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L'ultimo rapporto ISTAT sull'occupazione

By Redazione

2,951 milioni di lavoratori non regolari su un totale di 24 milioni di lavoratori, questo il dato più crudo e preoccupante de «La misura dell’occupazione irregolare nel nostro
Paese», l’ultimo rapporto ufficiale dell’Istat sullo stato del lavoro nero in Italia, il dato, riferito all’anno 2005, mostra un costante aumento del numero di ‘irregolari’ rispetto al
2004 – quando erano 2,863 milioni – ed al 2003 (2,811 milioni).

Nella definizione di lavoro non regolare l’Istat fa rientrare le posizioni continuative svolte non rispettando la legge in vigore, quelle occasionali svolte da studenti, casalinghe e
pensionati, quelle svolte da stranieri non residenti e non regolari e quelle plurime, cioè quando al lavoro principale se ne associa uno non dichiarato al Fisco.

Dalle tabelle presentate dall’Istat sembra, tuttavia, che la forbice fra lavoro regolare e lavoro irregolare sia sensibilmente diminuita dal 2001 al 2005. In tale arco di tempi l’Istituto
sottolinea infatti come «l’input di lavoro regolare» sia cresciuto del 4%, mentre nello stesso periodo le unità di lavoro non regolari siano diminuite del 10%, soprattutto
per merito del «processo di regolarizzazione degli occupati stranieri» del 2002, «i cui effetti si sono protratti fino a tutto il 2003», anno dal quale è ripresa
la crescita del lavoro non regolare. L’Istat spiega tuttavia che, sul piano generale, «lo sviluppo di nuove forme di lavoro, unitamente alla regolarizzazione degli stranieri irregolari
sembrano, quindi, aver contrastato solo parzialmente la diffusione del lavoro non regolare».

Senza considerare che, prosegue l’Istituto nel suo rapporto, «per alcune tipologie di lavoratori il lavoro sommerso rappresenta l’unico modo per sopravvivere: è questo il caso
degli immigrati». L’agricoltura e le collaborazioni domestiche sono i campi in cui il fenomeno è più accentuato: il comparto agricolo registra infatti il 22,2% dei
lavoratori irregolari nel 2005, dato decisamente in crescita rispetto all’anno precedente, quando il tasso di irregolarità si era attestato al 18,9%. A contribuire al dato peggiore del
mercato, spiega il rapporto, pesa «il carattere frammentario e stagionale dell’attività produttiva» che «favorisce l’impiego di lavoratori temporanei, che, essendo in
molti casi pagati a giornata, non sono regolarmente registrati».

L’apice del fenomeno si raggiunge nel Mezzogiorno, dove si registra il 25% di lavoro sommerso rispetto alla totalità del Paese, con punte estreme in Calabria (29,4%) e Campania (31%).
Per quanto riguarda i comparti, dopo agricoltura ed i lavori domestici, il terzo in classifica è il comparto dei servizi (13,9%), soprattutto per quanto riguarda ‘Commercio, Alberghi,
Pubblici Esercizi e Trasporti’ (19,1%). Altrettanto elevato è il dato riferito al settore edile, dove si registra un 11,3% di lavoro nero. E si continua a lottare?

Antonella De Marco

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