AGROALIMENTARE ITALIANO: “CARTELLA CLINICA” con tutti i dati

4 Marzo 2019
AGROALIMENTARE ITALIANO COME STA?
… potrebbe stare molto meglio! … e anche gli imprenditori Italiani.
AGROALIMENTARE ITALIANO: “CARTELLA CLINICA” con tutti i dati
Potrebbe stare meglio, dovrebbe stare meglio visto la “storia dell’agricoltura” italiana oramai non solo secolare ma millenaria per certe scelte e produzioni.
L’Italia è capitale mondiale per aver saputo mettere insieme nei secoli tradizione, sperimentazione, contaminazione, scambi, creatività con la ampia produttività che il Bel Paese offre per la “sua” collocazione geografica con predisposizione marittima ma ancorata alla continentalità.
Inoltre è uno dei pochi paesi al mondo dove ancora oggi si fa agricoltura a 2000 metri di quota e a livello del mare, se non sotto il mare. Capitale di una biodiversità ambientale, produttiva, climatica da sempre. Già la civiltà Villanoviana e i Galli Boi coltivavano sia terre umide “terramare” che emergenze alte collinari. Poi gli Anatolici, gli Illiri, gli Apuli e gli Italici, i Fenici, i Greci e gli Etruschi. Anch’essi di provenienza anatolica, dalle colline dell’Etruria fino al fiume Po allevavano greggi e maiali, coltivavano ceci, orzo e triticum, il cereale ideale per le zone umide.
Agroalimentare italiano
vale all’origine circa 53 mld di euroOggi l’agroalimentare italiano vale all’origine circa 53 mld di euro per la parte agricola pura, cui aggiungere 140 mld di euro agroalimentare (industriale e artigianale insieme). Si devono aggiungere gli 11 mld/euro del vino di cui 1,8 mld di euro derivanti dai soli vini spumanti di cui 1,2 realizzati dall’Universo Prosecco docg-doc.
Di questi valori all’origine di agro&agroalimentare, 41,8 sono destinati all’export cui aggiungere i 6,2 mld/euro del solo vino. Il vino è in forte crescita, sempre più ago della bilancia per valori e per volumi.
Un sistema nazionale importante che rappresenta il 12,2% del PIL nazionale con 1,3 milioni di imprese, 3,2 lavoratori con una occupazione a tempo indeterminato in crescita.
Purtroppo in senso generale e lato però il sistema non cresce, non sviluppa, non trova nuovi sbocchi per cui una crisi, una fase di stallo su 1 o 2 paesi (vedi Germania per esempio) ed ecco subito che arriva il segno meno.
Quanto vale il Made in Italy agroalimentare? … 580 miliardi di Euro
E’ vero che l’agroalimentare con il marchio made in Italy, ancor più per i brand dop-igp-stg, genera un indotto, un valore aggiunto e un giro di affari al consumo fra i più alti al mondo. Sia sul mercato interno che globale passando da 200 mld/euro circa a quasi 580 mld/euro totali.
In particolare l’Italia, su 3036 prodotti a marchio alta qualità dop-igp-stg in tutta Europa, ha il titolo su 822, fra 523 vini e 300 cibi circa.
In primis il Parmigiano Reggiano che vale all’origine 1,34 mld/euro, il Grana Padano 1,29 mld/euro, a seguire il crudo di Parma, la mozzarella di Bufala.
Purtroppo i cibi e i vini italiani copiati e falsificati nel mondo (purtroppo anche fra i 28 Paesi UE che dovrebbero rispettare le regole) generano altri 60/90 mld di euro di fatturato per imprese d’assalto, contro la leale concorrenza. Un fatturato che dovrebbe essere appannaggio dei brand tricolori.
Inoltre i dop-igp-stg italiani rappresentano un record dei records fatturando da soli ben 15,2 mld/euro alla produzione, di cui sempre all’origine 8,8 mld/euro vengono fatturati all’estero.
Da qui il sondaggio e il progetto-programma oramai avanzato da anni da Ceves, il Centro Studi Ricerche Vino&Cibo fondato nel 1991, per un sostegno maggiore dell’export e un supporto-informativo dei consumi interni al Paese.
Per questo che l’attesa proposta di PAC 2020-2027 ( ancora circa 410 mld/euro a disposizione di tutti) da parte del nuovo esecutivo UE che scaturirà delle elezioni di maggio 2019 deve essere totalmente diversa.
Di conseguenza i nuovi PRS devono presentare misure e azioni differenti proprio a sostegno dei consumi, ricerca di nuovi mercati, sviluppo di una nuova cultura alimentare non contrapposta fra agricoltura normale e agricoltura bio.
Altri sono i presupporti, parametri, fattori che vanno risolti … Almeno per l’Italia e la politica italiana deve saper chiedere con alleanze forti in UE.
Da un lato occorre passare da una visione di multifunzionalità dell’agricoltura alla multisettorialità e alla polimorfologia territoriale. Altrimenti le misure di sostegno reddito, quelle per l’equilibrio del mercato (pilastro uno) e quelle dello sviluppo rurale (pilastro due) non avranno l’effetto sperato di mantenere valido il livello qualitativo delle produzioni, di efficienza di impresa fra mercato e sviluppo, di occupazione territorio-ambiente.
Le quote latte e le quote green devono essere il passato. Oggi in tutti i paesi UE esistono da 2 a 3 agricolture diverse che necessitano non di pilastri diversi, ma di azioni-obiettivi e misure-funzioni basate sulle diverse attività agricole che vengono attuate in base ai territori differenti.
Sul mercato interno, per i consumi di qualità, occorre più sviluppo e tutela delle dop-igp-stg ma soprattutto un piano di promozione e valorizzazione – non aiuto di Stato – finanziato con fondi europei a vantaggio della conoscenza, accompagnamento, consigli negli acquisti per il consumatore finale.
Unico modo per bloccare i prodotti fasulli e per aumentare certi consumi interni. Finanziare solo promozioni export non serve.
Giampietro Comolli
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Giampietro Comolli
Editorialista Newsfood.com
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