Agropirateria, uno “scippo” da 60 miliardi di euro
27 Novembre 2007
Interventi finanziari, sia livello nazionale che comunitario, per sostenere l’assistenza legale di chi promuove cause (in particolare i consorzi di tutela) contro chi falsifica i prodotti
alimentari; istituzione di una «task force» nell’Ue per contrastare tutte le truffe e le falsificazioni alimentari; sanzioni più severe (anche con l’arresto) nell’Ue contro
chiunque imiti prodotti a denominazione d’origine; un’azione più decisa da parte l’Ue nel negoziato Wto per un’effettiva tutela per le Dop, Igt e Stg; l’introduzione di regole chiare ed
affidabili che consentano l’etichettatura dell’origine dei prodotti, garantendo trasparenza e informazione nei confronti dei consumatori.
Sono queste alcune delle proposte emerse oggi a Bruxelles nel corso del convegno promosso congiuntamente dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori e dall’Unione avvocati europei per
debellare un fenomeno, appunto quello dell’agropirateria internazionale, che provoca ogni anno al nostro Paese uno “scippo” di 60 miliardi, praticamente poco meno della metà dell’intero
valore della produzione agroalimentare “made in Italy”.
Dai prosciutti all’olio di oliva, dai formaggi ai vini, dai salumi agli ortofrutticoli è, infatti, un continuo di “falsi” e di “tarocchi” che rischiano di provocare danni rilevanti non
solo alle nostre Dop, Igp e Stg, che rappresentano la punta di diamante del “made in Italy” nel mondo, ma all’intera produzione del nostro Paese.
Il fenomeno dell’agropirateria -è stato sottolineato durante i lavori del convegno di Bruxelles- sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti. Ormai non c’è più
da stupirsi nel ritrovare, anche attraverso Internet, il Prosciutto di Parma, il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano prodotti in Argentina, in Australia o, addirittura, in Cina. Non solo. Gli
“agropirati” si camuffano dietro le sigle più strane e singolari. Si va dal Parmesao (Brasile) al Regianito (Argentina), al Parma Ham (Usa), al Daniele Prosciutto & company (Usa),
dall’Asiago del Wisconsin (Usa) alla Mozzarella Company di Dallas (Usa), dalla Tinboonzola (Australia), alla Cambozola (Germania, Austria e Belgio), al Danish Grana (Usa).
“Per questa ragione -ha affermato il presidente nazionale della Cia Giuseppe Politi- è fondamentale, per difendere le denominazioni di origine dalla concorrenza sleale di contraffazioni
ed imitazioni, che la Commissione Ue assuma come prioritaria, nell’ambito del negoziato commerciale in corso, la ricerca di una tutela su base multilaterale, attraverso l’estensione a tutti i
prodotti protetti, oggi prevista solo per i vini ed i liquori, e la realizzazione del registro internazionale delle denominazioni di origine, che abbia valore legale per tutti i membri della
Wto. Si tratta di una battaglia negoziale molto difficile, ma è indispensabile per contrastare un’agropirateria sempre più aggressiva e pericolosa”.
“In quest’ottica si inserisce la nostra proposta -ha aggiunto Politi- affinché all’interno dell’Unione europea si costituisca una sorta di ‘task force’ di controllo a tappetoe si
adottino misure per armonizzare, tra gli Stati membri, un sistema di sanzioni in grado di scoraggiare definitivamente le imitazioni, contraffazioni ed in generale utilizzi impropri dei marchi a
denominazione di origine. Insomma, un sistema sanzionatorio, eventualmente anche di natura penale, per le violazioni della normativa posta a tutela dei prodotti agricoli ed alimentari di
qualità”.
“Non a caso, proponiamo che si stringano i cordoni dei controlli sulla circolazione dei prodotti agroalimentari all’interno dei confini europei e soprattutto di quelli provenienti da Paesi
extra-Ue. “Non si tratta di alzare barriere protezionistiche ormai anacronistiche, ma -ha rimarcato il presidente della Cia- di garantire, da un lato la sanità e la sicurezza alimentare
dei cittadini, dall’altro di evitare una disparità di trattamento e conseguentemente una concorrenza sleale tra le produzioni comunitarie e le altre”.
“E’ indispensabile anche procedere ad una svolta, in ambito europeo, sul tema dell’etichettatura. Finora -ha detto Politi- c’è stata una notevole resistenza ad introdurre criteri
comunitari di indicazione dell’origine dei prodotti. Solo recentemente e grazie alla pressione dell’Italia si è avviata una inversione di tendenza. Dopo l’adozione delle norme sulla
carne bovina altri prodotti hanno ottenuto analoghe regole. Nella recente riforma dell’Ocm dell’ortofrutta è stata codificata la possibilità di etichettatura anche ai prodotti
trasformati”.
“A nostro parere -ha concluso il presidente della Cia- occorre una normativa organica europea a difesa delle produzioni dei diversi Paesi che tenga conto delle esigenze dei consumatori in
termini di trasparenza e maggiore informazione. Insomma, l’introduzione di regole chiare ed affidabili che consentano l’etichettatura dell’origine dei prodotti”.