea appartiene alla città di Milano, che ha compiuto un passaggio epocale grazie a competitività e attrattività, da terminale gerarchico del sistema Italia a terminale del sistema internazionale ed europeo in particolare. Per questo mi sento europeista: le condizioni in cui siamo in relazione con l’Unione”.

Antonio Padoa Schioppa e Achille Colombo Clerici

A inizio 2023- ha ricordato Colombo Clerici –  la Commissione ha presentato al parlamenti Ue e nazionali una comunicazione sullo stato della Giustizia europea, intesa come Giustizia del sistema europeo, spiegando come, per raggiungere l’obiettivo del rafforzamento del sistema fosse necessario affermare la preminenza del diritto unionale su quello dei singoli Stati: “Nel corso della nostra relativa audizione alla Camera abbiamo evidenziato le lacune di questo sistema europeo, che vanno colmate se si vuole che l’Unione sia uno Stato di diritto:
1) la sentenza della Cgue sul caso dell’assegnazione dell’Ema ad Amsterdan piuttosto che Milano e
2) il Qatargate.

La sentenza sull’Ema del 2022 sul ricorso del Comune di Milano, basato su un errore che avrebbe fuorviato i membri del Consiglio (l’esistenza di una sede pronta che in realtà non c’era), dice che le decisioni del Consiglio europeo non sono sindacabili sul piano della legittimità in quanto ‘atto politico’.
Ma cosa sarebbe successo se l’errore fosse stato dovuto al dolo di qualche funzionario, quindi a un reato? Quello che è accaduto con il Qatargate, dove la competenza è passata alla giustizia belga anziché all’Unione.

Nel 2021 si è avuta la costituzione della Eppo (la procura penale Ue) ma con funzioni requirenti, quindi per il giudizio restano competenti le Corti di Benelux, Germania e Francia, dove risiedono le istituzioni Ue. Quindi è chiaro che ci vogliono degli interventi”.

 

Elio Franzini

 

Nel suo saluto di Elio Franzini, Rettore dell’Università degli Studi di Milano, ha  registrato che i metodi della giustizia belga sembrano assai diversi da quelli italiani “Al punto da detenere una madre per un lungo periodo impedendole anche di vedere il figlio piccolo.

Ma l’Europa, al di là delle sue infinite disfunzioni, è una grande conquista e un’occasione, anche di pace, perché è riuscita a uscire da una grandissima devastazione, proponendo un modello che dopo 80 anni ha funzionato, è un’oasi di pace nei contenziosi internazionali, nel dialogo e negli scambi, e chi è uscito se ne sta pentendo”.

La parola è passata ad Antonio Padoa Schioppa, Professore emerito di Storia del Diritto Medievale e Moderno all’Università degli Studi di Milano che ha dedicato il suo intervento a “Il progetto europeo, settori di intervento cruciali per la legislatura 2024-2029”.

Antonio Padoa Schioppa

 

Le tesi dei sovranisti che si debba recuperare una serie di competenze passate all’Unione, tradendo l’idea di nazione. esistono ancora – ha detto Padoa Schioppa – ma sono assai meno aggressive rispetto ai tempi in cui c’era chi diceva “Basta euro”, perché ormai è chiaro a tutti quali sarebbero state le conseguenze inflattive: non ci perdono i ricchi e i potenti ma i piccoli risparmiatori, l’inflazione è la più ingiusta delle tasse.

Questa elezione è di straordinaria importanza – ha proseguito Padoa Schioppa – , con un nuovo ordine internazionale che ci può condurre a esiti catastrofici. E l’Ue si trova ad affrontare elementi di crisi prima sconosciuti, come la sicurezza. È riuscito il progetto della pace in Europa ma siamo indietro sulla pace e sulla sicurezza nel Mediterraneo, quindi la difesa europea diventa centrale, con un’istituzione politica adeguata. E occorre un tessuto di connessione multipolare in cui l’Europa dia un segno per fronteggiare la conservazione della pace e il rischio climatico. Il cittadino normale ha le idee più chiare della classe politica, e i sondaggi dimostrano che il 70% vuole la difesa europea, come per una politica della salute comune.

Così come vanno corretti i paradisi fiscali come quello irlandese: “Sapete quando la Chiesa ha capito che l’unanimità è impossibile? Nel 1179, con Alessandro terzo, quando ha deciso che per eleggere il papa  bastino i 2/3 dei voti dei cardinali; quindi perché serve l’unanimità del Consiglio europeo per decidere le quote latte? Occorre cambiare i trattati, dove i voti richiedano una doppia maggioranza, dei Governi che rappresentino a loro volta la maggioranza della popolazione”.

 

Claudio Biscaretti Di Ruffia


Claudio Biscaretti di Ruffia,
professore Associato di Diritto Commerciale europeo all’Università degli Studi di Milano Bicocca, ha concentrato la sua attenzione su tema “Il diritto degli affari tra ordinamento europeo e ordinamenti nazionali”, sottolineando in apertura alcuni dati: “Le spese militari sono 55 miliardi in Germania, 68 in Gran Bretagna, 89 in Cina; il totale Ue è a 260 miliardi (in Italia 33).
Questo ci dà l’idea che da soli contiamo poco ma tutti insieme possiamo avere una rilevanza importante.
Il tema dell’unanimità dovrà essere superato”.
Passando al tema centrale, ha evidenziato che nel 2023 c’erano 32 milioni di imprese, di cui 80% Srl, quasi tutte Pmi: “Dal punto di vista del diritto degli affari dobbiamo dire che da un lato ci sono loro e dall’altro le grandi imprese multinazionali, per le quali i confini non esistono e hanno a disposizione studi legali con oltre mille avvocati in 20 Stati diversi, fatturati di miliardi di euro e specialisti in ogni campo. Non hanno quindi i problemi delle altre imprese”.

Biscaretti di Ruffia è poi passato al titolo vero e proprio del suo intervento: “Lo strumento della Direttiva è lo strumento tipico dell’Ue e fu approvata una serie di direttive per armonizzare il diritto societario sui temi della costituzione della società, delle Opa, del capitale minimo, delle fusioni e scissioni internazionali (pensiamo all’evoluzione della Fiat in Fca e in Stellantis), delle Srl uninominali.
Ma non è un diritto completo: alcune direttive si occupano solo delle Spa e comunque lasciando grandi differenze all’interno dei singoli Stati. Le differenze tra multinazionali ci sono tra chi come Allianz o Zalando vanta prodotti e servizi gestiti da un gruppo internazionale (anche se poi il gruppo è controllato di fatto da società nazionali), in Italia l’unico esempio è la galleria del Brennero, in lavorazione, progettata attraverso un Geie italo- tedesco, poi trasformato in società europea con sede a Bolzano”.

Una delle iniziative degli ultimi anni – ha concluso Bistrati di Ruffia – è nata all’Università di Pavia, da un gruppo di studiosi collegati a colleghi tedeschi, con la creazione di un Codice dei contratti europeo: il libro I e l’inizio del libro II sono stati già fatti. E si discute di un altro progetto, un Codice degli affari dedicato ad alcuni punti specifici, tra gli altri, del diritto bancario, civile, commerciale, fiscale, del lavoro, della concorrenza e della proprietà intellettuale: “Sarebbe bene ricordare l’esempio degli Stati Uniti, che avevano all’inizio 50 diritti diversi e gli avvocati possono esercitare solo negli Stati dove hanno sostenuto l’esame: quando si è trattato di uniformare il diritto societario è stato un gruppo di lavoro non pubblico che ha redatto un codice non obbligatorio all’inizio degli anni Cinquanta, poi adottato da tutti gli Stati nei vent’anni successivi. Questo in preparazione è uno strumento volontario che può essere usato anche in Europa: se poi venisse adottato da Francia e Germania anche gli altri le seguirebbero. E verrebbe superato anche l’obbligo dell’unanimità, trattandosi di adesioni volontarie”.

 

Il titolo del contributo di Ilaria Viarengo, professoressa ordinaria di diritto internazionale all’Università degli Studi di Milano, “Diritti umani e il ruolo dell’Unione europea”, è stato sviluppato anzitutto facendo riferimento ai trattati postbellici, dove già si esprimeva il valore universale dei diritti umani, sottraendoli al controllo dei singoli Stati. “Sono precetti che dal 1945 la comunità internazionale ha deciso di darsi. Inizialmente l’Europa non se ne occupa ma è con la sentenza Stauder che viene affermato il principio”.
La sentenza 16 gennaio 2024 sulle donne vittime di violenza di genere che presentano richiesta di protezione internazionale, ha spiegato Viarengo, ha cambiato le cose. Il caso è quello di una cittadina turca sunnita, che fugge dalla Turchia e si sposa con un altro uomo ma la Bulgaria rifiuta la protezione internazionale, non avendo ratificato al Convenzione di Istanbul che afferma che la violenza alle donne sia una forma di persecuzione: “La Cgue dice invece che questa convenzione va rispettata anche dagli stati Ue che non la hanno ratificata ma che invece la Ue ha ratificato, costringendo così la Bulgaria a rispettarla. Sono giorni difficili non solo per i conflitti ma per l’evidente volontà di alcuni Paesi di conformarsi ai diritti fondamentali come la Polonia sull’indipendenza dei giudici e l’Ungheria”.

L’intervento di Alessia Di Pascale, professoressa ordinaria di diritto dell’Unione europea all’Università degli Studi di Milano, è stato dedicato a “La riforma delle politiche d’asilo e immigrazione dell’Ue. Sfide e prospettive”. La recente sentenza della Cgue che tutela le donna in fuga dalla violenza rappresenta un precedente importante, che può influenzare il mondo intero, ha concordato Di Pascale: “E anche l’Europa dei migranti cerca un punto di equilibrio che non riesce a trovare, alfiere dei diritti ma sempre più ripiegata su se stessa: l’ultimo atto del Parlamento Ue sarà la riforma del diritto europeo di asilo come risposta alla crisi dei migranti. Il Parlamento nel 2022 riesce a raggruppare le presidenze dei Paesi per portare a termine un processo che però porterà una riforma in cui il ruolo del Parlamento diventa residuale. Una riforma in cui il ruolo centrale è poi stato solo del Consiglio europeo e il trilogo ha annunciato l’accordo nel dicembre 2023”.
Nel merito, ha proseguito Di Pascale,  la solidarietà che dovrà sostituire Dublino di fatto lascia gli Stati liberi di decidere come fare, non ci sono gli obblighi che auspicavano i Paesi di frontiera: “Nella gestione ordinaria cambia poco: criteri rigidamente ancorati a elementi oggettivi, tranne la nuova possibilità di individuare come Stato competente quello dove risieda un parente del rifugiato divenutone cittadino. Ora c’è la possibilità di bloccare e trattenere i rifugiati su territorio giuridicamente extraeuropeo per qualche giorno e rimpatriarli dopo l’esame negativo della sua situazione. Ma la collaborazione con gli Stati di origine e transito costa e oggi il tasso di rimpatrio è del 30% degli allontanamenti. È una riforma che di fatto lascia molto perplessi sia sulla tutela dei diritti che sulla sua concreta attuazione”.

Da remoto è arrivato il contributo di Sara Valaguzza, professoressa ordinaria di Diritto amministrativo all’Università degli Studi di Milano su “Il coordinamento normativo tra Ue e Stati membri nel diritto amministrativo”. Ciò che si sta verificando, ha detto Valaguzza, è una sempre maggiore interazione tra gli ordinamenti amministrativi nazionali e quello europeo e il fenomeno dell’intersezione tra i due mondi si presenta “Inarrestabilmente in crescendo. Quindi si devono trovare strumenti di integrazione amministrativi che non corrispondono più a quelli tradizionali. Il fenomeno è quello di osservare come i confini delle nazioni europee non riescano a contenere i fenomeni economico-sociale all’interno della governance degli Stati, come è accaduto con la pandemia. Serve quindi un modello amministrativo circolare, organizzato in modo da individuare forme di collegamento costante, che incidano sulla formazione del potere pubblico fuori dai confini nazionali. Anche la crisi energetica dimostra come sia fragile una prospettiva economica isolata dagli approcci sinergici”. I modelli relazionali a rete vanno costruiti, La relazione multilivello non è più un modello ma piuttosto il modello, è ormai lo schema fisiologico dei rapporti amministrativi che scaturiscono dalla normativa europea. Il sistema amministrativo europeo vive quindi di una natura collaborativa e consociativa, che impatta sulla struttura del governo amministrativo europeo. Si è discusso per anni su burocrazia ma ora si studia piuttosto il processo composito che scaturisce dall’interazione tra gli Stati.
Il secondo caso proposto da Valaguzza è quello della restoration law per la conservazione dell’ambiente e la biodiversità dopo avene rilevato una  forte diminuzione di livello in tutto il continente. Un sistema che si caratterizza per la sua trasversalità, con interenti a livello nazionale ed europeo: “I piani, oltre a essere sottoposti al voto in Commissione, necessitano anche di un coordinamento tra gli Stati dell’Unione, con una raccolta cooperativa delle informazioni”.
In entrambe i casi emerge la necessità di coordinare le decisioni amministrative degli Stati non solo con l’Unione ma con gli stessi altri Stati membri, ha concluso Valaguzza “Ed è questo il passo in più, quindi emerge la debolezza di un sistema amministrativo autoreferenziato, che si basi solo su dati e prospettive raccolti all’interno del singolo Stato. Anche quella del diritto amministrativo europeo in rapporto al diritto amministrativo nazionale è una dicotomia del passato che va disgregandosi per un più coeso diritto amministrativo degli Stati e dell’Unione, dove i tratti caratteristici comuni tendono ad avere la prevalenza e i profili di specialità tendono a diminuire. E questo avrà un interessante effetto nel senso di una semplificazione e di una maggiore certezza”.

Saverio Fossati

FOTO COVER:
Antonio Padoa Schioppa. Achille Colombo Clerici, Marilisa D’amico, Giuseppe Marino

 

 

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