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Assolatte: è l'ora del Back to Basics

By Redazione

L’assemblea di Assolatte si è conclusa con l’intervento di Enrico Finzi, Presidente di AstraRicerche.

Finzi è intervenuto sui nuovi trend degli stili alimentari in Italia, alcuni relativamente nuovi e altri già osservati negli anni scorsi ma in via di forte crescita.

In generale, si può affermare che siamo di fronte ad un radicale ‘giro di boa’ della popolazione italiana ultra14enne, vicina ormai ai 51 milioni di persone: ciò
lascia pensare che il futuro avrà caratteristiche in parte diverse rispetto all’inizio di questo secolo/millennio.

In questo contesto la maggioranza degli italiani esalta il valore del latte, degli yogurt, dei formaggi, e quasi tutti questi prodotti appaiono consonanti con il nuovo corso.

Tra i mega trend identificati da Enrico Finzi:

il Back to basics: la nostra società appare in regresso, con revisione dei modelli di consumo e recupero accelerato di elementi della rassicurante tradizione. Anche
nell’alimentazione è netta la riconversione dall’over al sober, tramite ritorno alle materie prime, agli ingredienti, ai cibi, alle preparazioni classiche semplici, affettivizzate,
talora povere, orgogliosamente nostrane, spesso di minor costo/prezzo.

La domanda di semplificazione: le difficoltà economico-sociali, la crescente incertezza, la “malattia del futuro”, la diffusa depressione collettiva, il dominante disagio
esistenziale, la sensazione di perdita di controllo sulla propria vita spingono alla ricerca di una minor complessità, di una scarnificazione time and money saving.

La domanda di qualità costante: alla domanda di qualità elevata (e spesso costosa) viene sostituendosi la domanda di buona qualità stabile nel
tempo, sempre identica, non incerta o variabile, rassicurante. La costanza viene vissuta/richiesta quale assenza di rischio e quale garanzia di persistente/riconoscibile product personality.

Il trionfo della nuova cultura alimentare: nella crisi si consolida la silenziosa rivoluzione dell’ultimo decennio: gli italiani vogliono sempre mangiar bene, ma “bene” non vuole
più dire solo in modo gustoso ma – per un’inedita maggioranza – anche in modo sano. La felicità dichiarata dei nostri connazionali non è più
legata solo alle grandi mangiate e/o alla raffinatezza dei cibi (anche popolari) ma pure alla loro valenza salutare (non medicale!).

L’alimentazione come prevenzione: il rifiuto del razionalismo persecutorio dei ‘dietologi sadici’, dell’enfasi sul dovere a scapito del piacere, sulla drammatizzazione dei rischi a breve
termine (connessi a cibi e bevande assunti) si scontra con il triplice bisogno maggioritario di serenità, positività, allegria (a partire proprio dall’alimentazione).
Quel che si afferma, invece, è la valorizzazione del cibo e delle bevande come buoni per la salute, se assunti in quantità non esorbitanti ed entro un regime alimentare
variegato ed equilibrato. Il desiderio collettivo è quello del passaggio dalla fase del ‘cibo che ammala’ a quella del ‘cibo che previene’.

La domanda di positività non ansiogena: le ricerche mostrano l’impennarsi del goodwill per un approccio all’alimentazione non severo, non minaccioso, non doveristico, non
iper-dietetico. In un contesto psico-culturale negativo (recente passato, presente, prossimo futuro) le proposte e specialmente la loro comunicazione (adv, packaging, consigli/ricette, ecc.)
sono preferite non razional-doveristiche e non più aspirazionali ma serene, rassicuranti, ‘calde’, felicitanti. Anche i ritmi della comunicazione devono essere ora più
lenti, meno eccitati, meno connessi alla fretta e al conseguimento di performances elevatissime: la gran parte dei consumatori (in particolare delle consumatrici) privilegia la slow life.

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