Nella Padana concentrazione di inquinanti
30 Ottobre 2007
ROMA – Valle del Po, benvenuta nel club mondiale delle «nuvole brune» la primogenita di tutte le «brown clouds» è la mostruosa cappa di inquinamento spessa
tre chilometri che copre India e parte della Cina; ma una sorella minore è comparsa anche sul cielo della Pianura Padana.
L’hanno osservata gli strumenti degli scienziati del Cnr, che dall’osservatorio a 2.165 metri del monte Cimone hanno studiato la composizione di quella che è stata soprannominata la
«Po Valley Brown Cloud»: la nuvola bruna della Valle del Po.
«La Pianura Padana è una delle zone a più alta concentrazione industriale in Europa. E allo stesso tempo ha la forma di un catino, in cui si raccolgono tutti gli
inquinanti» spiega Sandro Buzzi, responsabile del progetto sui cambiamenti climatici del Cnr. «Vista dal satellite – prosegue – la nuvola appare come una macchia bruna che coincide
con il profilo della Valle del Po. E le misurazioni degli ossidi di azoto mostrano due aree ad alta concentrazione di inquinamento in Europa: il bacino della Ruhr e la Pianura Padana,
appunto».
La cappa di inquinamento della Valle del Po non nasce oggi. Ma il Cnr, che ha una base di rilevamento nel Centro del Monte Cimone dell’Aeronautica Militare, è appena entrato a far parte
della rete di monitoraggio «Share», per le osservazioni delle nuvole brune nel mondo. Le altre sette stazioni per il rilevamento ad alta quota del Consiglio nazionale delle ricerche
si trovano in Nepal, Pakistan e Uganda.
Sul Monte Everest, a quota 5mila metri, vicino al primo campo base usato dagli alpinisti, Paolo Bonasoni ha installato i suoi strumenti per il monitoraggio della gigantesca Brown Cloud
asiatica. Il ricercatore del Cnr dirige anche la stazione del Monte Cimone. Mettendo a confronto le due coltri inquinanti, Bonasoni spiega: «La nube asiatica è infinitamente
più spessa e densa di sostanze velenose: nitrati, solfati, ozono, anidride carbonica e black carbon». Quest’ultimo è il residuo dei processi di combusione. Contiene
particelle molto fini (della grandezza media di un micron, un milionesimo di metro) che sono pericolose per la salute da un lato, e per l’ambiente dall’altro.
«Il black carbon ha un colore scuro – prosegue Bonasoni e quando riempie l’atmosfera riduce la quantità di energia solare che raggiunge il terreno. Nel caso della Pianura Padana,
questa perdita di irraggiamento si aggira intorno al 10 per cento. L’energia che non raggiunge il suolo viene assorbita dall’atmosfera, riscaldandola ulteriormente».
Quest’estate gli strumenti del monte Cimone – la vetta più alta dell’Appennino centro-settentrionale, con una visibilità che può arrivare a 200 chilometri – hanno osservato
tanto dettagliatamente la nuvola bruna della Valle del Po da notare al suo interno gli effetti degli incendi e della sabbia africana trasportata dal vento. «Normalmente – spiega Bonasoni
– la cappa di inquinamento nasce dalle attività umane e industriali. Ma alla fine di agosto la situazione è peggiorata a causa dei venti da sud, che hanno trasportato da una
sponda all’altra del Mediterraneo la sabbia del Sahara e le ceneri degli incendi in Algeria».
Elena Dusi
(18 ottobre 2007)