Alleanza regioni del nord per grandi opere
24 Ottobre 2007
Verona, 22 Ottorbe 2007 – Davanti alle esigenze infrastrutturali che interessano il Nord Italia, anche le differenze politiche tra le Regioni che compongono questa parte del Paese
sfumano e gli amministratori convergono sia nell’individuazione delle questioni aperte, sia sulle risposte da dare. Rispetto a queste, però, l’apparato statale e l’attuale compagine
governativa nazionale non sembrano in grado di operare con la coerenza, rapidità ed efficacia richieste da una situazione molto pesante, che rischia di diventare il maggiore freno allo
sviluppo e alla concorrenzialità del sistema Italia.
E’ questo il quadro emerso stamani a Verona dalla Prima conferenza delle Regioni su infrastrutture e logistica, organizzata nei padiglioni della Fiera da Federmobilità, con la
partecipazione degli assessori di Liguria Luigi Merlo, Piemonte Daniele Borioli, Lombardia Raffaele Cattaneo, Veneto Renato Chisso, Friuli venezia Giulia Lodovico Sonego, Emilia Romagna Alfredo
Peri (pure presidente di Federmobilità, moderatore Oscar Giannino direttore di Libero Mercato.
La conferenza si è svolta a quasi un anno di distanza dalla sottoscrizione del documento congiunto delle Regioni e Province autonome del Nord Italia sulle emergenze infrastrutturali, con
il quale si richiedeva tra l’altro al Governo l’attribuzione del potere concessorio sulle tratte autostradali nei rispettivi territori, con la possibilità di introitare parte dei pedaggi
da investire in infrastrutture. Da allora ad oggi qualcosa si è mosso (ad esempio per Lombardia e Veneto relativamente alla futura gestione dei pedaggi delle concessioni nuove o in
scadenza), ma troppo poco se si guarda alle carenze esistenti. «Ci sono problemi di risorse soprattutto sul ferro – ha sottolineato Chisso – mentre per quanto riguarda la gomma ciò
che serve di più sono procedure certe e veloci, con l’inserimento nella Legge Obiettivo delle opere da realizzare. Ma per l’Alta capacità ferroviaria Est – Ovest, ad esempio, non
c’è un euro, a fronte di progetti già approvati dal CIPE». E non servirebbero cifre impossibili: il costo dell’Alta capacità è valutabile in 35 miliardi di
euro, dei quali un terzo già «allocato» – ha ricordato Sonego – e il resto da reperire in 15 anni. E pensare che il sistema ferro sarebbe in grado di attivare dal 2020 al
2045 116 mila posti di lavoro, toglierebbe dalle strade un milione di TIR e ridurrebbe drasticamente l’emissione di gas serra.
Nel Governo, però, ci sono tendenze contrapposte e lo Stato – lo ha fatto presente Peri – non riesce a scegliere di essere né centralista né federalista, ma è
piuttosto una marmellata, a fronte di infrastrutture che non servono solo a muoverci meglio nel Paese, bensì sono strategiche perché l’Italia possa svolgere un ruolo con il mondo.
Di più, secondo Chisso vi sono fenomeni che evidenziano il riemergere di quel partito del non fare che pareva sconfitto, come la nomina a responsabili della VIA della Legge Obiettivo di
persone il cui passato è stato contrassegnato dai dinieghi. La vera rivoluzione – ha concluso Peri – sarebbe una riforma, anche sul versante costituzionale, che stabilisse chi decide,
attivasse un vero federalismo fiscale, consentisse alle Regioni di utilizzare sul territorio gli introiti dei trasporti che vi si svolgono, chiudesse l’ANAS e favorisse l’attivazione delle
risorse private.