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Il Silter Camuno-Sebino aiuta a vivere a lungo?

By Redazione

Dal 5 al 7 ottobre l’area espositiva di Castegnato (BS) ospiterà per il dodicesimo anno Franciacorta in Bianco, la più prestigiosa kermesse d’Italia
dedicata al latte e ai suoi derivati.

Durante la tre giorni le regioni di tutta Italia metteranno in vetrina i loro gioielli caseari, tra questi merita una particolare attenzione il Silter Camuno -Sebino, formaggio prodotto
sulle montagne della Valcamonica e del Sebino-Bresciano.

“Silter” è un termine di derivazione anglosassone e di origine quasi certamente Celtica, corrisponde all’italiano Casera ed è il nome che, nella zona di produzione,
è dato al locale di stagionatura e viene utilizzato anche per contraddistinguere il formaggio in esso conservato e stagionato.

La produzione del formaggio Silter Camuno-Sebino vanta antiche origini, come antica è la tradizione zootecnica della sua zona di produzione. Le prime segnalazioni documentate risalgono
alla fine del 1600, come dimostra una relazione stesa dal Cancelliere del Comune di Zone in quel periodo. Tale documento fa riferimento anche ad un luogo specifico, il “monte de el
Gölem
“, oggi Monte Guglielmo.

Questo formaggio è attualmente prodotto in numerose aziende, anche di piccole dimensioni, che effettuano la trasformazione del proprio latte secondo metodiche arcaiche, tramandate dai
casari/allevatori di generazione in generazione.

Ha forma cilindrica, una crosta dura dal colore giallo paglierino tendente al bruno a seguito di oliatura, ha un sapore delicato, dolce, caratteristico di latte

La caseificazione in alpeggio è caratterizzata da condizioni ambientali molto particolari derivanti dalla collocazione in alta montagna delle malghe. Il formaggio prodotto in alpeggio
è dotato di pregiate caratteristiche sensoriali dovute alla flora microbica presente nel latte crudo prodotto dalle lattifere che pascolano in alta quota.

Sono in corso le richieste per ottenere la DOP.

Nel 2005 il progetto Food for Life, promosso dalla Comunità Montana di Valle Canonica dall’ Assessorato all’Agricoltura della Provincia di Brescia e dall’ Università degli
Studi di Brescia, Facoltà di Medicina e Chirurgia, ha analizzato il ruolo delle produzioni agroalimentari tipiche nella prevenzione delle malattie degenerative, infettive e
cardiovascolari.

Il tutto parte da due particolari osservazioni, una di carattere demografico, l’altra epidemiologico. Nella Valcamonica il numero di donne anziane (ultraottantenni) è significativamente
più elevato che nel resto della Lombardia e in tutta Italia. Una interpretazione semplicistica di questa fotografia è che le donne della Val Camonica vivono più a lungo, ma
in realtà da una indagine sulle cause di mortalità , appare evidente che in Valle, il numero di decessi per diabete mellito o di malattie cardiovascolari è
significativamente minore rispetto al resto della Lombardia e dell’intera Nazione. Ci si potrebbe chiedere se esistono dei fattori ambientali che prolungano le aspettative di vita e riducono il
rischio di malattie cardiovascolari e metaboliche.

I risultati delle ricerche per ogni singolo prodotto sono decisamente incoraggianti in quanto in tutte le tipologie di prodotto sono state riscontrate potenzialità farmacologiche.

Per citarne qualcuno, il contenuto di acidi grassi omega3 è alto nei formaggi Silter ma decisamente maggiore in quelli che derivano da allevamenti d’alpeggio. La rilevanza degli omega3
nella riduzione del rischio di malattie cardiovascolari è provata scientificamente al punto che in diverse preparazioni casearie si ritrova la dizione “con aggiunta di omega3”. I
risultati di queste analisi dimostrano che la cultura alimentare tradizionale genera prodotti che non necessitano di integrazioni artificiali.

Quanto l’alimentazione con questi prodotti tradizionali, tipici e locali sia responsabile della longevità in Valcamonica resta un quesito senza una risposta definitiva, sebbene
decisamente stimolante da tanti punti di vista. Tuttavia, non si può trascurare che proprio questi prodotti (tipici e locali) abbiano rappresentato la fonte alimentare più
importante di quelle donne, oggi ultraottantenni, relativamente protette da malattie cardiovascolari e diabete.

Da un punto di vista rigorosamente scientifico, per avere la prova dell’efficacia di un certo tipo di alimentazione sullo stato di salute di una comunità, bisognerebbe ricreare le
condizioni alimentari di una volta, aspettare almeno una decina d’anni e determinare l’incidenza di malattie. Se questo è un progetto troppo avveniristico, potrebbe avere un certo
rilievo la riproposizione dei prodotti tipici camuni in comunità di giovani (mense scolastiche) e anziani.

A questi ultimi, i prodotti tipici possono riattivare i meccanismi di “memoria di sapori antichi” e far riemergere ricordi di tempi lontani.

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