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Brescia, sfida tra sommelier di formaggi

Brescia, sfida tra sommelier di formaggi

By Redazione

 

Gli strumenti essenziali dell’assaggiatore di formaggi sono tre: spillo, martelletto e coltello. Il primo serve per verificare
profumo e aroma, il secondo per valutare eventuali fessure interne in base al suono; il terzo, infine, per aprire la forma ed assaggiare il formaggio.

Come i loro cugini assaggiatori di vino, anche gli specialisti del formaggio hanno una formazione specifica da compiere e gare in cui
cimentarsi. Una di queste competizioni è il “Gran trofeo della ristorazione italiana”, promosso a Brescia dal 22 al 24 febbraio dalla Provincia di Brescia e dalla
Camera di Commercio su un’idea del maestro pasticciere Iginio Massari e del maestro di cucina Gualtiero Marchesi.

Tra le varie prove, gli assaggiatori in gara dovranno saper giudicare i formaggi in base all’origine geografica, del tipo di
latte utilizzato, e della crosta, sorta di “vestito” del formaggio e prima fonte d’indicazione in quanto bisognosa di cure costanti. Di questo è più che
convinta Cristina Zani, responsabile dell’ONAF: “Quando si apre la forma è necessario controllare il colore della pasta, che indica la stagionatura, l’occhiatura,
cioè le fessure presenti nel prodotto, l’odore e l’aroma che si saggiano tenendo il formaggio qualche secondo sotto al naso, ma non troppo per evitare l’assuefazione. Poi
c’è la prova tattile, che consiste nel comprimere un pezzo di formaggio fra l’indice e il pollice per valutarne l’elasticità e cioè la stagionatura. Importante
è anche il test uditivo. Si usa un martelletto per battere sulla crosta e accertare il tipo di fessurazioni interne, oppure un ago molto sottile con scanalature per verificare il
profumo”

Gare a parte, l’arte di produrre formaggio nel Bresciano ha generato molti eccellenti prodotti, dal “borghese”
Grana, sapido e al sapore di burro cotto, al molle Taleggio, fino al Bagoss, raro e pregiato cacio con un retrogusto di nocciole, erba e fiori. Particolarmente antica è la storia
del taleggio. Tale formaggio veniva creato con il latte che avanzava dal giro del contadino presso gli acquirenti; da qui il nome alternativo di “lattestracc”, latte stanco,
poi italianizzato in Stracchino.

Ma la provincia di Brescia è ricca di gusti, e non solo limitati ai formaggi, come sottolinea orgoglioso l’assessore
provinciale all’agricoltura, Giancarlo Tommasoni: “Il nostro è un territorio unico per le risorse legate ai laghi e alle aree interne. Qui esistono riferimenti
produttivi ineguagliabili, e mi riferisco al Grana Padano, alla filiera del latte, ai vini, all’olio”.  Ma, in tanta abbondanza, i formaggi forse
continuano a fare la parte del leone per i buongustai.  Prodotti come la Robiola di capra, il Caprino duro erborinato o il Cadolet de cavra meritano un
assaggio da parte di tutti. Anche dai non professionisti del settore.

Matteo Clerici per Newsfood.com

 

 

 

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