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Caidate Incontri 2015: Droni e Robot, alienazione dell’uomo o sua evoluzione?

Caidate Incontri 2015: Droni e Robot, alienazione dell’uomo o sua evoluzione?

By Giuseppe

Caidate Incontri – 2015 Castello Confalonieri Belgiojoso DRONI E ROBOT, ALIENAZIONE DELL’UOMO O SUA EVOLUZIONE? – Giulio Giorello, Giorgio Metta

Istituto Europa Asia
EUROPASIA
Europe Asia Institute

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All’Incontro di Caidate, Castello Barbiano di  Belgiojoso, si delinea il nostro futuro

DRONI E ROBOT, ALIENAZIONE DELL’UOMO O SUA EVOLUZIONE?

Mentre il robot-colf versa il caffè, sul balcone atterra un drone con la spesa per il pranzo. Potrebbe essere una scenetta abituale nella famiglia italiana del 2050 o giù di lì. Soprattutto perche’ si stima che allora ci sara’ un vecchio su tre abitanti: e la badante-robot potrebbe veramente supplire ad una vera e propria impossibilita’ fisica di assistenza a questa categoria, perche’ non ci sarebbero materialmente i numeri se si dovesse ricorrere agli umani. Una ipotesi scientifica, non fantascientifica, disegnata nell’annuale Incontro al Castello di Caidate organizzato impeccabilmente – è, d’altronde, una tradizione – dalla famiglia Belgiojoso, su come la rivoluzione tecnologica modificherà le nostre abitudini quotidiane grazie alle macchine “intelligenti”. Intelligenti quanto? Non correremo il rischio, noi umani, di venire da esse soppiantati? E queste nuove macchine saranno servitori o padroni dell’uomo ?

Assolutamente non padroni: “l’autocoscienza è irrealistica” è la risposta, i robot faranno sempre quello che ordineremo loro di fare. A meno che non si guastino.

Lo stesso quadro giuridico – si e’ detto – dovrebbe esser ritoccato tenendo conto di questa nuova realta’: come risolvere con le attuali norme ad esempio il problema della responsabilita’ anche penale derivante dall’ azione di un robot ribelle ?

 (da sin.)  Giulio Giorello, Giuseppe e Margherita Barbiano di Belgiojoso, Sergio Romano, Giorgio Metta
(da sin.) Giulio Giorello, Giuseppe e Margherita Barbiano di Belgiojoso, Sergio Romano, Giorgio Metta

E comunque il robot non ha ed e’ difficile che possa avere una autonomia, anche con riferimento al problema dell’ autosufficienza  energetica: e che quindi diventi un automa umanoide vero e proprio.
Protagonisti dell’Incontro, presentati da Giuseppe Barbiano di Belgiojoso,  il prof. Giulio Giorello, filosofo ateo stimato dal card. Martini, con il quale ha scritto il libro ‘Con intelligenza e amore’, docente di Filosofia della Scienza presso l’Università Statale di Milano e il prof. Giorgio Metta, vicedirettore dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova coordinati dall’editorialista Sergio Romano.

Giulio Giorello è laureato in Filosofia (1968) e in Matematica (1971). Allievo di Ludovico Geymonat e di Enzo Paci. Ha insegnato nella Facoltà di Ingegneria (Pavia), di Scienze Fisiche e Matematiche (Catania), di Scienze Fisiche (Università dell’Insubria – Sez. di Como), nonché al Politecnico di Milano. Dirige presso Raffaello Cortina Editore la collana Scienza e Idee ed è editorialista del Corriere della Sera. È stato Presidente della Società di Logica e Filosofia delle Scienze (SILFS). Si è occupato di storia e filosofia della matematica e della fisica.

Giorgio Metta è direttore dell’iCub Facility all’IIT, dove guida lo sviluppo del robot umanoide iCub (iCub è un “cucciolo umano” di robot, un progetto partito nel 2003 per studiare i meccanismi della cognizione umana). Autore di oltre 200 pubblicazioni, è anche professore di Robotica cognitiva all’Università di Plymouth (UK). Le sue attività di ricerca riguardano la robotica umanoide bioinspirata, con particolare attenzione verso lo studio e la realizzazione di sistemi artificiali dotati di capacità di apprendimento automatico.

Il tema “Droni in casa. In volo per futuro”  si è subito allargato alle grandi rivoluzioni tecnologiche dominio, per secoli, del mondo occidentale. E da questo quasi sempre utilizzate per conquistare e dominare. Dalla polvere da sparo ( come ricorda Bacone all’inizio del Seicento fra le principali invenzioni, insieme alla stampa che rese possibile la diffusione del Protestantesimo e della Rivoluzione Scientifica lodata da Galileo nel ” Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo  “, nonche’ alla bussola ) inventata dai cinesi e dagli stessi utilizzata ludicamente per fuochi d’artificio e mortaretti e dagli occidentali per bombe e proiettili; alla rete internet creata per le comunicazioni dell’esercito Usa; ai telefonini i cui prototipi sono nati per mettersi in contatto con i satelliti militari. Culminando con la scoperta dell’energia atomica di cui tutti conosciamo l’orrida inaugurazione.

“Il grande sogno legato alle tecnologie della robotica dipende dal fatto che queste permettono continuamente di migliorare in se stesse e di ampliare il loro raggio di applicazione.
Nella esplorazione dei luoghi, a fini scientifici e nel  sostegno alle debolezze umane.
Lo sviluppo delle tecnologie amplia continuamente lo spazio delle alternative con i vincoli della nostra vita pratica.
Ed il fascino di questo processo sta nelle idee che tornano ad essere concrete, si materializzano, tornano ad essere oggetto”.

Più in generale,  delle grandi rivoluzioni tecnologiche non si intuisce subito la portata: sembrano destinate ad essere utilizzate da pochi e invece cambiano la vita della gran parte dell’umanità, modificandone il modo di vivere e di lavorare.

Le più recenti frontiere della modernità sono il drone e il robot. Come al solito anche il drone – aeromobile a controllo  remoto – è stato concepito per esigenze militari ed stato reso possibile grazie all’utilizzo delle onde radio scoperte da Marconi. Le prime rudimentali applicazioni si fanno risalire al 1849 durante l’insurrezione di Venezia, quando dalle navi austriache furono lanciati sulla citta’ dei palloni aerostatici carichi di bombe incendiarie, che, essendo privi di controllo remoto, sospinti dal vento tornarono indietro provocando danni alle navi da cui erano partiti.

Il nome drone e’ molto piu’ recente e sembra avere una connotazione un po’ iettatoria, derivando dal termine greco ‘lamento funebre’.  In un certo senso il drone, con il suo monotono ronzio, ed incombendo sulla testa dei viventi, puo’ avere una immagine lugubre.
Ma lo sviluppo dei droni è molto più vicino nel tempo. Nell’immaginario comune è il piccolo aereo o elicottero senza pilota  che, manovrato a migliaia di chilometri di distanza da un militare, identifica e uccide il nemico.

Nella realtà di ogni giorno modelli molto più piccoli servono ad una infinità di funzioni: muniti –  come i più cattivi fratelli maggiori – di telecamere, vengono utilizzati ad esempio, per sorveglianza del territorio, rilevamento delle condizioni ambientali, trasmissione dati, riprese aeree, impieghi agricoli, compiti di ordine pubblico, monitoraggio di incendi, ispezioni di infrastrutture e di impianti, sorveglianza del traffico stradale. Sono anche giocattoli. Ma accanto a funzioni utili o innocue creano problemi di sicurezza: dall’invasione della privacy (a nessuno piace essere spiato da un aggeggio che supera i muri più alti e ti entra in giardino oppure ti osserva dalla finestra della camera da letto al quindicesimo piano) al possibile utilizzo terroristico potendo portare, al posto della pizza, una piccola bomba.

Come tutelarsi? C’è il vuoto legislativo. Il drone, come la bicicletta, non ha targa, impossibile risalire al proprietario: e comunque non si può abbattere senza il rischio di conseguenze civili e penali. I primi passi per la regolamentazione sono dell’Enac-Ente nazionale aviazione civile: i droni possono essere usati liberamente se pesano meno di due chili e volano ad altezza inferiore a 75 metri. Superando questi limiti sono necessari corsi ed autorizzazioni particolari.

Ma è in centri come l’Iit-Istituto italiano di tecnologia di Genova, tra i più grandi e interdisciplinari del mondo,  che si plasma il nostro futuro. Qui operano oltre 1400 persone, con età media di 34 anni, il 45% dello staff scientifico proveniente da oltre 50 nazioni (17% italiani in rientro), una  rete di laboratori in Italia e all’estero presso centri universitari con cui ha accordi di collaborazione (11 in Italia e 2 negli Usa in collaborazione con il Mit e Harvard) si studiano nuovi farmaci e la tecnologia per diffonderli nel corpo umano attraverso “robot”, poco più grandi di una molecola, che permettano di rilasciare il farmaco nell’area del morbo; nuovi materiali destinati a ridurre di molto l’uso del metallo con prestazioni migliori. E’ nella robotica, materializzata nel piccolo umanoide iCub, che si concentrano gli sforzi. iCub è il primo passo per la realizzazione di un robot domestico, capace di assistere la casalinga come la persona anziana (nel 2050 un terzo della popolazione). E ancora, per citare: la robochirurgia (molto più precisa e affidabile della mano del miglior chirurgo), una “pelle” sensibile al tatto per trasmettere comandi (già acquistata da una casa automobilistica); retine artificiali.

Ma sarà sempre un bene la crescente invadenza della tecnologia? In “Api di vetro” Ernst Junger, scrittore e filosofo, attraverso la storia del protagonista Richard, tratta questo tema cruciale.   Richard è un ex cavalleggero tedesco che ha combattuto le guerre mondiali e che, portatore d’una cultura ormai diversa e forse obsoleta, forgiato con un’educazione di valori e nel militarismo, si ritrova spaesato dal mutamento che la comunità ha subito nel secondo dopoguerra.  Per vivere trova un lavoro alle industrie di Giacomo Zapparoni, imprenditore di fama mondiale, celebre per il monopolio nella produzione di robot. La tematica centrale del romanzo si palesa quando, durante l’attesa del colloquio di lavoro con l’imprenditore, Richard siede nel giardino dell’industriale e, con meticolosa cura nell’osservazione dei particolari, nota un dettaglio agghiacciante: le api sono dei robot! La grottesca evoluzione tecnologica appare quindi come un perfezionamento supremo della natura, dagli insetti agli esseri umani.

L’impostazione tecnocratica della realtà prevede l’alienazione dell’uomo e del valore delle cose, stabilito secondo l’aspetto utilitaristico ed economico. Il nostro futuro si fa grottesco: riuscirà l’uomo a soverchiare il materialismo e la tecnocrazia, ristabilendo l’essenza della vita secondo ideali, sentimento di unità, azione politica e sociale? O il futuro sarà come previsto: monopolizzato dalla tecnologia, influenzato dai media di regime zapparoniani-capitalistici e “perfetto”, inteso come assenza di dissonanze, fede e utopie?

Grandi interrogativi che hanno dato il via ad un interessante dibattito. A conclusione del quale tre giovani – Christian Boscarino, Fedro Fasoli, Giorgio Ripoli, fondatori della start-up Flylab Zero – introdotti da Francesco Belgiojoso, hanno presentato due modelli di drone ( fra cui un prototipo di octocottero per uso domestico o lavorativo) con relativa esibizione nel cortile del Castello nel frattempo illuminato dal sole dopo ore di pioggia. Un segno beneaugurante?

Foto copertina: Giuseppe Barbiano di Belgiojoso con Achille Colombo Clerici

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